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Toxic: la dipendenza dal corpo. La recensione del Pardo d’Oro di Locarno 77

L’opera prima della lituana Saule Bliuvaite con protagonista la giovane Vesta Matulyte si è aggiudicata il riconoscimento più ambito del festival svizzero.

Toxic: la dipendenza dal corpo. La recensione del Pardo d’Oro di Locarno 77

L’opera prima della lituana Saule Bliuvaite con protagonista la giovane Vesta Matulyte si è aggiudicata il riconoscimento più ambito del festival svizzero.

PANORAMICA
Regia
Sceneggiatura
Interpretazioni
Fotografia
Montaggio
Colonna sonora

La 77esima edizione del Festival di Locarno si è conclusa da pochi giorni, annunciando i premi assegnati nelle varie categorie competitive. Il concorso principale, che comprendeva autori affermati quanto esordienti o comunque in erba, ha visto trionfare proprio un’opera prima (vincendo anche il First Feature Award) lituana, ovvero Toxic, di Saule Bliuvaite, tra le registe donne presenti in una sezione quasi parimenti condivisa.

Il film, un coming of age dai toni freddi e distaccati, vede Marija (Vesta Matulyte), tredicenne ostracizzata dalle sue coetanee in un paesino della Lituania, entrare in contatto con una scuola per modelle in seguito all’incontro con Kristina (Ieva Rupeikaite). L’ambiente la spingerà oltre ogni suo limite, psicologico quanto fisico.

Basato sull’esperienza giovanile della stessa autrice, oltre che sul documentario Girl Model, il lungometraggio indaga sulla condizione delle giovani donne, costrette da una società opprimente a seguire parametri irraggiungibili fino all’annientamento dell’individuo. Saule Bliuvaite sceglie appositamente di prendere le distanze dalla materia narrata, evitando un approccio ricattatorio spontaneo con una storia vicina al vissuto della regista.

Per rendere visivamente tale sconforto, l’autrice scegli campi lunghi, racchiudendo le situazioni messe in scena in un asfissiante 4:3, oltre che differenti grandangoli, in grado di distorcere episodi all’apparenza quotidiani. Questa cifra stilistica, per quanto sensata, si presenta sicuramente come derivativa: la New Wave Greca è la fonte più ravvisabile, specialmente i primi lavori di Yorgos Lanthimos o di Athina Rachel Tsangari.

La mancanza forse più rilevante di Toxic è proprio la scarsa autonomia dello sguardo registico, che per un esordio è regolare. A sorreggere il film ci pensa, oltre alla spontaneità delle giovanissime attrici (selezionate dopo quasi due anni di casting), una tematica decisamente attuale, coniugata con un’atmosfera quasi orrorifica che rimane inquietantemente nello sfondo della vicenda, riuscendo a fare evidentemente breccia nel cuore dei giurati.

La vetrina festivaliera di Locarno si dimostra ancora in grado di intercettare nuove e interessanti leve attorno tutto il mondo, tuttavia rischiando di chiudere un occhio su opere forse più meritevoli di autori più affermati (i casi Hong Sangsoo e Wang Bing in questa annata). A prescindere dalle scelte finali, Toxic rimane un racconto di formazione stimolante, nonché il primo passo di una carriera promettente.

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