Under Paris, il film che vede al centro delle proprie vicende uno squalo che risale la Senna fino al cuore di Parigi, nelle ultime settimane ha catturato l’attenzione degli utenti Netflix, conquistando in pianta stabile le prime posizioni tra i contenuti più visti. Un successo che ha addirittura spinto alcuni a definirlo come il miglior film sugli squali dai tempi de Lo squalo, l’indimenticabile capolavoro di Steven Spielberg.
Si tratta, soprattutto in questo caso, di affermazioni forse fin troppo ottimistiche. Tuttavia, c’è da rimarcare come Under Paris presenti degli innegabili punti di forza che contribuiscono a sollevare il film dallo status di ennesimo shark movie fatto con lo stampino. Alcuni spunti narrativi contribuiscono infatti a rendere la trama del film sorprendentemente attuale e, inoltre, riescono in qualche modo a renderla più plausibile di quella dell’illustre papà dei blockbuster estivi del 1975. Ma facciamo un passo indietro.
Come ricorderete, ne Lo squalo le acque intorno alla fittizia isola di Amity diventavano teatro di una serie di attacchi mortali perpetrati dallo stesso esemplare di grande squalo bianco, il quale sembra prendere “possesso” delle acque intorno alla località. Sebbene nel film non ne venga fatto cenno, nel romanzo omonimo di Peter Benchley da cui è tratta la pellicola, il biologo marino Matt Hooper non riesce a comprendere le cause scatenanti in questo particolare esemplare tali comportamenti decisamente anomali per un grande squalo bianco, come – appunto – la territorialità, le dimensioni sopra la media e il suo attaccare sistematicamente gli esseri umani. Gli interrogativi di Hooper rimarranno senza riposta, con lo squalo che incarnerà agli occhi dei lettori e degli spettatori una furiosa forza della natura che ribadisce come non sia l’uomo il vero padrone dei mari, mettendo inoltre in forte crisi il sistema capitalistico rappresentato dalla stagione balneare dell’isola.
L’immagine dello squalo spietato assassino è stata inoltre veicolata dalla celeberrima e impattante locandina del film, che curiosamente non ritrae un grande squalo bianco, ma bensì uno squalo mako, specie proposta per la prima volta come antagonista nel 1999 in Blu profondo e che ora torna in grande stile proprio con Under Paris.
La trama del film di Xavier Gens ruota invece intorno a Lilith, uno squalo mako anch’esso decisamente anomalo, come ribadito a più riprese dai protagonisti del film. Lilith scatenerà la sua aggressività sui nuotatori in gara nella Senna, corso d’acqua che – soprattutto nel tratto che attraversa Parigi – è fortemente inquinato e quindi inadatto ad ospitare specie ittiche che non si siano adattate alle dure condizioni ambientali. Tutto questo senza contare che, notoriamente, gli squali non sono pesci d’acqua dolce, fattore che a primo impatto potrebbe rendere Under Paris ancora meno verosimile de Lo squalo. Eppure, a conti fatti, le cose sono ben diverse.
Il libro da cui è tratto il film di Spielberg prende infatti spunto da un reale e tristemente noto fatto di cronaca passato alla storia come gli attacchi di squalo del Jersey Shore del 1916. Questi si verificarono lungo la costa del New Jersey tra l’1 e il 12 luglio 1916, e portarono alla morte di quattro persone e alla perdita della gamba dell’unico sopravvissuto. I primi due attacchi, che portarono alla morte dei giovani Charles Epting Vansant e Charles Bruder, si sono effettivamente verificati lungo le spiagge di alcune rinomate località turistiche, e sconvolsero l’opinione pubblica americana, che proprio in quegli anni vedeva il boom degli stabilimenti balneari per le grandi masse.
Tuttavia, i restanti tre attacchi ebbero luogo parecchi chilometri più a nord, in una zona considerata tra le più improbabili che ci fossero, fattore che contribuì ad alimentare ulteriormente nel pubblico una vera e propria psicosi da squalo mangiauomini. Nel primo pomeriggio del 12 luglio, dei ragazzi della piccola cittadina di Matawan si recarono com’era loro abitudine a nuotare nel fiume locale, il Matawan Creek, lungo un tratto d’acqua dolce situato a ben 24 km dal mare.
