The Grudge: la recensione dell'horror prodotto da Sam Raimi
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The Grudge: la recensione dell’horror prodotto da Sam Raimi

Dal 5 marzo al cinema il reboot del remake statunitense del film Ju-on, diretto da Takashi Shimizu nel 2000, e quarto lungometraggio della serie The Grudge. Dietro la macchina da presa c'è Nicolas Pesce

The Grudge: la recensione dell’horror prodotto da Sam Raimi

Dal 5 marzo al cinema il reboot del remake statunitense del film Ju-on, diretto da Takashi Shimizu nel 2000, e quarto lungometraggio della serie The Grudge. Dietro la macchina da presa c'è Nicolas Pesce

The Grudge

Un fantasma vendicativo vive in una casa e tutte le persone ospiti di quelle mura diventano le vittime della sua fame di morte: è la maledizione al centro di The Grudge, il nuovo capitolo del prolifico filone del J-horror, sottogenere di provenienza giapponese. Nato negli anni Sessanta nel Sol Levante, si distingue per il peculiare approfondimento sui simboli più spettrali della cultura orientale.

L’Occidente se n’è appropriato a più riprese negli scorsi anni e l’ultimo prodotto in ordine di tempo a farlo è proprio il film in uscita il 5 marzo con Warner Bros., secondo remake statunitense il cui arrivo nelle sale era inizialmente previsto per lo scorso 27 febbraio (la decisione di uscire comunque intende infondere un segnale di fiducia e positività per far ripartire e dare continuità al settore, come comunicato dai distributori). Si tratta del reboot del remake statunitense del film Ju-on, diretto da Takashi Shimizu nel 2000, e del quarto lungometraggio della serie The Grudge.

Protagonista del film è una donna che ha soggiornato per poco tempo in un appartamento a Tokyo: la casa era perseguitata da una catena impressionante di morti violente e la prima di esse ha sprigionato il Ju-on, la maledizione del rancore, pronta a investire quanti hanno rapporti con la dimora infestata. Sul caso di Fiona Landers e della dannazione ereditata da Kayako (personaggio chiave della saga), proliferata anche negli Stati Uniti, indagherà il detective Muldoon interpretata dall’attrice britannica Andrea Riseborough, vista di recente anche in ZeroZeroZero, la nuova serie di Stefano Sollima sul narcotraffico.

Prodotto dalla Ghost House di Sam Raimi, al lavoro anche sul primo remake del 2004, il The Grudge del 2020 riprende tutti gli elementi classici del genere e dei film capostipite e li fonde con una detection story all’americana: un mosaico di conversazioni investigative, sobbalzi narrativi e d’atmosfera e slanci di terrore, con la poliziotta protagonista, madre single e assediata da ombre private, chiamata a fare i conti con delle creature altrettanto cupe che sono finite ad abitare anche negli anfratti della sua esistenza.

Alla regia c’è Nicolas Pesce, al suo terzo film dopo il sorprendente horror in bianco e nero The Eyes of My Mother e la tesissima incursione in un thriller a base di sevizie e pulsioni sessuali della sua irriverente e disturbante opera seconda, Piercing, parabola sadomasochista che guardava anche ai colori di tanto giallo italiano degli anni Settanta. In questo caso si muove un territorio decisamente consolidato che, tra docce ad alto tasso di tensione, scricchiolii dalle ripercussioni spaventose e oscure presenze, riproduce tutto il campionario tipico del genere rivolgendosi però alla matrice primordiale della saga.

In tal senso il suo operato, co-adiuvato in sede di sceneggiatura da Jeff Buhler (al lavoro sul recente remake di Pet Sematary) può considerarsi una filologica variazione sul tema rispetto alle prime apparizioni sul grande schermo del demone di Ju-on. La messa in scena di The Grudge, dal canto suo, si lascia tentare a più riprese dal realismo delle soluzioni proposte (gli orologi digitali che lampeggiano a intermittenza, i malesseri fisici, un finale perfino fatalista nella sua glaciale impassibilità), puntando su dialoghi che tra un jumpscare e l’altro provano la strada dell’indagine sociale.

Nel cast anche Lin Shaye, volto ricorrente del cinema horror americano, scream queen di lungo corso ed estremamente riconoscibile dai fan del genere il cui curriculum, che include film come Nightmare – Dal profondo della notte, Critters, gli extraroditori, Nightmare – Nuovo incubo, Abattoir, Ouija, Grace – Posseduta e Tales of Halloween, parla da solo. Ma anche il messicano Demiàn Bichir, visto in The Hateful Eight di Quentin Tarantino, l’attrice australiana Jacki Weaver, candidata all’Oscar per Animal Kingdom e Il lato positivo, e John Cho, il signor Suoi di Star Trek, nei panni di un agente immobiliare.

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