Durante la lavorazione del suo nuovo film, Un giorno questo dolore ti sarà utile, Roberto Faenza ha tenuto una specie di diario, ora diventato un libro, nel quale racconta tutte le sue avventure di produzione e di post-produzione, parlando di cinema, star system, Hollywood, ma soprattutto dell’America di Obama.
Ecco un estratto del libro, edito da Aliberti Editore (160 pag., 14,50 euro), che tratta della differenza tra il cinema americano e quello italiano.
“Avviso ai registi italiani e ai tanti giovani aspiranti tali. La differenza tra il cinema che facciamo noi e quello che si fa in America è abissale. Qui si usano i film per fare i soldi. Da noi si usano i soldi per fare i film. Nessun regista o filmaker americano ragiona in termini solo “ideali”, in quanto il dio denaro qui è sovrano. Nessuno qui ha mai sentito parlare di fondo di garanzia, premi di qualità, incentivi statali. Al massimo le produzioni possono valersi di qualche deduzione delle tasse a seconda degli stati che le propongono per favorire il cinema e l’indotto. Lo stato di New York ad esempio proprio in questi giorni sta discutendo di introdurre una deduzione di circa il 30 per cento delle spese effettuate entro i propri confini. In Lousiana dove stanno girando un film con Bruce Willis lo stato è ancora più generoso e consente di dedurre sino al 40 per cento le spese. Schwarzenegger, ancora per poco governatore della California, alle prese con un deficit spaventoso,non ha potuto introdurre alcuna deduzione e così le produzioni sono entrate in grave crisi con un tasso di disoccupazione prossimo al 40 per cento. Tant’è che ora sono molti i finanziatori che lasciano Los Angeles per trasferirsi altrove. Sembrerà strano che un regista invece di parlare di cose creative e similari si occupi soprattutto di questioni economiche e finanziarie, ma sei vuoi fare un film qui non puoi farne a meno. Aveva ragione Orson Wells quando si lamentava di avere vissuto il novantanove per cento della sua vita «hustling»– che vorrebbe dire trafficando e doversi arrangiare per trovare i soldi – e solo l’un per cento a fare film, mentre avrebbe desiderato il contrario. Un minuto di riprese viene contabilizzato in dollari e se un regista perde anche un solo minuto la produzione gli presenta il conto a fine giornata. Se poi ogni giorno perdi tempo perché ti mostri incapace o incerto, rischi il licenziamento in tronco senza tanti preamboli. Nessun regista qui ha il final cut, come da noi, a meno di chiamarsi Scorsese o Tarantino.”
Sotto, la cover del libro Un giorno quest’America:
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