Durante la nuotata, l’undicenne Lester Stillwell venne trascinato sott’acqua e i suoi amici – avendo riconosciuto l’animale – corsero in città per dare l’allarme urlando allo squalo. Un gruppo di adulti si recò immediatamente al fiume, convinti che il giovane Lester stesse annegando. Tra questi vi era l’uomo d’affari locale Stanley Fisher, il quale, tuffandosi nel tentativo di recuperare Lester, venne aggredito dallo squalo davanti a tutti i presenti. Fisher riuscì a divincolarsi e a raggiungere la riva gravemente ferito per essere portato in ospedale, dove sarebbe morto dissanguato poche ore più tardi.
Il quinto attacco vide invece coinvolto il quattordicenne Joseph Dunn, il quale venne attaccato meno di mezzora dopo quanto accaduto a Stillwell e Fisher. Quando venne aggredito dallo squalo, Dunn stava nuotando nel Matawan Creek, a poco meno di un km di distanza dal luogo dei precedenti attacchi. Il ragazzo fu salvato dal fratello e da un suo amico dopo un violento tiro alla fune con lo squalo, riuscendo a sopravvivere a fronte della perdita della gamba sinistra.
Ma come ha potuto verificarsi un attacco di squalo in un fiume d’acqua dolce a 24 km di distanza dal mare? Ad oggi è ritenuto quasi certo che il responsabile dei tre attacchi del Matawan Creek sia stato uno squalo leuca, specie ritenuta dagli scienziati la più aggressiva e imprevedibile in assoluto, capace inoltre di tollerare senza problemi l’acqua dolce e di risalire i fiumi e gli estuari. Tuttavia, pochi giorni dopo fu catturato nella zona dell’estuario un giovane squalo bianco con resti umani nello stomaco, e, sebbene il leuca rimanga quindi l’indiziato numero 1 per i fatti del Matawan Creek, l’ambiente e la dinamica degli attacchi avvenuti lungo le spiagge del Jersey Shore suggerisce che questi siano stati invece opera di un esemplare di grande squalo bianco. Oggi è infatti comunemente accettato come altamente probabile che in questa serie di attacchi sia stato coinvolto più di un esemplare, e di specie differenti. Il dibattito tuttavia rimane ancora aperto.
Gli attacchi, neanche a dirlo, generarono un’ondata di panico collettivo, scatenando una caccia indiscriminata allo squalo, che – proprio come nel film di Spielberg – come obiettivo ha avuto quello di eliminare gli squali predatori e salvare l’economia delle comunità marittime. La caccia allo squalo si sarebbe poi riacutizzata nuovamente dopo l’uscita del film Lo squalo, spingendo alcune specie di squali vicino all’estinzione in determinate aree. La causa di tali attacchi avvenuti in mare è tuttavia da ricercare non nella ferocia degli animali coinvolti, ma nell’esplosione del business degli stabilimenti balneari che persiste ancora oggi. Questo ha inevitabilmente spinto migliaia di persone a invadere inavvertitamente lo stesso ambiente degli squali, i quali sono spesso indotti a scambiare gli umani per le loro prede abituali, soffrendo inoltre la quantità sempre minore di prede disponibili a causa della pesca industriale.
Insomma, per quanto sia soggetta a grandi libertà creative, la spettacolare trama di Under Paris sembra essere molto più verosimile alla luce degli eventi avvenuti lungo il Matawan Creek. Dal canto suo, Lo Squalo trova invece il suo maggiore aggancio con la realtà non nella ferocia della creatura che ha terrorizzato Amity, bensì nel bieco interesse economico del business balneare che pretende di trattare il mare alla stregua della piscina di casa ignorando le creature che lo abitano.
Under Paris e Lo squalo sono attualmente disponibili in streaming su Netflix.
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Foto: Netflix / MovieStillsDB
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