I milanesi Pietro Belfiore, Davide Bonacina e Davide Rossi, il mantovano Andrea Fadenti e il comasco/svizzero Andrea Mazzarella, si conoscono alle Scuole Civiche di Cinema, Televisione e Nuovi Media di Milano durante, a loro dire, l’ottima annata (delle suddette Civiche e di Chianti) 2008/2009: così si descrive, sul suo stesso sito internet ufficiale, il collettivo comico meglio noto come Il Terzo Segreto di Satira, che approda al cinema il 10 maggio in 150 copie con il loro film d’esordio, Si muore tutti democristiani, che arriva a seguito di un notevole successo delle loro creazioni comiche su Youtube e riprende un’espressione di Luigi Pintor, che nel 1983 scrisse sul Manifesto «Non moriremo democristiani».
«Abbiamo iniziato nel 2011, quando c’era Berlusconi e fare satira politica era un dovere inevitabile – precisano loro, aprendo una conferenza stampa frizzante e anarchica, nella quale tutti e cinque gli autori parlano completandosi le frasi a vicenda, come fossero un corpo e una testa sola – poi c’è stata la pausa mistica di riflessione con Mario Monti, ma per fortuna che alla fine sono arrivati Renzi e il PD a renderci di nuovo semplice la vita».
I cinque autori, contemporaneamente dietro la macchina da presa di un film anche amaro e disilluso, molto schietto e malinconico nel parlare di precarietà attraverso tre amici che hanno una casa di produzione con cui sperano di realizzare dei documentari a tema sociale, leggono poi i commenti più assurdi apparsi sotto a un loro video-parodia dedicato all’Unione Europea, all’Italia pigra e capricciosa stretta tra l’intransigente Germania e la disastrata Grecia. Il contenuto, andato in onda a Piazzapulita di Corrado Formigli su La 7, è godibilissimo ed esilarante nella deformazione.
Altrettanto spassose, però, sono le altre creazioni che il gruppo decide di mostrare alla stampa presnete, dal video in cui la sceneggiatura del loro film viene re-immaginata da tutte le parti politiche, ovvero da possibili sceneggiatori dei 5 Stelle (gli attori, lontani dai soliti nomi arcinoti dei salotti romani, restituiscono il salario), del PD (ai protagonisti avanzano 80 euro coi quali arrivare a 1003 euro e ad avere così la possibilità di pagarsi anche tre caffé al mese), di Forza Italia (una trama vanziniana con Gabriele Cirilli nei panni del ministro Minniti e Tosca D’Aquino in quelli dell’ex presidente della Camera Laura Boldrini), della Lega («Bruxelles stabilisce la grandezza delle vongole!») e perfino di Liberi e uguali, con metafore incomprensibili sui migranti e le centrifuge. Per non parlare del fake trailer esilarante, tutto primi piani e note di Malafemmena, ricalcato su quello di Loro di Paolo Sorrentino, la cui seconda parte (qui la nostra recensione di Loro 2) uscirà lo stesso giorno di Si muore tutti democristiani («Senza il nostro validissimo montatore Giuseppe Trepiccione saremmo usciti anche noi in due parti!»).
Scherzi a parte, però, le sfide di un esordio alla regia, per un collettivo satirico abituato a ritmi e formati ben più brevi, non erano poche e in tal senso i tanti successi sul web, come il botteghino ha più volte impietosamente mostrano, non offrono alcun tipo di sicurezza. «I nostri lavori fino a questo momento dovevano avere un certo ritmo, durare poco, essere attuali. Quando ci siamo trovati a scrivere un lungometraggio ci siamo avvicinati con circospezione e timore reverenziale a questo mondo, quindi il fatto che ci abbiano affiancato un monumento della sceneggiatura come Ugo Chiti è servito a non avere un film fatto di una serie di sketch uno dietro l’altro, ma una sceneggiatura vera e propria, tagliando pertanto tutte le scene troppo schematiche con inizio, svolgimento e fine ben visibili. A lui, che ha scritto decine e decine di film, ci veniva difficile imporre la nostra voce, visto che al cinema siamo degli esordienti, ma ci siamo trovati però benissimo con Ugo, perché ogni volta che avevano un’idea lui l’assecondava, ne capiva l’onestà se c’era, ci aiutava a strutturarla».
