Dai remake di What Women Want e Paranormal Activity, ai noir coreani che fanno invidia all’Occidente. E poi l’horror di Park Chan Wook girato con l’IPhone 4, il cinema erotico giapponese e i gioielli sconosciuti di Thailandia e Singapore. Questo e molto altro in programma al Far East Film Festival (29 aprile – 7 maggio 2011). Scopriamo tutti i film in arrivo dall’Oriente con questo speciale viaggio nel cinema asiatico.
Prima dei tragici eventi naturali che lo hanno sconvolto nelle ultime settimane, il Giappone si era ancora una volta raccontato al cinema con una varietà di toni, generi e linguaggi con pochi eguali al mondo. Il 2010, in particolare, è stata un’annata qualitativamente notevole. Accanto ai generi di massimo appeal, l’animazione su tutti, la produzione media, quella indipendente e i grandi autori, si sono dimostrate tutte particolarmente vitali. Si era partiti a febbraio con il ritorno a grandi livelli del maestro Wakamatsu Koji con il durissimo Caterpillar, seguito a settembre dai 13 Assassins di Miike Takashi (di cui vi abbiamo parlato ad aprile), qui alle prese con il film di samurai. Un genere, quest’ultimo, il cui stato di salute è stato confermato anche dal bel Sword of Desperation e soprattutto da Lady Shogun and her man (in selezione al FEFF 2011), in cui la tradizione in costume viene continuamente intaccata da un folle commento sonoro, al limite del parodistico, a suggerire il crossover (un po’ caotico) con la commedia e il dramma sentimentale. Il film di Kaneko Fuminori è tratto da un popolare manga ambientato nel 1715 durante una piaga che decima la popolazione maschile, obbligando i rimasti a trasformarsi in donatori di seme per le donne. A sorprendere è l’esibizione di una diffusa omosessualità in un genere tradizionalmente virile. Il protagonista (interpretato da Ninomiya Kazunari) è un abile samurai-contadino, costretto prima a diffondere il suo seme e poi ad unirsi all’O-Oku, casta gerarchica di servizi allo Shogun. Ma il film simbolo dell’anno è stato sicuramente Confessions (nella foto) di Nakashima Tetsuya (anch’esso al FEFF), capace di arrivare al decimo posto nel box-office, nonostante un plot molto coraggioso sul tema della violenza adolescenziale e della vendetta, alimentato da un nichilismo che lo avvicina a Sawako Decides, altra opera preziosa per la forza con cui smuove il genere chick-flick. Grande successo anche per Villain di Lee Sang-il in cui la meccanica thriller che prende le mosse dall’omicidio di una giovane ragazza per mano di un tenebroso ragazzo cresciuto in un villaggio di pescatori, diventa un pretesto per il racconto di un’umanità alla deriva, in preda al caos della modernità e di una società incapace di farne fronte. Anteprima europea del Far East, Villain si è accaparrato, insieme a Confessions, quasi tutti i premi dei Japanese Academy Awards del 2011, ed è stato votato miglior film dell’anno dall’autorevole Cinema Junpo, la più antica rivista di critica giapponese. Wandering Home, altra anteprima europea del Festival, segna invece il ritorno a ottimi livelli di Asano Tadanobu, qui diretto da Higashi Yoichi in un sentito dramma sul tema dell’alcolismo, girato con uno stile semidocumentarista, ma con un’intensità e un realismo che conquista. Su tutt’altri territori, è curioso il caso di Paranormal Activity: Tokyo Night, remake del film americano che sta lì quasi a rivendicare la paternità teorica del J-Horror nipponico sul mockumentary horror americano. Nel fedele ricalco originale si inserisce la figura del padre del protagonista e un differente e più efficace finale. Chiusura, anche temporale, per l’ennesima anteprima del Far East: Underwater Love rilancia il pinku eiga (cinema erotico soft-core a basso costo) con una ispirata rilettura ad opera del maestro del genere Imaoka Shinji, per l’occasione supportato dalla fotografia di Christopher Doyle (il direttore della fotografia di Wong Kar-wai) e alle splendide musiche degli Stereo Total. Tra siparietti musical ed escalation erotiche si assiste allo stravagante racconto dell’amore tra una donna e un Kappa (creatura leggendaria metà uomo e metà pesce, tipica del folklore giapponese) suo vecchio compagno di scuola, ritornato sulle sue tracce per salvarla dall’arrivo del God of Death (vestito da hippie!). Un’opera vitale e divertente, a tratti perfino malinconica nel suo tratteggio di un gruppo di outsiders sconclusionati, che non lascerà indifferenti.
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