Era la bellissima dottoressa Tredici in Dr. House, e l’eroina high-tech di Tron: Legacy; Olivia Wilde ha sempre saputo destreggiarsi tra cinema e Tv, e Vinyl in questo senso unisce perfettamente le due cose: è prodotta da un maestro della settima arte come Martin Scorsese, ed è una serie (che andrà in onda su Sky Atlantic) ambientata nell’America anni ’70, tra alcool, droga e soprattutto rock’n’roll. La Wilde interpreta infatti Devon, l’agguerrita moglie del protagonista Richie (Bobby Cannavale), discografico che lavora nel campo delle etichette musicali.
Best Movie: C’è qualcosa che ti accomuna al tuo personaggio?
Olivia Wilde: «No. Devon è molto più coraggiosa di quanto io sia mai stata, ed è una delle ragioni per cui la adoro. È forte e coriacea, ed è una delle poche persone che riesce a collimare con l’attitudine ostinata del compagno, Richie. Insieme si completano, ma sono entrambi così duri che è molto difficile per loro funzionare come coppia. Ammiro questa donna perché è incredibilmente forte e una madre molto protettiva, una sorta di mamma lupa».
BM: Com’è stato lavorare con Bobby Cannavale e con Martin Scorsese?
OW: «Bobby è stato molto collaborativo e incoraggiante. A un certo punto gli ho detto: “Voglio fare qualcosa di strano in questa scena, ma non voglio che tu sappia di cosa si tratti”. Così ho preso l’iniziativa di sputargli in faccia senza dirlo né a lui né a Marty (Scorsese, ndr)… C’è stato un lungo momento di silenzio durante il quale ho pensato “Ok, ora mi licenziano”. Ma poi è arrivato Marty e ha detto: “Adesso sei davvero qualcuno!”. Ne sono stata molto orgogliosa».
BM: Qual è stato il tuo primo concerto?
OW: «Uno dei Rolling Stones. Sono andata con mio padre ed è stato molto speciale. Ho incontrato Mick Jagger sul set: stavo girando e ci ho messo un po’ prima di accorgermi della sua presenza! È stato surreale perché Mick era un’ispirazione per me quand’ero giovane. Ero una grande fan degli Stones e continuo a esserlo. Per me lui è ancora un ventiquattrenne, e quando l’ho incontrato… be’, si mantiene bene, ma l’ho trovato surreale. Come già lo era stato ottenere questo lavoro, lavorare con questi attori, avere questi boss, uno come Marty. Quindi ho pensato: “Ok, questo è in linea con l’esperienza pazzesca che sto vivendo”».
BM: Hai lavorato molto per il piccolo schermo. Che ne pensi del fatto che oggi registi leggendari e grandi star del cinema fanno a gara per partecipare alle serie Tv?
OW: «Sono stata io stessa testimone di questo cambiamento, l’evoluzione che la televisione ha attraversato negli ultimi 13 anni, fin da quando recito. Noi attori abbiamo sempre dovuto scegliere tra Tv e cinema, mentre adesso i confini si sono azzerati e possiamo fare avanti e indietro. Dalla mia prospettiva posso dire che avere la possibilità di sviluppare l’arco di trasformazione di un personaggio lungo molti episodi è la cosa più cool del mondo, se è ben scritto. Altrimenti ci sei bloccata dentro ed è deprimente. Dr. House è stato fantastico perché aveva un’alta qualità e mi ha fatto apprezzare ciò che la Tv può essere. Ho adorato lavorare con Hugh Laurie che è straordinario».
BM: Sei cresciuta in una famiglia di intellettuali hippie. Conoscevi già il mondo della musica anni ’70?
OW: «Sì, i miei genitori erano dei bohémien e così sono cresciuta con questo tipo di rivoluzioni culturali, apprezzando le persone che spingono la società verso una direzione diversa, assumendosi dei rischi e combattendo il sistema. Soprattutto, sono cresciuta nell’idea di mettere in discussione lo status quo ed è questo ciò che rappresentava il rock’n’roll nei primi anni ’70».
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