Le informazioni di seguito sono estrapolate dal pressbook ufficiale del film.
Mentre gli attori erano impegnati instancabilmente a incamerare le sfumature fisiche, linguistiche ed emotive, indispensabili per i loro personaggi e per la visione di Cameron, il regista era determinato a catturare e incorporare il tutto nelle incarnazioni degli attori generate al computer.
Worthington e gli altri attori hanno apprezzato il fatto di lavorare in un teatro di posa vuoto, il cosiddetto “Volume”, indossando tute e caschi speciali per il performance capture. «Ci siamo imbarcati in questo processo e ci siamo divertiti moltissimo», afferma l’attore. «Anche se l’avatar di Jake è alto tre metri ed è blu, ha la mia personalità e la mia anima. È straordinario che Jim sia riuscito a realizzare tutto ciò».
«Il processo di performance capture è liberatorio», aggiunge Worthington. «Non puoi nasconderti e ogni ripresa deve essere credibile. All’inizio può creare un po’ di nervosismo, ma poi dimentichi di indossare un casco e di avere alcune centinaia di puntini sulla faccia».
«Ti domandi se avrai la capacità mentale di guardare il palcoscenico grigio e desolato e vedere un serpente gigantesco o una foresta lussureggiante», aggiunge Laz Alonso. «Il “Volume” è il posto più spoglio che si possa immaginare. Ma, grazie alla regia di Jim, al performance capture e alla virtual camera, succede qualcosa di straordinario, perché inizi a vedere realmente gli animali e l’ambiente circostante. Entri così profondamente in quel mondo che inizi a vedere, odorare, ascoltare e sentire Pandora».
Per Joel David Moore, il modo in cui il “Volume” ha acceso la sua immaginazione gli ha ricordato una delle prime tecniche di recitazione che si imparano. «Lavorare sul palcoscenico del performance capture ti riporta ai vecchi tempi del teatro», egli spiega. «Tutto ciò che c’era sul palcoscenico erano un fondale, un tavolo e qualche sedia. Tutto il resto lo dovevi immaginare».
Un altro progresso tecnologico rivoluzionario è stato la virtual camera, che non solo ha coinvolto direttamente il regista e gli interpreti nel lavoro di CG, ma ha anche fissato un nuovo paradigma nella produzione, dando a Cameron la possibilità senza precedenti di vedere effettivamente la versione CG dei personaggi interpretati dagli attori e l’ambiente creato con la CG attraverso la macchina da presa, mentre lavorava con gli attori nel “Volume”. “La virtual camera ha permesso a Jim di dirigere gli attori con un’immediatezza che non era mai stata possibile fino a quel momento. Al tempo stesso, gli attori hanno avuto una migliore percezione dei loro personaggi CG perché hanno visto la scena e l’ambiente quasi immediatamente, senza dover aspettare mesi per la consegna del prodotto finito dalla società degli effetti speciali», spiega Landau. Le immagini CG visibili nella macchina da presa avevano la risoluzione solo di un videogioco ma, dopo che Cameron aveva completato le riprese e il montaggio di una specifica sequenza, la WETA aveva tutto il tempo per creare le immagini cinematografiche finali ad alta risoluzione. In effetti, ogni ripresa è stata creata due volte: una da Cameron nel “Volume” e una in seguito, dopo mesi, quando la WETA ha rifinito e completato il lavoro.
La virtual camera, che somiglia a una consolle per videogiochi a cui è collegato un monitor, non è veramente una macchina da presa, dal momento che non ha neanche una lente. Si comporta come una macchina da presa grazie alle immagini CG inviate dai numerosissimi computer all’avanguardia che circondano il “Volume” e che la ‘alimentano’. Un piccolo schermo sulla consolle visualizza l’immagine CG prodotta dai computer.
Questo modo di lavorare ha permesso a Cameron di girare l’azione da qualunque angolo o vicinanza, offrendogli una spontaneità e flessibilità senza precedenti e un’infinità di opzioni sul set virtuale. «Ad esempio, Jim poteva chiederci di creare una scala in verticale di cinque a uno», spiega Stephen Rosenbaum della WETA. «E così, quando muoveva la macchina da presa, lo spostamento, invece di essere poco meno di un metro, raggiungeva abbondantemente i 4,5 metri, come quello che si otterrebbe con il movimento di una gru, il tutto in tempo reale. In effetti, Jim avrebbe potuto trasformare il team addetto alle macchine da presa in un gruppo di Na’vi alti 3 metri».
«Molto tempo dopo che gli attori avevano lasciato il “Volume”, io ero ancora lì con la virtual camera, effettuando inquadrature alternative della scena», ricorda Cameron. «Riportando la ripresa all’inizio, potevo osservarla da angoli differenti, illuminarla nuovamente, fare qualunque cosa».
«Questo è cinema a un livello differente, è come paragonare la scuola elementare con un dottorato al MIT», commenta Laz Alonso.
Un altro strumento all’avanguardia che Cameron aveva nella sua “borsa degli attrezzi” è la Simul-Cam, che gli ha permesso di integrare in tempo reale i personaggi e gli ambienti CG con le sequenze live action e di vedere il risultato nell’oculare della Fusion Camera. Fondamentalmente, la tecnologia consente di sovrapporre le immagini CG alle riprese live action. «La possibilità di girare in un set live action e di vedere nell’oculare della macchina da presa i personaggi e gli ambienti CG che non si trovano lì ha permesso a Jim di riprendere quella scena con la stessa sensibilità che avrebbe adottato in una scena live action», spiega Landau.