The Decameron, cosa c'è di davvero italiano nella serie Netflix?
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The Decameron, cosa c’è di davvero italiano nella serie Netflix?

Come nel caso di Those About To Die, le location italiane hanno giocato un ruolo determinante nel nuovo adattamento del capolavoro del Boccaccio

The Decameron, cosa c’è di davvero italiano nella serie Netflix?

Come nel caso di Those About To Die, le location italiane hanno giocato un ruolo determinante nel nuovo adattamento del capolavoro del Boccaccio

The Decameron

Tra le novità più attese della stagione sulla piattaforma Netflix è ora disponibile The Decameron, nuovo adattamento in forma di black comedy del Decamerone di Giovanni Boccaccio, raccolta di cento novelle scritta pubblicata probabilmente tra il 1349 e il 1353, subito dopo l’epidemia di Peste Nera che aveva decimato l’Italia e l’Europa intera. La prima grande opera in lingua volgare italiana avrebbe cambiato per sempre la Storia della Letteratura, non senza destare scandalo e finire naturalmente per lungo tempo nell’Indice dei Libri Proibiti della Chiesa Cattolica a causa della sua sferzante ironia e soprattutto delle licenziose, esplicite rappresentazioni di incontri sessuali.

Il primo a restituire la scandalosa modernità del Decameron fu Pier Paolo Pasolini con il suo film omonimo del 1971, ma nel 2020 la Pandemia da Covid-19 e i lockdown che hanno inaspettatamente coinvolto diversi paesi europei sembrano aver riacceso l’interesse verso questo grande classico del ‘300. L’intuizione del Boccaccio, infatti, fu rappresentare un eterogeneo gruppo di nobili e servitori nascosti in un lussuoso palazzo per sfuggire al contagio, intenti a vincere la noia con ogni mezzo (lecito o illecito). Arriva così il nuovo questo nuovo, libero adattamento targato Netflix, creato da Kathleen Jordan con protagoniste Zosia Mamet e la star di Sex Education Tanya Reynolds

Ma quanta Italia c’è effettivamente negli episodi di The Decameron? La risposta è che la serie è stata interamente girata nel nostro Paese e, come nel caso di Those About To Die con Anthony Hopkins, i Cinecittà Studios (in particolare lo Studio 5, prediletto anche dal maestro Federico Fellini) hanno rappresentato il punto di riferimento nella produzione dello show. La città e la provincia di Firenze, originariamente al centro del classico del Boccaccio, sono state invece sostituite da alcune affascinanti location nell’area di Viterbo.

In particolare, il quartiere San Pellegrino a Viterbo è stato scelto per rappresentare l’Italia medioevale e i suoi stili architettonici. Villa Santa, centro nevralgico della serie, è stata quindi ricostruita negli studi di Cinecittà dal punto di vista degli interni, mentre per quanto riguarda la facciata e gli esterni è stata scelta la suggestiva location di Castello Ruspoli. In particolare, i lussureggianti giardini progettati da Jacopo Barozzi da Vignola su ordine di Ottavia Orsini, per quanto siano in realtà del ‘600 e rappresentino quindi un esempio più tipico dell’Italia rinascimentale, hanno stregato la produzione e tornano così come un elemento ricorrente fin dal primo episodio della serie Netflix.

E voi cosa ne pensate? Avete già visto la novità sulla piattaforma? Fateci conoscere le vostre opinioni, come sempre, nei commenti.

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