«Il nostro linguaggio è sempre stato borderline in fondo – fa eco ai suoi registi l’attore Marco Ripoldi, che nel film è Stefano ed è il protagonista insieme a Massimiliano Loizzi (Fabrizio) e Walter Leonardi (Enrico), gli interpreti del collettivo satirico – Se non c’era una qualità e una storia per cui valesse la pena mostrarsi non facevamo nessun video, non avevamo l’urgenza di uscire ogni settimana a tutti i costi. Mi ricordo il primo video che abbiamo girato e montato interamente in 48 ore e vedere quelli che erano degli autori a tutto tondo dei nostri contenuti poter fare solo i registi su un set vero, senza fare contemporaneamente anche i fonici e tante altre mansioni, è stato incredibile, senza negare il terrore e la responsabilità di questo passo».
«Sono una fan, una vera groupie del Terzo Segreto di Satira – dice invece l’attrice Valentina Lodovini descrivendo la sua partecipazione straordinaria al film, dov’è la compagna incinta di Enrico, dolcissima e materna – Ero già contenta quando volevamo propormi un ruolo! La sceneggiatura ha una narrazione intelligente che ti fa sorridere e riflettere. In questo momento storico c’è bisogno di sincerità e ironia per empatizzare col pubblico. Interpreto un personaggio che è un’idealista, crede nel futuro, è incinta, dopotutto. Ma è anche una donna che mette allo specchio il proprio uomo senza giudicarlo e da spettatrice il film mi è piaciuto molto, mi sono ritrovata in tutti e tre i personaggi e in momenti diversi della mia vita credo di aver vissuto tutti i loro stati d’animo, paure, frustrazioni. Ho provato anche amarezza, come insegna Monicelli le migliori commedie sono amare, trattano con leggerezza temi crudeli. So di parlare da privilegiata, ma anche per me c’è un presente da costruire. Devi sempre adeguarti al contesto storico».
Nel film, oltre alle piccole parti di Paolo Rossi nei panni di uno svagato e sciroccato membro di un’associazione di partigiani in cerca di un video promozionale (ma sessualmente conservatore) per il 25 aprile e di Francesco Mandelli in quelli di Matteo Chiamenti, milanese imbruttito dal lessico meneghino, giovanile e “startupparo”, ci sono anche le apparizioni amichevoli e divertite di alcuni giornalisti, di cui due nomi di punta de Il Fatto Quotidiano: «Con Peter Gomez e Andrea Scanzi c’erano già un contatto e una stima professionale da parte sia nostra che loro – raccontano i ragazzi del collettivo – avevano fatto un’apparizione in un nostro format di due anni prima. Sono due giornalisti con delle corde comiche, tra i pochi che se non facessero i giornalisti potrebbero anche anche fare altro. Hanno colto subito il significato ironico della loro presenza e credo e spero si siano anche divertiti a fare quelle scene. Quello con Peter Gomez è uno dei momenti più divertenti e surreali del film. Mentre con Lilli Gruber abbiamo fatto un take solo, lei è sempre perfetta, essendo sempre in diretta per lei non può che essere subito un buona la prima. Anche se sul set, essendo in cinque registi, spesso davamo il “buona!” in cinque contemporaneamente!».
In chiusura, non può mancare una precisazione sulla scelta del titolo, che non può passare inosservato in un film che parla impietosamente e ironicamente di compromessi, di personaggi che nascono contestatori e muoiono contestati, alle prese con la scelta tra cose pulite con soldi sporchi e e cose sporche con soldi puliti. «Quel titolo vuole semplicemente parlare di un imborghesimento, del limitarsi a curare il proprio orticello e pensare che in fondo non è poi così male farsi i fatti propri e guardare al proprio tornaconto. Non intendiamo necessariamente Andreotti e Fanfani, è chiaro. Anche oggi i partiti, quando hanno possibilità di governare, convergono sempre verso il centro, tendono a un imborghesimento. La sensazione è la stessa anche in questi giorni con Salvini, che probabilmente non ha alcun interesse reale a governare, e con i Cinque Stelle, che erano partiti chiudendo a tutto e tutti e invece oggi dialogano praticamente con chicchessia. Noi però non lo stiamo vivendo direttamente questo problema: non abbiamo guadagnato fino ad ora e non inizieremo certo a farlo con questo film! Non siamo maturati e non abbiamo ancora capito come farlo, in realtà…».
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