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Una selva social oscura

Una selva social oscura

Io sono uno stro**o. Notoriamente. La certezza di essere di tale fattura mi permette di rimanere coerente nel mio essere, fino in fondo, uno stro**o. Quasi ci godo. Dico “quasi” per quel vaghissimo sapore di pudore che ogni tanto mi pervade. Lo so che mi leggete. Fate finta di no, ma lo fate. “Ti ho letto” vi sfugge ogni tanto, e io torno a casa felice. E allora sapete quanta lontananza ci sia dal mio punto di vista, a livello semantico, tra le parole “modestia” e “umiltà”. Mi piacciono gli umili, detesto i modesti.

Le parole sono importanti, diceva uno dei più grandi di tutti, prima di scoprire Instagram e lamentarsi dei vincitori di Cannes in un post. Dall’alto e dal basso del mio punto di vista, però, mi ritrovo in selve oscure piene di rette vie e in alcune di quelle ci sono fuoriclasse che stanno svernando perché così ha deciso Twitter – che è il social peggiore di tutti e infatti non ci sono i ragazzi –, dove non ci sono i vecchi veri, ma solo i “mi do del vecchio per farmi dire che no” come me. Ed è tutto un dire, sulla qualità del posto. Ci sono solo alcuni. Quegli alcuni che c’hanno tempo, che danno le patenti di “impresentabilità”, come direbbe una scrittrice dalla penna sagace e tagliente, che ha litigato con tutti e che in fondo resta un po’ il mio mito, che leggo tutti i giorni in silenzio, perché una volta mi ha risposto male su un altro social e allora non gliela do, sta soddisfazione. Però ho comprato il suo libro e l’ho amato, capendo che su Twitter non ci devo scrivere più. Che non cito, sperando che non mi quereli.

Impresentabili sono quegli attori che faccio fatica a chiamare miei “colleghi”, per quanto così tanto grandi e talentuosi. E magari sgradevoli, come persone. E no, non mi interessa. Mi interessa che se riguardo I soliti sospetti, c’è un fuoriclasse, appunto, che zoppica e poi smette di farlo, e costruisce IL mito e un’interpretazione perfetta. E ora non godo più di quel talento. Denunciate, se dovete. Assolutamente. Ma scriviamo una legge per cui questi vadano in un carcere durissimo, orrendo, e poi possano stare sul set. Che faccia parte della pena. Che non possano smettere in alcun modo di arrecare beneficio, come in una legge crudele di contrappasso, col loro smisurato talento. Mandateli in carcere, se è giusto (e non discuto di questo), ma fategli fare il loro meraviglioso lavoro nel loro modo perfetto. Condannateli a rendere il mondo migliore.

Il talento ha vita propria: staccatela dall’essere umano. Che non giudicate voi, ma gente pagata per far questo chiamata, guarda un po’, “giudici”. Ridatemi la voce di Roberto Pedicini attaccata come solo lui sa fare a quell’attore lì. Che non cito per non farmi cancellare, che credete. Perché sono un vile, e a cancellare me, che basterebbe uno sputo di lama, ci mettete meno tempo che a pensare di farlo. Il destino, crudele anch’esso come nient’altro, ci ha tolto Philip Seymour Hoffman, River Phoenix, Robin Williams, Ennio Fantastichini e Picchio De Rienzo. E voi nemmeno sapete perché. Avete parlato, detto, giudicato, e non ci avete capito un ca**o. Non avete nemmeno immaginato che cosa volesse dire avere quel talento e rendere il mondo migliore. Ma se dobbiamo anche perdere talenti che potrebbero dare ancora tantissimo solo perché “impresentabili” ai vostri occhi, allora perché lamentarsi della mediocrità? È questo che volete, il niente. Cosa vuoi che sia? Passa tutto quanto. Solo un po’ di tempo, e ci riderai su.

Credit foto © PolyGram Filmed Entertainment, Spelling Films International, Blue Parrot

 

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