The Lost King: a caccia del vero Riccardo III. La recensione del film di Stephen Frears
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The Lost King: a caccia del vero Riccardo III. La recensione del film di Stephen Frears

L’avventura di Philippa Langley, interpretata da Sally Hawkins e piccolo borghese appassionata di storia, che nel 2012 riuscì a organizzare e finanziare con una sottoscrizione pubblica gli scavi per la ricerca dei resti di re Riccardo III, rinvenuti a Leicester sotto un parcheggio. Al cinema nel 2023 con Lucky Red dopo il passaggio alla Festa del Cinema di Roma

The Lost King: a caccia del vero Riccardo III. La recensione del film di Stephen Frears

L’avventura di Philippa Langley, interpretata da Sally Hawkins e piccolo borghese appassionata di storia, che nel 2012 riuscì a organizzare e finanziare con una sottoscrizione pubblica gli scavi per la ricerca dei resti di re Riccardo III, rinvenuti a Leicester sotto un parcheggio. Al cinema nel 2023 con Lucky Red dopo il passaggio alla Festa del Cinema di Roma

The Lost King Frears
PANORAMICA
Regia (3)
Sceneggiatura (3.5)
Interpretazioni (3.5)
Fotografia (2.5)
Montaggio (2.5)
Colonna sonora (2.5)

The Lost King si apre con titoli di testa e una musica che ricordano quelli di Intrigo internazionale e ha molto del thriller (come della commedia) lavventura di Philippa Langley, piccolo borghese appassionata di storia, che nel 2012 riuscì a organizzare e finanziare con una sottoscrizione pubblica gli scavi per la ricerca dei resti di re Riccardo III, rinvenuti a Leicester sotto un parcheggio.

Uno di quegli episodi di eccentrica follia quotidiana che possono essere solo british, con la donna interpretata da Sally Hawkins che, dopo una serata a teatro, comincia a vedere sotto casa o in cucina il re in persona, si convince che non era quel sanguinario descritto da Shakespeare, che forse non era nemmeno gobbo, e comincia a cercare di rintracciare la sua tomba. Gli archeologi prima ridono, poi si accodano al progetto.

Nuovamente a partire da una storia vera, il britannico Stephen Frears torna nella sua Leicester per una piccola grande vicenda di notevole ostinazione e coraggio e altrettanto profonde connessioni con l’essenza culturale, sociale, identitaria e antropologica del Regno Unito. La protagonista all’inizio del film ci viene presentata come una looser, per via della posizione di subalternità e invisibilità che occupa sul posto di lavoro, eppure imparerà a farsi rispettare sposando un’incredibile battaglia di riconoscimento e legittimità nientemeno che intorno alla figura leggendaria di Riccardo III: un archetipo che la letteratura shakespeariana, con la sua potenza ferina e tragica senza tempo e per conto della famiglia Tudor, ha contribuito a distorcere notevolmente rispetto ai veri connotati storici del sovrano vissuto nel ‘500.

The Lost King è dall’inizio alla fine un film dolcemente working class, che riunisce il team di Philomena (Frears alla regia e Jeff Pope e Steve Coogan, anche interprete del marito di Philippa, in sceneggiatura) e illustra un arco narrativo semplicissimo con una limpida padronanza del racconto, immagini che potrebbero facilmente sembrare illustrative e invece spesso spalancano una notevole dose di disincanto e pittoricità e dialoghi che, muovendosi lungo un tracciato quotidiano e colloquiale tipicamente anglosassone, sanno farsi via via più taglianti e umbratili. Insomma, puro mestiere artigianale, che il regista di The Queen sa bene come sbozzare, con umiltà operaia e totale adesione alle istanze necessarie per mandare avanti la storia. 

Sally Hawkins non è poi un’attrice qualunque, e come la sua filmografia sta lì a testimoniare è abilissima, come interprete, nel farsi portatrice di una fragilità che è sempre più articolata e destabilizzante delle mere apparenze. Una dote, questa sorta di dolcissima e e lacrimevole spigolosità che pare connaturata alla sua presenza scenica, che è quantomai azzeccata per Langley e la sua battaglia, forse perché fa fare un salto di qualità sullo schermo a tante piccolezze anche microscopiche, come quelle legate all’articolarsi dell’indagine e allo sfaldarsi e ricomporsi dei legami pubblici e personali, tutti elementi che un’altra attrice avrebbe facilmente appiattito. Anche il lieto fine del film di Frears, al termine delle tante traversie di Philippa, non ha nulla di buonista e consolatorio, ma getta su tutta la parabola un’ombra compassionevole di anti-retorica che trascende i confini del racconto morale sull’abusato canovaccio del “mai arrendersi”. 

Foto: Pathé, Baby Cow Productions, BBC Films, Ingenious Media

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