The Interview: cancellata la première di New York a causa delle minacce in stile 11 settembre dei cyber-terroristi
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The Interview: cancellata la première di New York a causa delle minacce in stile 11 settembre dei cyber-terroristi

Non bastava il ciclone Sonyleaks, ora la Sony ha ricevuto delle minacce vere e proprie i cui obiettivi sarebbero i cinema che oseranno proiettare il film, con protagonisti Seth Rogen e James Franco, contro il presidente nordcoreano Kim-Jong-un

The Interview: cancellata la première di New York a causa delle minacce in stile 11 settembre dei cyber-terroristi

Non bastava il ciclone Sonyleaks, ora la Sony ha ricevuto delle minacce vere e proprie i cui obiettivi sarebbero i cinema che oseranno proiettare il film, con protagonisti Seth Rogen e James Franco, contro il presidente nordcoreano Kim-Jong-un

La première della commedia The Interview, con protagonisti Seth Rogen e James Franco impegnati in una missione per uccidere il presidente nordcoreano Kim Jong-Un (ecco qui l’immagine di come avrebbe dovuto essere), è stata cancellata a causa di un messaggio spedito alla Sony ieri mattina dagli hacker responsabili delle incredibili rivelazioni pubblicate in questi giorni. Il messaggio minacciava un attacco in stile 11 settembre ai cinema che avessero proiettato il film.

Rogen e Franco, che sono riusciti a partecipare alla première di Los Angeles senza interviste, non concederanno nessuna intervista anche a New York, dove la première prevista per domani è stata cancellata. Ieri mattina il duo ha cancellato le interviste previste in questi giorni, compresa una conversazione con Buzzfeed, un’ospitata al Late Night con Seth Meyers e un’intervista di entrambi al The Tonight Show con Jimmy Fallon questa sera.

Già ieri sera, i Cinema del circuito Carmike hanno comunicato che non proietteranno il film, la cui uscita era prevista per il giorno di Natale. Sony ha lasciato agli esercenti di cinema la libertà di decidere se proiettare o meno il film ed è molto prevedibile che i Carmike siano solo i primi della lista a rinunciare.

L’attacco hacker, che abbiamo ribattezzato Sonyleaks, sta assumendo contorni sempre più inquietanti. Ed è uno dei più grossi terremoti che sia mai successo in quel di Hollywood. Quanto trapelato in questi giorni ha già creato un subbuglio notevole dietro le quinte dello showbiz cinematografico, ma se la distruzione della reputazione di Sony, dando in pasto alla stampa gli altarini della major, era già sembrato un colpo basso ben assestato, ora i cyberterroristi si sono concentrati sul creare un vero clima di terrore attorno all’uscita di The Interview. Ecco cosa hanno promesso: «Il mondo sarà pieno di paura» dice il loro messaggio. «Ricordate l’11 settembre 2001. Vi raccomandiamo di stare lontano dai posti previsti (se la vostra casa è vicina, meglio lasciarla). Qualunque cosa succeda nei giorni a venire sarà determinato dall’avidità della Sony Pictures Entertainment. Tutto il mondo denuncerà la Sony».

Ovviamente, la maggior parte dei sospetti delle intelligence americane puntano al governo nordcoreano, che nega di avere a che fare con gli attacchi, pur ammettendo di aver apprezzato il loro operato.

La vicenda evidenzia più di un fatto. Da un lato è chiaro quanto i governi e il mondo politico in generale continuino a considerare la comunicazione e la propaganda minacciose per il loro establishment, tanto da voler bloccare una commedia, che – senza l’intervento degli hacker – probabilmente non avrebbe suscitato altrettanto clamore e sarebbe presto finita nel dimenticatoio. Dall’altro, l’attacco degli hacker ha mostrato in meno di una settimana quanto possa ferire più la tecnologia della spada. Per quanto la minaccia terroristica violenta alla fine sia giunta per bloccare definitivamente la proiezione del film, è pur vero che tutte le rivelazioni di questi giorni lasceranno sicuramente una traccia dietro di sé e modificheranno non pochi equilibri nel mondo degli studios.

C’è da chiedersi innanzitutto quanto potrà durare un consiglio direttivo (con Amy Pascal in testa) che si è macchiato di commenti “razziali” antipatici nei confronti del presidente Obama, di chiare offese a due superstar come Angeline Jolie e Leonardo DiCaprio, di commenti sulle paranoie di George Clooney (si salva solo l'”adorabile” Gosling) e così via.

Ma più di tutto c’è da chiedersi quanto tempo ci vorrà perché si riabiliti l’immagine di un’azienda i cui piani sono stati svelati un giorno dopo l’altro. Gli azionisti – ci chiediamo – si sono già dati in massa alla fuga? Grazie al Sonyleaks abbiamo scoperto che la Marvel vuole silurare Andrew Garfield (come se fosse sua la colpa dell’insuccesso del brand Amazing Spider-man) e ripartire da zero (licenziare Marce Webb per svoltare ci pare già più comprensibile), abbiamo scoperto la confusa strategia che si cela dietro a Ghostbusters 3 (cast al femminile con innesti maschili, vedi Gosling, ma anche Tatum e Pratt coinvolti per una parallela versione maschile?), che la Pascal ha proposto a Tarantino di fare un crossover tra Zorro e Django, non ancora sfumato.

Ma non è solo il fronte interno delle strategie ad essere stato messo completamente in piazza. Ovviamente, come già accennavamo prima, si sono scoperti i piani Marvel su Spider-Man, con inavvertita fuga di notizie su Avengers 3 e 4,  poi è stato il turno delle trame di Star Wars 8 e 9. Aggiungiamoci poi che del nuovo Bond, SPECTRE, sappiamo già che è fuori budget. Se a tutto ciò si aggiungono gli stipendi di attori e dipendenti, le lamentele degli impiegati sulle strategie della major e i tafferugli tra la Pascal e il produttore Scott Rudin, che la accusa di aver rovinato il biopic su Jobs, resta davvero poco da tenere segreto alla storica cinecasa Usa, che in questi giorni usa fax e lettere cartacee per comunicare, per non lasciar trapelare più nulla.

Ma – lo sappiamo bene – non è ancora finita, perché prima dell’attacco terroristico, il gruppo hacker ha promesso un regalino per Natale, ovvero un altro leak da consegnare ai principali organi di informazione, un“Christmas gift” il cui contenuto è sconosciuto, ma che va sotto il nome di “Michael Lynton”, ovvero il CEO di Sony Pictures Entertainment. E a poco sono servite per ora le minacce dell’avvocato di Sony di denunciare gli organi di informazione che diffonderanno questi leak. Che un film satirico potesse generare un tale tsunami non lo avrebbe potuto immaginare neppure il più complottista degli esperti di comunicazione e, intanto, a farne le spese in primis sono stati proprio i suoi ideatori. Restate sintonizzati nei prossimi giorni: abbiamo visto solo la punta dell’iceberg…

 

 

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