Tom Holland e Jon Watts, rispettivamente il giovanissimo protagonista e il regista di Spider-Man: Homecoming, sono passati da Roma a parlare della nuova versione cinematografica delle avventure del celeberrimo supereroe. Si tratta del secondo reboot dedicato al leggendario personaggio della Marvel, il primo direttamente inserito nel MCU (Marvel Cinematic Universe). Per l’occasione, la stampa romana presente all’evento è stata radunata presso la Lanterna di Fuksas, cupola in vetro e acciaio realizzata dal celebre architetto nei dintorni di Piazza di Spagna e il cui tetto a forma di ragnatela è quanto di più suggestivo e rappresentativo possibile, tra gli spazi a disposizione nella Capitale, per richiamare alla mente il design di Spider-Man e il suo superpotere più celebre. Specie se si considera che sulla sommità di tale struttura stamattina c’era anche uno stunt, messo lì a ricreare a mo’ di installazione vivente la spericolatezza dell’Uomo Ragno.
Il londinese Holland ha addosso la naturalezza e la spontaneità di chi, pur essendo giovanissimo, si è già ritrovato a gestire responsabilità di rilievo facendole passare per qualcosa di ovvio e perfino automatico. Con soli 21 anni alle spalle, il giovane attore ha prestato il volto a un importante spettacolo teatrale quando aveva solo 10 anni (il musical Billy Elliot: «Una grande lezione», a suo dire) e prima di vestire i panni che furono già di Tobey Maguire nell’osannata versione di Sam Raimi e di Andrew Garfield nei due The Amazing Spider-Man ha già lavorato al fianco di Juan Antonio Bayona, Ron Howard e James Gray. Imponendosi come uno dei volti giovani più interessanti del pianeta e venendo celebrato da molte riviste come sicura promessa del cinema del futuro: una responsabilità non da poco.
A chi gli chiede in cosa il suo Spiderman sia diverso da quelli che l’hanno preceduto, Holland risponde soffermandosi sugli elementi peculiari della propria creatura. «Ho voluto realizzare un personaggio che fosse unico nel suo genere e differente, mi interessava soprattutto non offrire qualcosa di già visto. Il mio Peter rimane un liceale che scopre di avere dei superpoteri, per cui ho pensato a cosa potesse comportare questa scoperta per un quindicenne: spassoso divertimento, nel mio caso e nel suo, non certo un peso. Il mio Spiderman è un teenager che va a ancora scuola e volevo che venisse fuori il suo sentirsi a proprio agio con il dono che si ritrova tra le mani». Insomma, una chiara dichiarazione d’orgoglio e di specificità per marcare il territorio rispetto ai precedenti Spider-Man, specialmente per quel che riguarda la giovinezza del protagonista e la sua solarità, in questo caso spiccatamente adolescenziale e tutt’altro che matura od ombrosa.
Il regista Jon Watts si è espresso sull’Avvoltoio di Michael Keaton, che qualcuno ha definito un personaggio simbolo di un proletariato violento e riottoso, che si oppone con forza al capitalismo modellato sull’iconografia e le strumentazioni di Tony Stark. Un cattivo normale e una persona comune, a misura d’uomo, alla stregua del giovane protagonista, nient’altro che un ragazzino come tanti. «Peter Parker è normalissimo – ha detto Watts – e volevo che anche il cattivo di turno lo fosse, con delle radici semplici che non gli impediscono in ogni caso di tentare di essere all’altezza dell’eroe che deve combattere. La presenza di Michael in Birdman non ha contribuito alla scelta, lo volevamo perché è un grande attore, capace di imprimere una forza singolare al suo personaggio. Sul set pensavo di parlare con Beetlejuice ed è stato qualcosa di mitico».
