Smetto quando voglio: da ricercatori a ricercati, ecco i racconti dei protagonisti in conferenza stampa
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Smetto quando voglio: da ricercatori a ricercati, ecco i racconti dei protagonisti in conferenza stampa

Un regista esordiente, un cast che non si prende troppo sul serio, per una commedia brillante con un pizzico di cinismo

Smetto quando voglio: da ricercatori a ricercati, ecco i racconti dei protagonisti in conferenza stampa

Un regista esordiente, un cast che non si prende troppo sul serio, per una commedia brillante con un pizzico di cinismo

Sydney Sibilia, regista classe 1981, esordisce sul grande schermo con Smetto quando voglio, emblema di ciò che dovrebbe essere il cinema italiano. Cinico, ironico, pungente, originale e divertente nell’analizzare e criticare la precarietà della nostra società. Un gruppo di ricercatori universitari, sottopagati (anzi spesso non pagati affatto), nonostante fior fiori di lauree e dottorati, non riesce a sbarcare il lunario. Per ovviare a ciò i quasi quarantenni protagonisti decidono di mettere su una banda “criminale” e sintetizzare una smart drug (ovvero una sostanza allucinogena non ancora annoverata nelle droghe illegali) per poi venderla in tutta Roma. Un crossover omaggio a The Big Bang Theory e Breaking Bad, una boccata d’aria fresca che da speranza al cinema italiano.

In sala insieme al regista e ai produttori il cast al completo (Edoardo Leo, Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Valeria Solarino, Libero De Rienzo, Lorenzo Lavia, Pietro Sermonti, Stefano Fresi), ecco cosa ci hanno raccontato:

La sceneggiatura è composta principalmente da dialoghi curatissimi e a più registri, come li avete strutturati?
Sydney Sibilia
: «Principalmente abbiamo fatto uno studio accurato del linguaggio forbito degli umanisti, ad esempio. Per i due ricercatori latinisti siamo anche andati in un circolo di Roma dove persone da tutto il mondo vengono per parlare esclusivamente in latino. La bravura poi è degli attori».
Edoardo Leo:
«Nel film do l’impressione di conoscere alla perfezione le formule chimiche che recito, be’ in realtà non le capivo neanche! Recitavo a memoria, matematica e chimica non sono mai state il mio punto di forza».

Ci sono molte citazioni a serie televisive statunitensi come Breaking Bad e The Big Bang Theory…
SS: «Sono tutte volute, saranno più di 13.000! Sono un omaggio a tutto ciò che ci piace. Per quanto riguarda il resto diciamo che l’idea di base era raccontare di delinquere senza delinquere realmente! Per quanto riguarda l’ispirazione per le carriere dei ricercatori ci siamo documentati, ma alcune storie erano talmente assurde che solo nella realtà possono accadere e per questo non abbiamo potuto inserirle! Comunque noi non diamo la soluzione definitiva ai problemi del precariato, anzi! Il nostro intento è quello di far divertire il pubblico».

La fotografia del film osa molta, specialmente in alcune scene, come mai questa scelta stilistica?
SS
: «Per la fotografia volevo qualcosa di fresco che attirasse il pubblico, allora ho osato considerando l’uso che spesso facciamo dei filtri fotografici nell’era di Instagram. Grazie a questa tendenza social ti puoi prendere delle licenze che non potevi prenderti qualche anno fa».

Come hai messo insieme questa banda?
SS
: «È complicato perché volevamo fare un film corale, e avevamo esigenza di attori che non si prendessero troppo sul serio, altrimenti sarebbe sfociato subito sul dramma sociale! Loro sono i più bravi sul mercato (la risposta in coro degli attori: pensa come siamo messi! C’è crisi)».
EL: «Sono passato per le gioie e i dolori dell’opera prima e questo pazzo mi ha aspettato, io non potevo girare a novembre dello scorso anno e lui ha deciso di posticipare il film, non so come ringraziarlo».

Come mai nella banda non c’è una donna?
SS
: «Ci abbiamo pensato tantissimo ma i film di banda sono privi di tensioni sessuali all’interno. Per questo alla fine abbiamo evitato di inserire una donna nell’organico».

La cosa più assurda che vi siete trovati a fare per lavoro?
Valeria Solarino
: «Ai provini ho finto di saper andare a cavallo quando non ci sono mai salita, ho negato di aver fatto l’accademia, e ho finto di avere qualsiasi età. Per il lavoro si fanno delle farse».
EL: «Ho falsificato il curriculum in partenza, scrivendo di essere andato a scuola di recitazione e di aver realizzato alcuni cortometraggi di cui avevo invitato perfino i titoli. Ho il terrore che quelli della Scuola di Recitazione “La Scaletta” mi scoprano, non so neanche in che via di Roma si trovi! Al primo provino mi hanno detto nel Curriculum non c’era niente… e io che ci avevo anche scritto la data di nascita».
Lorenzo Lavia: «Un attore è precario per definizione, s’inventa e reinventa sempre, non ha uno stipendio fisso ogni mese, quindi deve farlo per forza di cose».
Valerio Aprea : «Io ho frequentato “La Scaletta” che si trovava prima a via del Collegio Romano poi si è scissa in due tronconi mi sono iscritto al conservatorio…no ho inventato tutto, non la conosco neanche io».
Stefano Fresi: «Una volta ho interpretato un ruolo femminile in un cortometraggio. Al provino sono andato con la barba, perché pensavo di tagliarla dopo l’ingaggio, invece è piaciuta come idea, mi hanno preso e non me l’hanno fatta tagliare».
Pietro Sermonti: «I provini sono uno sport estremo dove sei sottoposto al giudizio spietato di persone che magari neanche stimi, ma non è questo il caso. Prima di iniziare a lavorare mi sognavano spesso, e c’è più dignità ad essere protagonista in un sogno che recitare una parte misera al cinema!»
Paolo Calabresi: «Mi sono finto un altro attore: Nicolas Cage! Il tutto per cosa? Vedere una partita di calcio».
Libero De Rienzo: «Ho scambiato Arnoldo Foà per Dario Fo! Altro che pizzoni».

 

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