Stefano Accorsi: «Mi sono trasformato così tanto che la gente mi evitava!»
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Stefano Accorsi: «Mi sono trasformato così tanto che la gente mi evitava!»

L'attore italiano ci racconta la sua trasformazione in Veloce come il vento, film sulle gare automobilistiche di Matteo Rovere, in cui interpreta un ex pilota di rally tossicodipendente

Stefano Accorsi: «Mi sono trasformato così tanto che la gente mi evitava!»

L'attore italiano ci racconta la sua trasformazione in Veloce come il vento, film sulle gare automobilistiche di Matteo Rovere, in cui interpreta un ex pilota di rally tossicodipendente

Volto nobile del nostro cinema d’autore, Stefano Accorsi ha alternato negli ultimi dieci anni film italiani e francesi, le sale dei multiplex e quella dei teatri, e infine è stato protagonista sul piccolo schermo con la serie su Tangentopoli, 1992, in cui si è prestato al ruolo dello spregiudicato arrampicatore sociale Leonardo Notte. Ma Stefano ha soprattutto sempre dimostrato di credere in progetti poco convenzionali, alla ricerca di nuovi linguaggi e spazi creativi, come aveva testimoniato in modo lampante nel 2013 il suo coinvolgimento nell’inclassificabile L’arbitro di Paolo Zucca. Ora si tuffa in quello che potrebbe rivelarsi il ruolo più memorabile della sua carriera, un ex campione di rally consumato dalla tossicodipendenza, pilota straordinario e mentore appassionato per la giovane sorella che ne vuole condividere il mestiere sulle piste da corsa.

Veloce come il vento è tutto ambientato in Emilia Romagna, la tua terra. Com’è stato questo ritorno alle origini?
«Più ci si avvicina alle proprie radici e più esce qualcosa di autentico e di immediato. Nel prepararmi al personaggio di Loris mi sono reso conto che avevo voglia di tornare a fare un film nella mia terra, molto più di quanto pensassi. Poi è una terra in cui i motori fanno parte del DNA di tutti, sono parte anche del mio background. L’unione di questi aspetti per me è stata un ritorno a casa in senso profondo».
Com’è avvenuto il tuo coinvolgimento?
«Domenico Procacci di Fandango ha avuto l’idea di propormi a Matteo Rovere, vedendoci una sorta di filo rosso che legava il personaggio di Freccia in Radiofreccia a questo. Ho incontrato Matteo e abbiamo parlato a lungo. Quando ho letto il copione, mi è piaciuto tantissimo. Ha una struttura solida, da film di genere, ma con dei personaggi molto atipici, più autoriali. Per Matteo sono dimagrito dieci chili, cosa che, al di là della performance, mi ha provato fisicamente».

È stata dura?
«Sì, ma si tratta di quella fatica, di quella stanchezza e di quella fragilità che Matteo voleva mettere nel film. E poi, sul set, sono successe delle cose incredibili, tipo espressioni che non avevamo mai provato e che sono nate spontaneamente, una felicità… È come se, a un certo punto, il set ci avesse portato in un terreno inesplorato. I film con le macchine sono spesso film con gli effetti speciali. Qui, invece, gli effetti speciali sono le auto e chi le guida».

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Foto © Andrea Pirrello/01 distribution

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