Questo rifacimento di Spiderman in chiave ordinaria e fanciullesca tradisce anche la voglia di dire qualcosa di importante sui ragazzi di oggi, un aspetto sul quale Watts non ha mancato di dire la sua. «Peter Parker è un nerd, un geek come tanti, che magari subiscono vessazioni costanti dai bulli di turno (una partnership con MaBasta, Movimento Anti Bullismo Animato da Studenti Adolescenti, permetterà l’uscita di un albo speciale targato Panini Comics, ndr). Volevamo vedere un personaggio del genere in maniera positiva, così da consentire ai ragazzini che lo vedranno e si identificheranno in lui di essere semplicemente sé stessi, senza badare al corredo di sovrastrutture e fattori esterni che possono investire le loro vite. Spiderman, dopotutto, è un eroe in cui ci si identifica perché è la normalità fatta eroe, non sceglie di esserlo come Iron Man, ma si ritrova tra le mani qualcosa di straordinario. Peter Parker è un simbolo per i ragazzi, è uno sfigato ma uno sfigato figo. Un secchione popolare, che spero possa generare emulazione tra i suoi coetanei».
Questo nuovo Spiderman ha anche un’implicazione molto forte in rapporto alle nuove tecnologie, visto che le imprese degli Avengers sono viste dalla sua prospettiva non più di fotografo ma di videomaker a tutti gli effetti, impegnato a girare video di se stesso in presa diretta. «Nel film – continua Watts – ci sarà la prospettiva di Peter Parker in rapporto alla guerra degli Avengers, il punto di vista di una persona normale catapultata in un conflitto urbano con protagonisti dei supereroi veri e propri. Una dimensione che ho trovato estremamente interessante per raccontare un quindicenne del mondo di oggi, che quando Tony Stark disse di essere Iron Man aveva solo 8 anni». E ovviamente c’è New York, che come sempre non può che risultare un personaggio aggiunto. «L’abbiamo vista in tantissimi film, specie Manhattan. Ma in Homecoming abbiamo esplorato molti altri luoghi, dopotutto Peter Parker è del Queens, quartiere popolare e multiculturale nel quale ci si può riconoscere, e avendo vissuto molto a New York ho voluto far vedere anche luoghi meno conosciuti».
Il giovane Holland ha ripreso la parola per soffermarsi sulla sua esperienza al fianco di Robert Downey jr. e ha raccontato di quando si è ritrovato a sostenere il suo primo provino al cospetto di un interprete così pieno di carisma. «Quando sono arrivato per il provino non sapevo che fosse presente anche lui, mi hanno avvisato con soli 20 minuti di anticipo. Ho provato a gestire la cosa, a raccontarmi la favola che sarebbe arrivata la sua controfigura, ma poi è apparso lui in carne e ossa ed è stato un momento incredibile. Sono un grande fan dei film Marvel e lavorare con Robert è stato un sogno che si realizza, è un uomo di grande energia e l’ha portata al film. Michael Keaton invece è terrificante. È un uomo davvero gentilissimo, ma quando mette piede sul set si trasforma, fa davvero paura. Lo adorerete, ne sono sicuro».
«Lavorare con Sony e Marvel è stato davvero bellissimo – conclude Holland – ho fatto tanti provini per cinque o sei mesi, all’ottavo mi hanno fatto sapere che il giorno dopo mi avrebbero dato una risposta. Sei settimane dopo ho scoperto che sarei stato il nuovo Spider-Man su Instagram. Mio fratello pensava che ci fosse stato un hackeraggio, invece poi mi hanno chiamato, sono impazzito di gioia ed era tutto vero. La prima volta che ho indossato il costume però è stata una grande delusione, era molto più largo di me, adattato alla controfigura. Poi però è stata realizzata una tuta tutta per me e il sogno ha preso vita».
Spider-Man: Homecoming, ricordiamo, arriverà nelle sale italiane il prossimo 6 Luglio, ma prima godrà di un’anteprima prevista il 5 Luglio al Cine&Comic Fest di Genova.
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