Dopo aver rischiato la vita in un banale incidente in vasca da bagno, Haim-Aaron – giovane ebreo ultra ortodosso tutto casa e yeshiva (un’istituzione educativa ebraica che si centra sullo studio dei testi religiosi tradizionali) – diventa un Tikkun: un’anima di ritorno dal regno dei morti per rimediare agli errori commessi nella vita precedente.
Ma da studioso ammirato per l’impegno e la dedizione, timido e in perenne imbarazzo con il proprio corpo, ora, come se la morte fosse stata la via per la liberazione e la scoperta di sé, Haim-Aaron è diventato un ragazzo distratto e voglioso di nuove esperienze. A complicare le cose ci sono gli incubi ricorrenti del padre, che si incolpa di aver sottratto un’anima al volere di Dio.
L’israeliano Avishai Sivan, (riprendendo le fila di The Wanderer, presentato alla Quinzaine di Cannes del 2010, e vincitore al Jerusalem Film Festival) dirige un film a metà tra terra e cielo, tra carne e spirito, tra fede e desiderio. E traduce questa volontà antitetica in un lungometraggio in bianco e nero in cui, con il passare del tempo e il passaggio da uno all’altro estremo, i contorni definiti (il protagonista è all’inizio inquadrato in cornici fisse, all’interno di contesti scolatici e religiosi che sembrano fagocitarlo) si sfaldano fino a ridursi a una nebbia confusa e annichilente.
I dialoghi sono pochissimi, così come le scene che ”potrebbero urtare la sensibilità degli spettatori” – come avvisa il catalogo del Festival – e con i sogni a tinte horror del padre assitiamo anche ad un climax di sequenze grottesche e surreali, a tratti comiche.
Tikkun – questo il titolo del film – è una storia di vita e di morte inquadrata in un preciso contesto culturale: una società scandita da regole rigide e ben definite, dalle quali è difficilissimo emanciparsi.
Lo sa bene il protagonista Aharon Traitel, alla sua prima esperienza come attore. Il giovane israeliano è approdato al mondo del cinema dopo aver risposto ad un annuncio via internet: si cercavano ragazzi che avessero abbandonato la vita religiosa.