«Niente è più stato lo stesso dopo New York». Sono parole di Tony Stark, miliardario, filantropo e playboy, ma potrebbero essere uscite dalla bocca di chiunque degli Avengers. Quella di Bruce Banner, lo scienziato con l’inguaribile problema di trasformarsi in un mostro verde. Quella di Steve Rogers, catapultato dagli anni Quaranta al giorno d’oggi senza uno straccio di spiegazione.
Ma c’è qualcuno che più di tutti ha sofferto per l’invasione della Terra da parte dei Chitauri, per il furto del Tesseract, per la distruzione che ha reso la Grande Mela un cumulo di macerie. Qualcuno che sente sulle sue spalle la responsabilità di quanto accaduto. Qualcuno che umano non è, ma che sulla Terra ha lasciato il suo cuore, e come un vero eroe shakespeariano soffre le pene d’amor perdute. Un principe pronto a diventare re, ma che ama la birra e le belle donne e non vuole essere dimenticato. Qualcuno a cui viene data l’occasione per riparare a tutti i torti, o per sparire per sempre dalla storia, come scopriremo al cinema il prossimo 20 novembre.
NELLE PUNTATE PRECEDENTI…
Se vi siete persi per strada mettete pure via le enciclopedie del fumetto, la situazione è molto più semplice di quanto sembri. The Avengers, il cinecomic più clamoroso degli ultimi anni, è servito a tirare le fila di storie seminate da Marvel nel corso degli anni, e a dare un senso più ampio ai vari Iron Man, Hulk, Captain America e Thor; in attesa degli inevitabili sequel, non serve neanche dirlo, e del Sequel per eccellenza, quello con la maiuscola, Avengers: Age of Ultron. Ma prima di vedere gli eroi Marvel nuovamente riuniti ci sono molte, troppe fila da tirare, e tra tutti i “Capitolo secondo” in arrivo nei prossimi anni Thor: The Dark World è senza dubbio quello da cui ci aspetta di più: troppe situazioni lasciate in sospeso nel Thor di Kenneth Branagh, troppa curiosità di scoprire il destino di Loki, di capire come Thor concilierà il suo status di divinità con l’amore per una mortale, di tornare in quella Asgard che sembrava uscita dalla copertina di un fumetto degli anni Sessanta. L’aspetto migliore della faccenda è che Thor: The Dark World promette tutto questo e molto di più.
Avevamo lasciato Chris Hemsworth con uno shawarma in mano, in compagnia degli altri Avengers, a festeggiare la vittoria contro Loki e i Chitauri; nessuna traccia, però, dell’amata Jane Foster (Natalie Portman), e viene già da chiedersi come reagirà la ragazza quando scoprirà che Thor è stato sulla Terra e non le ha neanche mandato un SMS. E sarà questa la prima risposta che The Dark World ci fornirà: il dio del tuono, ormai pronto a diventare re di Asgard ereditando il trono di Odino (Anthony Hopkins), tornerà infatti sul nostro pianeta per mantenere la promessa fatta a Jane. «Tornerò per te» sono le ultime parole che i due si sono scambiati, e fa solo comodo a Thor che proprio dalla Terra parta una nuova invasione aliena. Questa volta sono gli elfi oscuri del pianeta Svartalfheim, capitanati da Malekith (Christopher Eccleston, il primo Doctor Who del nuovo reboot della serie), a minacciare i Nove Regni, il sistema solare nel quale si trova Asgard e che già il film di Branagh ci aveva presentato in un paio di sequenze da mozzare il fiato. The Dark World, dunque, smorza almeno in parte le atmosfere shakespeariane del film precedente: addio ai drammi della famiglia reale squassata dalle incomprensioni, alle invidie di un fratello minore che aspira al trono, alla crescita personale del supereroe con il martello. Se il primo capitolo mescolava il film di supereroi classico con il fantasy, il sequel punterà ancora di più su questo secondo aspetto. Non è un caso che a dirigerlo sia stato chiamato Alan Taylor, uno che si è fatto le ossa in tv, prima con i Soprano – tanto per far capire che comunque i turbolenti rapporti della famiglia reale di Asgard non verranno dimenticati – e poi, ovviamente, con Il trono di spade. […]
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