A più di quattro decenni di distanza dall’uscita di Shining, emergono nuovi dettagli circa uno degli aspetti più chiacchierati della produzione del film, ovvero i presunti traumi subiti dall’attrice Shelly Duvall durante le riprese.
Come sappiamo, Shining è ancora oggi uno dei film più importanti della storia del cinema, al punto da essere oggetto di analisi ancora oggi. Secondo una delle narrazioni più note e diffuse sul dietro le quinte del film tratto dal romanzo di Stephen King, l’attrice sarebbe rimasta profondamente scossa dal trattamento riservatele sul set dal regista Stanley Kubrick. Quest’ultimo avrebbe infatti perpetrato un comportamento abusivo al fine di suscitare una autentica reazione d’ansia e paura nell’attrice e rendere quindi la sua performance ancora più intensa.
Sul dibattuto argomento è intervenuto nelle ultime ore l’account Twitter @shelleyduvallxo, che ha ricostruito in un lungo thread aneddoti e interviste della Duvall al fine di confutare la veridicità di un racconto ormai radicato nell’immaginario di ogni cinefilo. Ma andiamo con ordine.
Guardando alla carriera di Shelley Duvall, gli elementi a supporto di tale tesi sono meno di quanto si potrebbe pensare. L’attrice fu scelta personalmente da Stanley Kubrick nel maggio del 1977 , dopo aver visto la sua performance in Tre donne, e le spedì una copia del libro di King dal momento che il copione non era ancora pronto.
La Duvall all’epoca aveva 10 anni di esperienza nel cinema e si disse entusiasta di poter lavorare con Kubrick. L’ottobre successivo incontrò il regista di persona e, in una successiva intervista, riservò ad esso parole benevole: “Ho adorato il suo umorismo. Mi sono sentita molto a mio agio durante la prima settimana di riprese, non ero affatto nervosa. Ero semplicemente eccitata per l’inizio dei lavori sul film“.
Nel documentario diretto da Vivian Kubrick The Making of The Shining viene tuttavia confermato come vari fattori andarono ad impattare sulla salute dell’attrice. la produzione del film è stata decisamente estenuante, essendosi protratta per 13 mesi. C’è inoltre da considerare come la Duvall sia stata lontana da casa per tutto questo periodo, e di come abbia rotto con il suo compagno proprio in aeroporto un attimo prima di imbarcarsi verso il set del film.
Nel documentario è possibile vedere inoltre alcune sequenze dove Kubrick e la Duvall si confrontano su alcune scene in maniera decisa, con l’attrice che non sembra essere affatto remissiva nei confronti del celebre filmmaker. La Duvall afferma che si sia sempre trattato di confronti costruttivi al fine di migliorare la performance, non nascondendo di aver imparato molto da essi. In una intervista rilasciata nel 1979 al L.A. Times, la Duvall non nasconde di essere diventata un’attrice migliore grazie a questa esperienza: “Che esperienza. Ho imparato così tanto da quell’uomo. Tendo a sembrare una sciocca quando parlo di lui, ma sono rimasta davvero colpita“.
La nota scena della scala di Shining è diventata leggendaria anche per il numero di ciak effettuati nella sua realizzazione, ben 127. Tale aneddoto viene spesso riportato come uno dei momenti chiave nel presunto crollo psicologico dell’attrice, eppure, nella stessa intervista citata poc’anzi, la Duvall ribadisce: “Se non fosse stato per la raffica di idee e lo scontro tra teste non sarebbe venuto così bene. Alla fine della giornata sapevamo che era tutto allo scopo di migliorare le nostre performance. Non c’erano rancori“.
In una recente intervista del 2021, la Duvall ha ribadito il rapporto amichevole con il leggendario regista: “Era molto cordiale e amichevole con me. Passava molto tempo con me e Jack. Gli piaceva sedersi e parlare per ore mentre la troupe aspettava“.
I problemi mentali con la quale l’attrice ha avuto a che fare nel corso della sua vita non sarebbero quindi direttamente riconducibili a Shining, credenza che, alla luce dell’esperienza dell’attrice e della successiva fase della sua carriera, suona alquanto superficiale. Negli anni successivi a Shining l’attrice prese infatti parte a film come I banditi del tempo di Terry Gilliam (1981), Torbide ossessioni di Steven Soderbergh (1995), e Ritratto di signora di Jane Campion (1996), ritirandosi in seguito dalle scene anche a causa delle difficoltà personali portate dalla sua condizione.
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Fonte: ScreenRant
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