Ci sono lungometraggi che sono esplicitamente ideati e poi realizzati per commuovere. Quando il gioco è così apertamente scoperto, nella maggior parte dei casi non funziona. La forza specifica di The Theory of Everything, diretto dal poliedrico James Marsh, è invece proprio quella di riuscire nell’intento pur proponendosi come un melodramma esplicito, quasi sfrontato.
Fin dalle primissime scene il biopic sul genio assoluto di Stephen Hawking punta ad arrivare al cuore dello spettatore. Dove il film eccelle, soprattutto nella prima parte, è nel trovare un grande equilibrio tra gli elementi della confezione: ogni scena viene realizzata per essere coinvolgente senza però risultare affettata o peggio ancora posticcia. Marsh si concede tocchi di romanticismo molto efficaci, e grazie soprattutto alla meravigliosa performance di Eddie Redmayne dipinge un giovane Hawkins gentile, bizzarro, dotato di un grande senso dell’ironia e della sfida. Sotto questo punto di vista la parte migliore del film è proprio quella che rischiava di essere rappresentata in maniera troppo drammatica: la scoperta della malattia, la disperazione seguita dalla volontà di lottare per arrivare ad eccellere, sono resi dal regista e dagli attori in maniera esemplare. Anche Felicity Jones – altrove a nostro avviso sopravvalutata come giovane talento – regala invece una prova matura, composta, mai alla ricerca del facile effetto lacrimoso. Man mano che la malattia di Hawking procede nel lento ma incontrovertibile processo di deterioramento, il film perde per forza di cose la gioiosa vitalità di Redmayne, e si assesta di conseguenza verso binari più composti.
Nella seconda parte The Theory of Everything incide molto meno che nella prima, assestandosi comunque su degli standard cinematografici più che accettabili. Il film poi torna a emozionare veramente, e al tempo stesso a far sorridere, nelle scene conclusive, quando a Hawking viene restituita la possibilità di esprimersi attraverso il celeberrimo computer dalla voce metallica. Ecco che il personaggio torna ad esprimere con pienezza la sua forza e la sua voglia di vivere insopprimibile.
Anche se non riesce a mantenere fino in fondo il livello di forza emotiva degli inizi, The Theory of Everything rimane un’opera fondamentalmente riuscita. Merito di una messa in scena ben calibrata ma soprattutto di un attore protagonista ispirato e vibrante. L’anima del film è senza dubbio Eddie Redmayne, a cui va il nostro sentito applauso. Non era assolutamente facile impersonare Hawking nella sua vitalità senza risultate pietistico. Il giovane attore c’è riuscito in pieno.
Sotto, il trailer di The Theory of Everything:
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