Twilight, analisi semiseria 6: il gran finale
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Twilight, analisi semiseria 6: il gran finale

Sòla o colpo di genio?

Twilight, analisi semiseria 6: il gran finale

Sòla o colpo di genio?

Ma ora tralasciamo i dettagli e prendiamo in esame la fine della Saga. Ogni grande battaglia esige le sue vittime, ma non in Breaking Dawn, dove la Meyer una vera e propria battaglia conclusiva non ce la offriva, lasciandoci molto delusi. A onor del vero, tra tutti BD 2 è il romanzo più scadente della Meyer: soprattutto il parto horror e il finale sciapo denunciano una profonda stanchezza di inventiva, un non saper dove andare a parare o addirittura (la butto lì) un ghost writer che abbia completato la saga con la sua supervisione. Se la Rowling nell’ultimo romanzo di Harry Potter va a tirare le fila del racconto tramite un’architettura straordinaria, sacrificando vittime importanti e costruendo una battaglia finale memorabile, la Meyer si è impantanata del tutto. Il cinema l’ha salvata, il cinema l’ha riabilitata o ci ha dato l’illusione di farlo quanto meno.
ATTENZIONE SPOILER!!!!!!!!!! Quando abbiamo visto Peter Facinelli, alias il buon capoclan dei Cullen Carlisle (finora il saggio della famiglia sempre a modino) avventarsi su Aro che aveva appena fatto arrestare Alice e farsi decapitare, abbiamo avuto un soprassalto, da una parte ci dispiaceva da morire per la moglie Esme, la quale sarebbe rimasta vedova giusto per l’eternità, ma nello stesso tempo eravamo strabiliati da un finale così crudo. «Che audacia!» abbiamo pensato, sovvertire così l’epilogo a tarallucci e vino della Meyer e trasformarlo in qualcosa di dinamico, violento, senza happy end, anzi con delle tragedie infinite, come far decapitare Jasper, ovvero l’anima gemella della beniamina Alice… Insomma, ‘na vera tragedia…
Non so come, ma il tutto è scattato in modo così dinamico e repentino da non farci sospettare neppure per un secondo del colpo di teatro che ci avrebbe atteso; eravamo così stupiti e felici (anche se dispiaciuti per i lutti avvenuti) dell’improvviso cambio di rotta, da eccerci bevuti tutta l’idea del finale alternativo, in barba ai dettami della fedeltà al romanzo. Al diavolo la regola Meyer, godiamoci questo colpo di scena… Ma poi lo  shockante lo stravolgimento, la ricomposizione del tutto, l’inevitabile edulcoratissimo happy end, quasi a dire: «Avremmo potuto fare un finale drammatico pieno di pathos se avessimo voluto (Bravi, eh?), ma dite la verità questo non è quello che desideravate? Quanto ci sareste rimasti male altrimenti? Eccolo qui tutto per voi il finale rosa che avete sognato per quattro anni». E così, a tradimento, ti ritrovi Alice che proietta ad Aro (e a noi) tutto quello che potrebbe accadere, ma che non conviene a nessuna delle due parti avvenga. Ovviamente Aro se la fa sotto per il destino che lo attenderebbe al varco e di fronte alle obiezioni di Caius, vorrebbe dirgli: «Guarda che ti sto facendo un piacere … se hai ancora una testa attaccata al collo devi dirmi grazie…».
E a quel punto avremmo voluto prendere a colpi d’accetta lo schermo, perché non si fa così… non si propongono due finali. Sono cose da soap opera come quando alla centesima puntata dalla morte di Taylor scoprivi che era tutto un suo incubo e lei tornava perfettamente in vita… O da Home Video: il finale alternativo.
Ripensandoci a freddo: è una conclusione talmente assurda che fa il giro completo e diventa colpo di genio assoluto. Chapeau Condon!

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