Il cinema di genere italiano ha un nuovo portabandiera: è il caso, curiosissimo e cruento, di The End? – L’inferno fuori (qui trovate la sinossi ufficiale), in arrivo nelle sale italiane il prossimo 14 agosto, in piena arsura estiva, dopo il passaggio al FrightFest di Londra, importante rassegna horror inglese, e alla Festa del cinema di Roma nel 2017. Un film claustrofobico e serrato in cui il protagonista, Claudio Verona, interpretato da un Alessandro Roja sull’orlo della disperazione, si ritrova imprigionato in un ascensore guasto nel palazzo in cui lavora, senza possibilità di essere liberato e di tornare alla luce del sole. Una Roma più frenetica e convulsa del solito fa da scenario, impassibile e distante, al survival movie zeppo di morti viventi di un uomo col sistema nervoso a pezzi.
Coloro che dovrebbero aiutarlo si dileguano, le comunicazioni con la fidanzata Lorena (la voce al telefono è di Carolina Crescentini) vengono meno e all’esterno la Capitale sembra totalmente impazzita, in preda a una giornata di ordinaria follia in cui un virus che trasforma le persone in zombie affamati di morte e carne umana inizia a propagarsi senza sosta (tra di loro anche Euridice Axen, già vista in Loro 1 e Loro 2). A Claudio rimangono solo il suo telefono, un accendino mal funzionante e l’aiuto di un poliziotto rimasto indenne al contagio, Marcello. Sopravvivere a un’orda di disumanità e aberrazioni di tale portata, tuttavia, non sarà affatto facile.
Il film è prodotto dai Manetti Bros, che hanno raccontato la loro nascente esperienza produttiva e l’incontro col giovane regista. Marco Manetti, che è presente nel film anche in un cameo vocale in ascensore, sottolinea fin da subito l’apporto della loro casa di produzione, la Mompracen, chiamata come il covo della Tigre della Malesia Sandokan partorito dalla fantasia di Emilio Salgari: «Vogliamo essere un’isola dentro il mondo del cinema italiano, qualcosa di diverso, ci sentiamo un po’ dei pirati. Abbiamo fondato questa società con la voglia di fare un cinema nostro, personale, con un marchio e delle valutazioni diverse e alternative al mercato produttivo dominante nostrano. L’incontro col regista Daniele Misischia dimostra che ci sono delle realtà che possono avere più senso di quel che ci si aspetta».
«A un festival di cortometraggi a Livorno di cui siamo ospiti e giurati fissi – continua Marco (non a caso tra i ringraziamenti c’è quello allo youtuber livornese Federico Frusciante) – abbiamo visto due corti di Daniele e li abbiamo premiati, erano due fan movie Silent Hill e Resident Evil. Ci siamo piaciuti a vicenda. Daniele è diventato il nostro regista di seconda unità, per due anni con Il commissario Rex e per un anno con L’ispettore Coliandro».
«Quando è arrivato da noi con quest’idea io e Marco abbiamo sposato lo spunto di questa one man band con un attore chiuso in un ascensore, ce ne siamo innamorati – gli fa eco il fratello Antonio – Mai da produttori siamo intervenuti così poco in uno script, la sceneggiatura era perfetta ma Daniele non l’ha scritta per noi, ce l’aveva già tra le mani. Non vogliamo fare retorica del coraggio, perché in questo caso avevamo la sicurezza di stare puntando su una cosa giusta».
«Ci piace il cinema di fantasia e quello di zombie a 360° –chiosa Antonio – ma non vogliamo essere per un cinema né di nicchia né di genere, ci piacerebbe piuttosto se in Italia si togliessero le etichette e si producesse cinema senza guardare alle categorizzazioni, che stanno sempre strette. Se un cinema è ben fatto può essere western, fantascienza, d’amore, commedia, l’importante è che funzioni».
