Loretta Sage (Sandra Bullock), solitaria scrittrice di successo, ha trascorso la sua carriera scrivendo popolari romanzi d’amore e di avventure. Il protagonista dei suoi racconti è il bellissimo modello di copertina Alan (Channing Tatum), che nelle pagine di questi libri incarna l’eroe “Dash”. Mentre è in tour per promuovere il suo nuovo libro con Alan, Loretta viene rapita da un eccentrico miliardario (Daniel Radcliffe), convinto che lei possa condurlo al tesoro dell’antica città perduta, descritta così bene nel suo romanzo.
Alan, spinto dalla voglia di dimostrare a tutti che può essere un eroe anche nella vita reale, si mette in viaggio per salvarla. Coinvolta in un’epica avventura nella giungla, l’improbabile coppia sarà costretta ad andare d’accordo per sopravvivere, ma soprattutto per trovare l’antico tesoro prima che sia perso per sempre.
The Lost City è un esempio di adventure comedy in grado di coniugare risate a crepapelle e situazioni demenziali in contesto esotico, divertendo molto e soprattutto muovendosi con scioltezza e senso del ritmo tra personaggi volutamente bidimensionali e suggestioni letterarie che transitano direttamente in delle incarnazioni cinematografiche, sottolineando con giocosità ludica questo passaggio di testimone.
Il film riesce infatti a tenere insieme tutti i suoi riferimenti con una gioia irriverente e scanzonata che è abbastanza rara per questo tipo di blockbuster, nei quali di solito l’elemento avventuroso e quello più sboccatamente comicarolo tendono a mal servirsi a vicenda e ad inciampare nei reciproci, abbozzati limiti.
A questo giro invece si respira un gusto per l’assurdo che riesce a trascinare con sé – e a far deflagrare – l’elemento archetipico della guerra dei sessi, guardando nelle premesse e con spirito tamarro al modello aureo de All’inseguimento della pietra verde e colpendo sotto la cintura limiti e idiozie di entrambi le parti in causa, tanto della scrittrice sulla carta sofisticata (e in grado perfino di leggere i geroglifici) quanto del modello tutto muscoli, interpretati con sorniona auto-ironia e generosa aderenza alla causa tanto dalla Bullock quanto da Tatum.
Le schermaglie e i siparietti dei personaggi di contorno di The Lost City hanno il medesimo brio, da un Daniel Radcliffe alle prese con un villain improbabile che ce la mette tutta per sganciarsi di dosso definitivamente l’etichetta di eterno Harry Potter, aumentando i giri luciferini della sua recitazione per risultare allo stesso tempo impeccabile e fuori posto, a un Brad Pitt che presta volto e soprattutto corpo a un cameo virile da non perdere e dal ritmo indiavolato: un’apparizione nella quale a dettare legge sono il gusto della coreografia sempre più estrema e dello sberleffo tra il serio e il faceto a un’idea dinamitarda di mascolinità nei film action, che il personaggio di Alan si limita a contemplare e tentare di replicare goffamente (è probabilmente, in quanto a scatto brevilineo, la più efficace prova istrionica e allo stesso tempo black di Pitt dai tempi di Burn After Reading dei fratelli Coen).
Il senso di sorpresa convocato da tutti questi elementi perde un po’ di smalto alla distanza, eppure questa parodia sbeffeggiante dei film d’avventura diretta dai fratelli Aaron Nee e Adam Nee (anche sceneggiatore insieme a Dana Fox e Oren Uziel) mantiene intatto il proprio gusto nel valorizzare le singole situazioni per tirarne fuori tutto il possibile e tutto il risibile, a cominciare dalla sottotrama comica che coinvolge la manager di Loretta, Beth (Da’Vine Jay Randolph), e che avrebbe meritato perfino maggiore spazio e sviluppo.
Foto: 3dot productions, Exhibit A, Fortis Films
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