Si dice spesso che film che non sono western sono girati “come un western” ma, se la considerazione spesso pare mal spesa, è difficile negarla a Soldado, il film con cui Stefano Sollima debutta a Hollywood dando un seguito a Sicario di Denis Villeneuve. Sollima usa il formato panoramico – 2.35:1 – infilandoci il minimo indispensabile di primi piani, e lavorando invece abbondantemente con campi medi, lunghi e riprese fatte con droni. Nel quadro, specie nelle lunghe sequenze nel deserto che dominano la seconda parte del film, lo scenario naturale riempie l’immagine e incornicia i personaggi, trasformando le pianure vuote in campi da battaglia dove le mitragliatrici automatiche sostituiscono frecce e revolver, i veicoli corazzati i cavalli e i messicani assaltano i convogli militari come fossero diligenze.
Questa operazione “ambientale” è il segno d’autore più distintivo del film, che cova per quasi due ore un tono minaccioso, da Apocalisse liberata, che le musiche di Hildur Guðnadóttir – collaboratrice abituale di Villeneuve – e la fotografia del direttore-mito Dariusz Wolski (a tratti annegata nel buio) servono a dovere. Metteteci anche la sceneggiatura di Taylor Sheridan e capirete che Sollima aveva attorno una crew con cui non era nemmeno tanto semplice sbagliare film.
Sheridan, in particolare, scrive una storia in cui si intrecciano narcotraffico e attentati terroristici, partendo dal presupposto che i kamikaze dell’ISIS arrivino in Messico in nave e poi vengano portati oltre confine dai cartelli della droga. Questa intuizione li promuove a loro volta a terroristi nell’agenda della Difesa americana, che decide di sguinzagliarli contro una squadra guidata dal solito Matt Graver (Josh Brolin), tuttofare destrorso sempre disponibile a sporcarsi le mani, e dal cane sciolto Alejandro (Benicio Del Toro). L’obiettivo è di scatenare una guerra tra cartelli rivali inscenando il sequestro della figlia dello spietato boss Reyes. Sulla carta funziona tutto ma nella pratica, in Messico, due più due non fa mai quattro.
Su questo paradosso matematico il film si spacca in due: è bene non dire molto di più, ma dopo una lunga sequenza action in mezzo al nulla, roba da alzarsi in piedi ad applaudire, la storia cambia tono e direzione, assumendo sfumature più intimiste e spedendo i personaggi lontano uno dall’altro. La virata lascerà spiazzato qualcuno, come era accaduto per esempio con il terzo atto di Non è un paese per vecchi, invece strato dopo strato il film cresce ancora ed è solo un peccato non si prenda una mezz’ora in più per delineare le relazioni sentimentali tra i caratteri, in particolare tra Alejandro e la bambina.
Volendo mettere in piedi un confronto con Sicario, il film di Villeneuve resta più compatto e lineare, quindi commestibile sul piano narrativo, ma se parliamo di suggestione non è tanto facile una graduatoria. Soldado è teso come una corda di violino, ingegnoso, irregolare, giustamente tamarro, assolutamente poco plausibile (e va bene così), e sfrutta il talento di Brolin e Del Toro fino all’ultima goccia, instradandosi già verso la trilogia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA