Torino Film Festival 2021, le recensioni. Prima parte
telegram

Torino Film Festival 2021, le recensioni. Prima parte

Appunti sparsi su alcuni dei film passati al TFF 39 in questi giorni, con un focus particolare sui titoli del concorso

Torino Film Festival 2021, le recensioni. Prima parte

Appunti sparsi su alcuni dei film passati al TFF 39 in questi giorni, con un focus particolare sui titoli del concorso

Torino Film Festival 2021

Il Torino Film Festival è tornato in presenza dopo l’edizione dello scorso anno, svoltasi interamente online. Di seguito vi proponiamo i nostri primi dispacci e appunti di visione dal 39esimo TFF, diretto per il secondo anno da Stefano Francia di Celle. 

UNE JEUNE FILLE QUI VA BIEN (Francia, 2021) – CONCORSO TORINO 39
di Sandrine Kiberlain
drammatico, storico
voto: 1,5/5

Parigi, estate 1942. Irene è una giovane ebrea diciannovenne piena di energie. La sua famiglia la vede crescere e scoprire il mondo, tra nuove amicizie, l’incontro con l’amore e la passione per il teatro. Irene vorrebbe diventare un’attrice, e vive la sua vita con la tipica spensieratezza della giovinezza. Ma non sa che potrebbe avere i giorni contati. Esordio nella regia dell’attrice Sandrine Kiberlain (Quando hai 17 anni, Un autre monde), ispirato ai racconti della sua famiglia e ai diari di Anna Frank, Une jeune fille qui va bien, presentato alla Semaine de la Critique dell’ultimo Festival di Cannes, è un romanzo di formazione che ha il pregio di cercare un proprio personalissimo stile, oscuro e intermittente, ma i presunti momenti di “pura regia”, che inseguono sensazioni spiazzanti e dissonanti, tendono a tracimare eccessivamente, trattando i personaggi come scorie radioattive da smaltire in fretta, senza regalare loro alcun approfondimento psicologico di sorta. Anche l’ebraismo, purtroppo, è trattato in maniera spaventosamente illustrativa, senza alcun peso reale attribuito a vessilli e collocazioni storiche (la vicenda è ambientata a Vichy, ma è difficile percepire la presenza dell’occupazione straniera in Francia), e anche le accensioni di erotismo, solo sulla carta scandaloso, destano più perplessità che turbamento o eccitazione.

LA TRAVERSÉE (Francia, Germania, Repubblica Ceca, 2021) – CONCORSO TORINO 39
di Florence Miailhe 
animazione
voto: 3,5/5

Un piccolo villaggio saccheggiato nella notte, una famiglia costretta a fuggire. I due figli più grandi, Kyona e Adriel, vengono separati dai propri genitori e affrontano soli la strada dell’esilio. Iniziano quindi un viaggio eroico che segna per loro il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, alla ricerca di ospitalità e tranquillità, nella speranza di trovare un rifugio e la loro famiglia. L’opera prima di Florence Miailhe è un piccolo ma vibrante film d’animazione per così dire adulto, ricercato e certosino nello stile, che affronta il dramma dei flussi migratori senza rinunciare al racconto crudele di una giovinezza e soprattutto evitando di farsi ingabbiare e stritolare dall’importanza dolorosa della tematica impegnata. Il risultato è un affresco di notevole slancio pittorico e dalle inesauribili sfumature cromatiche, che riesce, a tratti persino miracolosamente, a preservare l’incanto cupo e dolente di certe fiabe.

LE BRUIT DE MOTEURS (Canada, 2021) – CONCORSO TORINO 39
di Philippe Grégoire 
drammatico
voto: 2,5/5

Alexandre, un istruttore presso la dogana canadese esperto nell’uso delle armi da fuoco, torna nella città natale dopo essere stato giudicato affetto da dipendenza sessuale. Dopo aver fatto amicizia con una pilota islandese, arrivata in Canada per partecipare a una gara automobilistica, viene preso di mira dalla polizia locale che sta indagando sul caso di alcuni disegni e graffiti a esplicito sfondo sessuale apparsi in luoghi pubblici e giudicati scandalosi dalla gente del posto. Esordio alla regia di un giovane regista québécois, che ritorna agli anni in cui, lavorando alla dogana, sognava di realizzare film: la sua opera prima è la dimostrazione lampante di un talento decisamente incendiario e fuori dal comune, minato però da un’eccessiva dose di compiacimento per i loop malsani che girano palesemente in tondo lungo tutto il film, alla ricerca disperata di pose torbide. Le fiammate grottesche e non concilianti, ad ogni modo, valgono una visione, mentre la carne al fuoco – dall’11 settembre alle politiche sull’immigrazione, passando per la messa alla gogna delle pulsioni sessuali – è decisamente troppa. 

ZERO FUCKS GIVEN (Francia, Belgio, 2021) – FUORI CONCORSO/SURPRISE
di Emmanuel Marre, Julie Lecoustre
commedia, drammatico 
voto: 3/5

Cassandra, 26 anni, è assistente di volo per una compagnia low cost. Vive a Lanzarote, è sempre disposta a fare straordinari e svolge i suoi compiti con estrema efficienza. Gli scioperi non la riguardano e apparentemente tiene a bada l’alienazione di un lavoro emotivamente e fisicamente provante. Nel tempo libero, poi, Cassandra si lascia trasportare dalle situazioni, fra Tinder, feste e giornate oziose. Quando però viene improvvisamente licenziata, sarà costretta a tornare a casa: troverà la forza di affrontare tutto ciò da cui stava scappando? Presentato in Concorso alla 60esima Semaine de la Critique del 74esimo Festival di Cannes, quello di Zero Fucks Given (titolo anglofono) è un ritratto femminile inquieto e catatonico. Diretto con stile estremamente rarefatto e un’evidente tensione naturalista nella recitazione, riesce a far brillare in un ruolo di spessore – tutto in sottrazione – Adèle Exarchopoulos, la star de La vita di Adele, che dopo il film di Kechiche ha faticato non poco a ritagliarsi e a incidere con personaggi significativi. L’orizzontalità del quotidiano della protagonista, tra alienazione lavorativa, social, atteggiamenti abulici e apatie senza nome e senza ritorno, ha un peso non indifferente in termini di ritratto generazionale, anche se l’osmosi tra fiction e “documentarismo” di fatto non è sempre virtuosa. Il finale in soggettiva a Dubai, con in sottofondo Lady Gaga che intona I’ll Never Love Again dalla colonna sonora di A Star is Born, è un piccolo gioiello metaforico all’insegna dello stupore e della ricerca del proprio posto nel mondo, gravato però dagli spettri di un incasellamento forzato e un’alienazione geografica coatta. 

WHAT JOSIAH SAW (Usa, 2021) – LE STANZE DI ROL
di Vincent Grashaw 
drammatico, horror
voto: 3/5

Tanto i Graham quanto gli abitanti della loro cittadina hanno ben chiaro il ricordo della vecchia matriarca della famiglia: anni prima uno dei figli la trovò appesa a un albero e da quel momento il suo fantasma ha continuato ad aleggiare nella proprietà. Separatisi nella speranza di dimenticare orribili segreti e diventati estranei gli uni agli altri, i Graham tornano a riunirsi dopo due decenni, invitati da una misteriosa chiamata… Gotico americano al confine tra horror e thriller psicologico, What Josiah Raw rispecchia al meglio lo spirito della sezione curata da Pier Maria Bocchi, votata all’esplorazione di opere che affrontano il cinema di genere polverizzandolo e disseminandolo dentro narrazioni che non fanno dei generi propriamente detti dei meri appigli e salvacondotti per ritagliarsi la loro, anche microscopica, fetta di mercato e riconoscibilità. Gli eccessi in questo caso sono tantissimi, ma il ritratto malsano è talmente squinternato e abissale da lasciare sinceramente spaesati e atterriti, soprattutto per la sfrontatezza e l’uso distorto, osceno e rabbuiato dei cliché del mélo familiare. 

CLINT EASTWOOD: A CINEMATIC LEGACY (USA, Regno Unito, 2021) – FUORI CONCORSO
di Gary Leva
documentario
voto: 2/5

Un tipo tosto, una star dei western, un vincitore di premi Oscar, un grande regista e attore: pochi artisti nella storia del cinema hanno lasciato il segno come Clint Eastwood. In occasione del suo ottavo decennio da protagonista del cinema americano, la Warner Bros. celebra una vera e propria icona con una serie di nove documentari che ne ripercorrono l’eccezionale carriera. Tra i collaboratori, i colleghi e gli ammiratori intervistati, Morgan Freeman, Meryl Streep, Kevin Costner, Martin Scorsese, che lo definisce nel doc l’ultimo erede della grande tradizione del cinema americano classico degli studios con cui è cresciuto, Steven Spielberg e Peter Morgan. Il risultato è compilativo, sicuramente non inedito, ma per gli eastwoodiani duri e puri quest’immersione didattica e talvolta didascalica nella poetica eastwoodiana, per quanto ridondante, è comunque un confortevole balsamo, specie sul fronte del ripasso di tante assonanze, elementi ricorrenti e rime interne della sua filmografia. 

Foto: Zero Fucks Given, What Josiah Saw, Une jeune fille qui va bien

Leggi anche: Torino Film Festival: da Monica Bellucci a Clint Eastwood, il programma e i film della 39°edizione

© RIPRODUZIONE RISERVATA