Un albero che cade
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Un albero che cade

Un albero che cade

Fa più rumore un albero che cade di mille che crescono. Undici parole, una grande verità.
Fa sempre più rumore quello che viene a insultarti rispetto a quelli che in silenzio ti stimano. Tu dovresti cibarti solo dei secondi e invece ti ritrovi ad accorgerti solo dei primi. Era appena uscito Il figlio più piccolo e di me si dicevano cose strabilianti. A ragione, eh? Ehi, non me la sto tirando, anzi. Mi è andata bene. È sempre quella cosa che poi ai premi si dà il “Miglior attore” e si fa un errore: fanno bene gli americani che danno la “Migliore interpretazione”.

Quella volta si erano proprio allineati i pianeti: il ruolo giusto, il grande regista, lo stato di grazia del regista stesso, un grandissimo cast e, alla fine, perché serve, io che sono bravo. Perché poi, in realtà, pensateci bene, siamo trincerati dietro l’idea che i “caratteristi” debbano solo far ridere. Debbano, anzi, fare solo quello: dovremmo ridere nell’esatto momento in cui un ciccione entra in scena. In quanto ciccione. In realtà non funziona più così. Perché poi succede che, nonostante il sovrappeso, noi si sappia anche recitare. Bene, anche. Perché non ci ha spaventato lo studio, la gavetta, la fatica, anzi, ce li siamo fatti piacere. E quindi non per forza esistiamo in scena solo in quanto ciccioni. Siamo lì in quanto bravi. Ma dicevo, era uscito da pochi giorni il film di Pupi e io leggevo grandi critiche positive. E poi io, che da un risultato all’anno mi ero ritrovato improvvisamente su Google con centinaia di migliaia di risultati (molti erano ripetuti, ma voi non ditemelo) pesco dal mazzo un blog di cinema, sette lettori in tutto, in cui il tenutario del suddetto blog, oltre a stroncare il film così tanto da sembrare che gli avessimo fatto un torto personale, scriveva di me: “la faccia più anticinematografica che si sia mai vista”.

Oh, sono passati dodici anni e io me lo ricordo ancora. Stampo quella pagina e la porto a Pupi in lacrime. E lui si incazza. Ma tanto. Mica col tizio: con me. «Cretino», mi dice. «Con tutte le cose belle che ti hanno detto, tu cerchi la negativa e te la stampi pure? Non è costruttivo, non è propositivo, voleva solo farti male!». «E me ne ha fatto», risposi io. «E sei cretino», rispose lui. E aveva ragione. Dodici anni fa dovevi aprirti un blog e scrivere una recensione, oggi basta il tuo account social e una giornata storta, e mandi affanculo anche De Niro o dai del cane a Sorrentino perché secondo te non sa girare.
Amico mio, vai a cagare. Perché c’è più bisogno di qualcuno che lavori a costruzione che non a consumo. L’odio vende ma non vince. E sai perché? Perché se un albero cade nella foresta e non c’è nessuno a vederlo, quell’albero, farà rumore? Ne sei proprio sicuro?

© Duea Film, Medusa Film (1)

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