«Il cinema d’autore è il cinema fatto per se stessi, per l’amore del proprio progetto – ribadisce ancora Marco – L’ha fatto anche Daniele in questo caso, per cui vogliamo fare una dichiarazione controcorrente, a noi che chiedono sempre del cinema di genere: siamo per un cinema d’autore, ma che sia aperto! Con Rai Cinema tra l’altro in questo senso stiamo costruendo un percorso che crediamo sia di fiducia reciproca. Volevamo che questo fosse anche un film su Roma, una Roma rubata, tra l’Eur, Castel Sant’Angelo nel finale, con il centro devastato da cadaveri e zombie – e Ponte Sisto, dove abbiamo girato alle 5 del mattino, prima che la città si svegliasse. Era importante geolocalizzarla e in questo ci ha aiutato molto anche Cristiano Ceccotti, autore delle musiche sotto pseudonimo, sceneggiatore e aiuto regista: davvero un pezzo importante del film, ci mandava le foto dei sopralluoghi su whatsapp perché si era sacrificato per andare all’alba, ci ha svegliato e siamo andati tutti: i set così partecipati e vissuti sono i più belli».
«Quando abbiamo scritto il film avevamo in mente naturalmente film come Buried con Ryan Reynolds e In linea con l’assassino di Joel Schumacher, ma Piano 17 dei Manetti l’avevo visto già da molti anni e apprezzato, per cui la sua influenza è stata inconscia su di me – precisa invece il regista Misischia – Quando metti in scena una storia minimalista come questa, con una sola location, devi stare attento ai dettagli. Davanti a tutta questa disumanità Claudio impara qualcosa, la sua vita quadrata si sgretola e perde tutto perché ciò che sta accadendo fuori è totalmente al di fuori da ogni razionalità».
Il protagonista Alessandro Roja, noto per personaggi scomodi e riottosi e divenuto celebre per il Dandi della serie tv Romanzo Criminale, anche in questo caso è un uomo in partenza odioso e narcisista, che piano piano acquisirà moralità e senso dell’altruismo, pur in una situazione al limite: «Ho sempre trovato fastidioso compiacere il pubblico, per cui mi sono ritagliato questa carriera schizofrenica per divertimento. Quando smetterò di farlo vorrà dire che non avrò più stimoli. Ho letto il copione tre volte di seguito e sempre nello stesso punto mi sono commosso. Non è per niente facile giocare seriamente e gli altri attori hanno faticato quanto me».
«Abbiamo girato più che altro in sequenza, 10-17 pagine è stato il nostro margine di ripresa – prosegue l’attore – A volte sul set arrivano delle sorprese, come degli attacchi di zombie all’improvviso e per un attore è davvero stimolante avere queste imbeccate. Alla fine delle riprese ero veramente stanco, perché dentro quell’ascensore sono stato veramente tanto tempo, ma era il mio posto, era il luogo in cui dovevo e volevo stare. Con Daniele abbiamo creato una situazione assurda ma reale, senza piaggeria. Claudio Verona non è Bruce Willis, non è simpatico a tutti, i suoi spari col fucile hanno il rinculo, convive con la sporcizia e non diventa un supereroe alla fine…».
«Il film esce il 14 agosto perché bisogna imparare a non affastellarsi, a non cercare di uscire tutti in periodi affollati, nei quali magari questo film risulterebbe sepolto dalla concorrenza – precisa infine Marco Manetti in risposta a una domanda di un cronista sul perché dell’uscita a ferragosto, che ad alcuni potrebbe sembrare masochista – Tra i produttori e le distribuzioni avviene spesso un braccio di ferro che magari è sbagliato».
«Ogni tanto ci propongono di spostare Coliandro da Rai 2 a Rai 1, e noi rispondiamo: perché dobbiamo far diventare un successo un insuccesso? Le nicchie vanno tutelate e questo è un tipo di cinema che attrae gli appassionati – puntualizza infine Marco Manetti – Quelli di horror vanno poco in vacanza, quindi questo ci aiuterà! Tra i nostri progetti da produttori all’orizzonte di ci sono Tutte le mie notti, di cui abbiamo finito il montaggio, e Letto numero 6, una ghost story diretta da Milena Micozzi, che è stata nostra aiuto regista e che lo era anche ai tempi di Romanzo Criminale: è grazie a lei che abbiamo conosciuto Alessandro Roja, che abbiamo coinvolto già in Song’e Napule prima di questo film».
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