Vallanzasca, quando il male seduce
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Vallanzasca, quando il male seduce

Affascinante, spavaldo e carismatico. Ma pur sempre un criminale. E' Renato Vallanzasca, l'angelo del male che divenne un vero divo e che Michele Placido ci racconta nel suo film interpretato da Kim Rossi Stuart

Vallanzasca, quando il male seduce

Affascinante, spavaldo e carismatico. Ma pur sempre un criminale. E' Renato Vallanzasca, l'angelo del male che divenne un vero divo e che Michele Placido ci racconta nel suo film interpretato da Kim Rossi Stuart

«Io non sono cattivo. Ho soltanto il lato oscuro un po’ pronunciato. Sono come un angelo affascinato dal buio». Potrebbe essere riassunto tutto in questa frase il film di Michele Placido su Renato Vallanzasca, un bandito che grazie a un fascino e un carisma fuori dal comune divenne  a partire dagli anni ’70 un vero e proprio personaggio. Un personaggio che sembra scritto apposta per un film; un John Dillinger italiano e anche qualcosa di più insomma. Per raccontarlo Placido ha scelto uno dei più bravi e belli del nostro cinema, Kim Rossi Stuart, e ha deciso di «fotografarne la mente criminale e non di farne la cronistoria giudiziaria», come ha raccontato ieri alle Giornate Professionali di Cinema di Sorrento (29 novembre – 2 dicembre) dove il suo film Vallanzasca – Gli angeli del male è stato presentato in anteprima. 
E proprio il lato affascinante e carismatico del Bel Renè, che in qualche modo rischia di far dimenticare quello più efferato del bandito, ha fatto discutere fin dallo scorso Festival di Venezia, dove il film è stato presentato fuori concorso, come ha raccontato sempre Placido: «Questo film ha fatto tanto rumore. A Venezia anche un sottosegretario lo ha criticato, ma senza nemmeno averlo visto. Perchè Vallanzasca è un personaggio scomodo che è stato al centro della cronaca».  Certo con la vita avventurosa, le evasioni, i matrimoni in carcere (con una delle tante ammiratrici Giuliana Brusa nel 1979  e nel 2008 con l’amica d’infanzia Antonella) e il successo con le donne magnetizzate da quegli occhi azzurri e da quei modi spavaldi non potevano che diventare materia prima con la quale tessere un film sulla sua vita. E come nella vita anche al cinema Vallanzasca conquista – impossibile negarlo – dall’inizio, quando scopriamo che il suo passato è segnato dal tragico evento del suicidio del fratello maggiore, cui era molto legato e che è lui a trovare senza vita, alla fine, quando magnanime risparmia un giovane carabiniere e ancora una volta dimostra di avere una sua “etica”. Un bandito insomma che si vorrebbe come amico e amante. Un uomo che con la sua disarmante arroganza ammette candidamente: «Io non sono una vittima sociale. Non vengo da una famiglia povera. Io potevo fare quello che volevo e ho deciso di fare il ladro». Solo che la verità non è tutta qua. La favola non è quella del ladro gentiluomo, ma del bandito che con la sua gang (la famosa Banda della Comasina) si è macchiato anche le mani di sangue. Il sangue degli agenti Luigi D’Andrea e Renato Barborini, ammazzati al casello di Dalmine nel 1977 durante un tentativo di fuga e di altri innocenti che hanno avuto la sfortuna di incrociare la strada di Renatino (come lo chiamavano) e i suoi amici. Reati di cui è stato accusato, ma per alcuni dei quali si è dichiarato innocente, senza mai per questo fare i nomi dei responsabili. Un’altra voce da aggiungere al suo codice d’onore: la lealtà.
E a chi chiede a Placido se sarà un nuovo Romanzo criminale lui risponde così: «Quella era una storia romana. Questa è una storia milanese. Vallanzasca è stato il numero 1, altro che Banda della Magliana. Gli attori sono tutti all’altezza e Kim Rossi Stuart è riuscito a essere affascinante quanto il vero Vallanzasca facendo un grande lavoro soprattutto per prendere la cadenza del dialetto milanese. Ha trascorso con lui molto tempo fino a riuscire a diventare lui». Un plauso però va a tutto il cast, da Filippo Timi, nei panni dell’amico d’infanzia Enzo, compagno di crimini e macchiatosi di una colpa (il tradimento) che Vallanzasca non gli ha potuto perdonare arrivando ad ammazzarlo con le sue mani, a Valeria Solarino, la bellissima compagna da cui ebbe un figlio, e ancora a Paz Vega, l’amica d’infanzia Antonella, la “sorellina” come la chiamavano Renato ed Enzo, diventata poi sua moglie nel 2008.
Un film che certo non può lasciare indifferenti e che chiede una presa di posizione: amare il personaggio e lasciarsi sedurre dal suo lato oscuro consapevoli che un film è sempre un film e non potrà mai raccontare tutta la realtà, o arrabbiarsi per l’assenza di una condanna morale nei confronti di chi ha rubato e ucciso e che ancora oggi sta scontando la sua pena (4 ergastoli e 260 anni). Per deciderlo non resta che aspettare l’uscita in sala del film, prevista per il 21 gennaio 2011.


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