Ecco un estratto dell’intervista pubblicata sulla Special Edition Il Trono di Spade

«Non sai niente, Jon Snow!» continua a ripetergli senza pietà la rossa Ygritte (Rose Leslie), ma il figlio bastardo di Ned Stark, nonostante sembri sempre un po’ spaesato, non è del tutto sprovveduto. In compenso il suo interprete, il ventiseienne Kit Harington, ha messo piede per la prima volta su un set proprio per Il Trono di Spade.

Davvero non avevi mai lavorato prima davanti a una macchina da presa?
«Mai, neanche a scuola di recitazione! All’inizio è stato abbastanza difficile, e ora non posso nemmeno dire di avere un’idea realistica di cosa voglia dire lavorare in una serie, perché questa è una produzione superiore perfino a molti film. Ma mi sento davvero fortunato per questa opportunità, che per me è stata memorabile sotto ogni punto di vista: gli attori, i set, i registi coinvolti, i luoghi dove abbiamo girato… è stata un’esperienza del tutto nuova e assolutamente incredibile!»

Come definiresti il tuo personaggio?
«Jon è sicuramente uno di quelli con cui si entra in empatia più facilmente, insieme a Tyrion Lannister (interpretato da Peter Dinklage, vedi a pag. 46, ndr). Entrambi sono dei reietti – un mezz’uomo e un figlio bastardo – e si preoccupano per le persone più deboli. Jon ha un gran cuore e anche se commette molti errori – come tutti! – è una brava persona».

Cosa diresti per convincere qualcuno a guardare Il Trono di Spade?
«Di non fare l’errore che avevo fatto io all’inizio: pensavo fosse un fantasy classico (un genere che non mi piace), non avevo letto i libri e, guardando solo lo script del pilot, ero piuttosto confuso! (ride) Ma Il Trono di Spade, in realtà, è un complesso universo drammatico costruito sui personaggi. Il mondo in cui è ambientato potrà anche essere fantastico, ma la serie è tutta su questi protagonisti incredibili, su quello che fanno e su come si relazionano tra loro. L’aspetto magico è marginale: Il Trono di Spade parla di colpe e fragilità umane, di lussuria, avidità e, qualche volta, anche di gentilezza e speranza. E la cosa più emozionante è che non c’è modo di sapere chi vincerà, alla fine». […]

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