Speciale Avatar: Dalla realtà al mondo virtuale
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Speciale Avatar: Dalla realtà al mondo virtuale

Tutti i segreti della motion capture, tecnica utilizzata per catturare ogni singolo movimento dei protagonisti

Speciale Avatar: Dalla realtà al mondo virtuale

Tutti i segreti della motion capture, tecnica utilizzata per catturare ogni singolo movimento dei protagonisti

Le informazioni di seguito sono estrapolate dal pressbook ufficiale del film:

A Cameron non interessava usare il trucco per creare la sua specie aliena. Gli alieni umanoidi sono stati interpretati per anni dagli attori grazie al trucco, fin dai tempi dei film a basso costo degli anni ’50 e, nei successivi quattro decenni, negli spin-off di Star Trek, nei film e programmi TV di fantascienza. Ad oggi, sono praticamente stati studiati e sperimentati tutti i metodi per applicare gomma sui volti degli attori, senza trascurare il fatto che, in sé, la tecnica pone dei limiti. La grandezza e la distanza tra gli occhi non può essere cambiata. Le proporzioni del corpo non possono essere modificate, né può esserlo nel complesso la dimensione del personaggio. Da ultimo, il trucco fino ad oggi utilizzato limita l’interpretazione dell’attore, perché frappone una barriera tra lui e la macchina da presa.
Con il processo di performance capture tutti questi limiti vengono superati. Sebbene i personaggi realizzati per Avatar con la computer grafica (CG) somiglino agli attori che li interpretano, le loro proporzioni sono fondamentalmente diverse. Gli occhi dei Na’vi hanno un diametro doppio rispetto a quelli umani e sono più distanziati tra loro. Come corporatura gli alieni sono più longilinei degli umani, hanno il collo più lungo e strutture muscolari e ossee differenti, ad esempio le mani hanno solo quattro dita. Con la CG i Na’vi e gli avatar possono avere dimensioni molto maggiori rispetto agli umani. Mentre il trucco blu avrebbe reso la pelle opaca, la CG dona ai personaggi una pelle traslucida che si comporta proprio come quella vera, la cui pigmentazione superficiale non maschera il bagliore sottostante del sangue, come ad esempio quando la forte luce del sole colpisce la parte posteriore delle orecchie. Tutte queste sfumature si mescolano permettendo di ottenere delle creature che sembrano vive.
Cameron era da tempo in cerca di un modo per trasportare la creazione di figure aliene nel XXI secolo. Nel 1995 ha assistito ai rapidi progressi compiuti dalla CG nella realizzazione di creature e ha pensato che il progetto dei suoi sogni, ambientato in un altro mondo, avrebbe forse potuto vedere la luce. Avendo già creato alcuni personaggi che possono considerarsi delle pietre miliari della CG in Abyss e Terminator 2: Il giorno del giudizio, Cameron voleva spingere l’arte della CG verso nuovi traguardi e così ha scritto il visivamente ambizioso Avatar. Ma quando le sue idee sono state analizzate e poi bocciate dagli esperti CG, Cameron ha capito che le tecnologie necessarie per avere il fotorealismo a cui ambiva erano ancora lontane, quindi ha accantonato il progetto.
Quando il regista lo ha ripreso in mano nel 2005, sembrava che le tecnologie richieste fossero a portata di mano. All’epoca, c’era ancora qualche perplessità riguardo al fatto che i personaggi potessero apparire totalmente reali, perché avrebbero sofferto dello sgradevole effetto “dead eye”, cioè la mancanza di luminosità osservata in alcuni dei primi film realizzati con la tecnica del performance capture. Il team di Cameron ha provato ad andare oltre e migliorare questi primi tentativi, in modo da assicurare la totale realtà dei personaggi. Per fare ciò, ha messo a punto un nuovo sistema di performance capture delle espressioni del viso basato sulle immagini, usando un dispositivo da far indossare agli attori sulla testa, munito di una piccola telecamera, che ha permesso di catturare anche le sfumature più impercettibili dei loro volti. Invece di ricorrere alla tecnica della motion capture, basata su marcatori riflettenti sul volto per cogliere le espressioni, gli attori hanno indossato una sorta di casco a cui era collegata una piccola telecamera. Questa era rivolta verso il viso degli attori, in modo da registrare le loro espressioni e i movimenti dei muscoli con un livello di dettaglio mai ottenuto fino ad allora ma, soprattutto, ha registrato il movimento degli occhi, cosa che non era mai stata fatta con i sistemi utilizzati in precedenza.
Questo dispositivo a casco ha permesso di catturare le espressioni del viso con una chiarezza e una precisione senza precedenti. Inoltre, non utilizzando le macchine da presa del motion capture, queste ultime sono state usate per catturare i movimenti del corpo, quindi sono state posizionate a una maggiore distanza dagli attori. In questo modo, il team di Avatar ha potuto disporre nel capture environment di uno spazio, anche detto “Volume”, molto più ampio di quanto non si sia mai avuto in precedenza. Con un capture environment sei volte più grande rispetto al passato, il “Volume” di Avatar è stato usato per cogliere dal vivo il movimento di cavalli al galoppo, per sequenze acrobatiche piuttosto complesse e perfino per i combattimenti tra apparecchi aerei e creature volanti. Quindi, la rivoluzionaria tecnica adoperata è stato la chiave non solo per ottenere le sfumature più sottili delle emozioni espresse dai personaggi, ma anche per amplificare la grandiosità dello spettacolo cinematografico.
Un’altra innovazione creata appositamente per Avatar è stata la “virtual camera”, che ha permesso a Cameron di girare scene all’interno del mondo generato al computer, proprio come se stesse effettuando le riprese in un teatro di posa a Hollywood. Attraverso la virtual camera, il regista vedeva, al posto di Zoë Saldana, il suo personaggio, Neytiri, alta tre metri e dalla pelle blu. Invece di Sam Worthington e Sigourney Weaver, vedeva i loro enormi avatar blu, completi di coda ed enormi occhi dorati. Invece dell’austero spazio grigio tipico del “Volume”, vedeva la lussureggiante foresta pluviale di Pandora o le montagne fluttuanti Hallelujah oppure la colonia umana a Hell’s Gate.
Dopo avere definito i dettagli su come esattamente “catturare” le performance degli attori, il passo successivo per Cameron è stato di assicurarsi la collaborazione di Peter Jackson e della sua società neozelandese WETA Digital, vincitrice di un Academy Award per gli effetti speciali. Gli innovativi e realistici personaggi creati dalla WETA, come Gollum ne Il Signore degli anelli o King Kong, hanno convinto il regista che la società avrebbe potuto infondere la vita nei suoi personaggi Na’vi.
Per Cameron era indispensabile, fin dall’inizio, che ogni dettaglio delle interpretazioni degli attori fosse mantenuto nei personaggi definitivi realizzati con la CG. La WETA ha assicurato che la missione del suo team di animatori di classe mondiale sarebbe stata di trasferire al 100% la performance degli attori nei personaggi Na’vi o avatar. Per fare ciò, è stato necessario registrare dati molto accurati nel momento in cui la scena veniva girata, ma c’è anche voluto più di un anno di lavoro del team dell’animazione per creare gli strumenti che hanno permesso di rendere l’espressività dei personaggi CG identica a quella degli attori la cui interpretazione essi rispecchiavano.

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