Pensate a quei ristoranti costosissimi in cui micro-porzioni di pietanze destrutturate prendono le sembianze di opere d’arte dipinte da uno chef/artista, in cui ogni portata viene accompagnata da un’altisonante lista di ingredienti ricercati e in cui ad essere venduto è più un concetto che una vera e propria cena che possa riempire lo stomaco. Non si mangia, si assapora. Lasciando il ristorante, pur soddisfatti dall’esperienza, si realizza comunque di avere ancora fame.
Ora stiamo parlando di un film, ma la sensazione provata dopo i titoli di coda è la stessa.
Quarto lungometraggio da regista di Mark Mylod, un nome caro soprattutto al pubblico televisivo per aver diretto gran parte degli episodi di Succession, oltre che per aver lavorato a serie come Shameless e Game of Thrones, The Menu racconta la storia di una coppia che partecipa ad una cena esclusiva del famoso chef Slowik, il cui ristorante si trova su un’isola remota accessibile solo ai membri dello staff e ai pochi, ricchi avventori. Per l’occasione il padrone di casa ha preparato un ricercatissimo menu di cucina molecolare, in cui il cibo è trattato come una vera e propria arte concettuale. Gli ospiti non sanno però che le portate si riveleranno più scioccanti di quello che avrebbero mai potuto immaginare.
Horror e commedia nera, thriller e satira, ma soprattutto una spietata critica sociale. The Menu parte da una realtà, quella dell’alta cucina, per utilizzare il microcosmo di un ristorante stellato – diviso tra chef e clienti, ovvero tra chi dà e chi prende – come una cassa di risonanza che amplifica le tante fratture del mondo in cui viviamo. Nel farlo dà origine ad un climax attraverso il quale, parallelamente alla violenza e alla disperazione dei personaggi, emergono anche i lati marci di una società elitaria in cui la spasmodica ricerca di una perfezione impossibile si trasforma in un cappio al collo per chi si trova ai piani più bassi della gerarchia di potere. Incredulità e paura crescono ad ogni portata del menu, scandito dagli esasperanti e improvvisi battiti delle mani di Slowik, che piatto dopo piatto richiama su di sé l’attenzione del pubblico e degli ospiti in sala. Mylod lavora tanto sul suono quanto sulle immagini, tra primi piani delle pietanze accompagnati – proprio come in un cooking show – da descrizioni in sovrimpressione e una regia a tratti frenetica che salta di tavolo in tavolo, dando spazio ai commenti di ogni commensale.
Ralph Fiennes e Anya Taylor-Joy sono i protagonisti assoluti. Il primo brilla nel ruolo del meticolosissimo Slowik, un artista dell’haute cuisine che mal sopporta critiche e perplessità di fronte alle proprie creazioni, così abituato a clienti boriosi e incapaci di essere realmente soddisfatti. La seconda nei panni di Margot, una donna comune in mezzo a una pletora di avventori altolocati e adulanti che, sprezzante, considera le provocatorie creazioni dello chef al pari di una presa in giro. Sarà proprio lei, il simbolo dell’anti-borghesia, a rappresentare lo sguardo sincero e autentico del pubblico. L’unico che realmente conta per lo spettatore e soprattutto per lo stesso Slowik.
The Menu riesce nella sua doppia impresa di bilanciare umorismo e angoscia, facendo di questo equilibrio tra i sapori il punto di forza di un impianto narrativo semplice ma coinvolgente. Tuttavia, è nella costruzione dei suoi vari livelli di tensione che non sempre il film si dimostra all’altezza di ciò che promette: dopo aver servito al pubblico le varie portate che alimentano un mistero in crescendo, arriva un punto in cui la componente thriller viene smorzata dall’eccessiva fretta di scoprire le carte in tavola. Quando si comprende la reale direzione che la storia ha intenzione di percorrere, e soprattutto dove porterà, ben poco viene lasciato sulla tavola dello spettatore, che si trova a dover assaporare il dolce senza però aver ricevuto prima il contorno. Pagato il conto, c’è ancora un po’ di fame, ma rimane la sensazione di aver gustato comunque qualcosa di buono.
Tre stelle Michelin.
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