Dai remake di What Women Want e Paranormal Activity, ai noir coreani che fanno invidia all’Occidente. E poi l’horror di Park Chan Wook girato con l’IPhone 4, il cinema erotico giapponese e i gioielli sconosciuti di Thailandia e Singapore. Questo e molto altro in programma al Far East Film Festival (29 aprile – 7 maggio 2011). Scopriamo tutti i film in arrivo dall’Oriente con questo speciale viaggio nel cinema asiatico.
Affrontare i film prodotti in Cina significa soprattutto affrontare i film prodotti da un’economia – la sola, o quasi – che in anni di recessione globale continua a rivestire un ruolo di traino e stimolo (a che prezzo sociale, in questo contesto non interessa). Non solo. I suoi lavoratori sono diventati una sorta di icona universale dell’artigianato e della sua capacità di riproduzione: la Cina, con i suoi infiniti laboratori manifatturieri – clandestini o controllati dall’Occidente – è il marchio che sta dietro ai marchi, quello che dà loro tangibilità. La premessa serve a introdurre il titolo principale con cui lo stato asiatico si presenta a Udine e sul mercato mondiale in queste settimane, ovvero il remake del film americano What Women Want (Nancy Meyer, 2000). What Women Want arriva nemmeno un anno dopo un altro remake, A Woman, a Gun and a Noodle Shop, in cui il più importante regista cinese vivente, ZhangYimou, rifà il primo film dei fratelli Coen (ovvero i più importanti autori americani viventi). In quel caso, però, esiste una mediazione culturale: Yimou prende un classico noir americano e lo trasforma in una commedia in costume, ambientata in un luogo e in un tempo indefinito ma che rimanda a una doppia tradizione autoctona (il wuxia e le farse slapstick di Hong Kong). Con What Women Want, invece, alla mediazione culturale si sostituisce l’assimilazione. La storia del pubblicitario che, fulminato nella sua vasca da bagno, inizia a sentire i pensieri delle donne diventando imbattibile nel suo mestiere, è paradigmatica per diverse ragioni. Intanto perché manca di un autore in regia, ma è interpretata dalle due più importanti star cinesi (Andy Lau e Gong Li). Poi perché racconta il mondo della pubblicità, ovvero della comunicazione e dei suoi meccanismi (la coperta lunga del capitalismo). Infine perché replica il modello americano tanto bene e con tale precisione (non solo la maggior parte delle sequenze è riprodotta in modo calligrafico, ma la stessa colonna sonora è costruita su orecchiabili motivetti classici e pop occidentali) che il remake è già stato rivenduto agli americani stessi, chiudendo un cerchio abbastanza impressionante.
Tra gli altri titoli da non perdere al Far East vi segnaliamo anche Buddha Mountain (nella foto), storia dell’amicizia tra tre ventenni un pò sfigati (due ragazzi e una ragazza), rimasti fuori dall’università e in cerca di un posto del mondo, nonostante una difficoltà di comunicazione che sembra insormontabile con il mondo degli adulti, genitori in primis (alcolizzati, traditori o violenti). A scuoterli dal loro isolamento è un’insegnante vedova, colpita tragicamente dalla perdita dell’unico figlio. La comunione del dolore insegnerà mostrerà a tutti una via per uscire dal proprio guscio. Il film descrive l’amicizia tra i ragazzi con sensibilità commovente e racconta le miserie e le vette culturali della società cinese con uguale onestà. Un ottimo contraltare all’integralismo esterofilo di What Women Want.