Quattro arzille vecchiette e uno scapolo di mezza età, bevitore incallito, con madre anziana a carico e con un debito crescente nelle spese condominiali. Incredibile a dirsi, ma sono proprio loro i nuovi eroi del Lido. Per quell’;implacabile meccanismo che è il passaparola, a Venezia sono in pochi a non aver visto Pranzo di ferragosto, commedia divertente e senza pretese presentata nella sezione Settimana della Critica alla 65esima Mostra del Cinema e contemporaneamente distribuita da Fandango in 40 sale italiane. La storia è di quelle che incuriosiscono e strappano un sorriso fin dal soggetto, tanto più se si scopre che il regista/protagonista Gianni Di Gregorio (per anni sceneggiatore dei film di Felice Farina e Marco Colli, e dal 2000 coautore dei film di Matteo Garrone, che è anche produttore di questa sua opera prima) lo ha scritto sulla base della propria personale esperienza. Per saldare il proprio debito con l’;amministratore condominiale Gianni è costretto a concedergli un favore ospitando a casa sua l’;anziana madre di quest’;ultimo. La “sòla” come direbbero nella Capitale, dove il film è ambientato, è dietro l’;angolo, anzi, dietro la porta, dove Gianni trova invece di una, ben due simpatiche vecchiette da accudire per la festa di Ferragosto. Il debito di Gianni è piuttosto consistente e l’;amministratore ha pensato bene di lasciargli, oltre alla madre, anche la serafica zia Maria a cui badare. La riunione della terza e quarta età si allarga infine quando anche l’;amico medico, sempre pronto a correre per le crisi ipocondriache di Gianni, lo prega per stavolta di ricambiare il favore occupandosi della propria madre durante il suo turno di notte in ospedale. Le anziane signore si ritroveranno così a vivere per una giornata sotto lo stesso tetto con le inevitabili esilaranti conseguenze del caso. Tra pillole da somministrare prima e dopo i pasti, regole alimentari da far rispettare e “senili fissazioni” cui far fronte, Gianni si troverà a gestire l’;insolita combriccola con inatteso e spassosissimo colpo di scena finale. Vera forza del film, insieme all’;idea di fondo, le performance delle protagoniste. «Per le attrici», spiega il regista, «dopo aver incontrato delle professioniste, ho scelto delle signore che non avevano mai recitato, prive di vizi formali, in base alla forza della loro personalità. Durante le riprese mi hanno travolto. La storia cambiava in base ai loro umori, ma l’;apporto in termini di spontaneità e verità è stato determinante. Alcune riprese le ho addirittura rubate». Il risultato sono 75 minuti in cui si ride davvero e in cui l’;universo dei “vecchi” è dipinto senza pietismi e con un’;inattesa dose di vitalità che, omaggiando la miglior commedia all’;italiana, lascia spazio alla riflessione sull’;importanza della memoria e dell’;ascolto. Un gioiellino di comicità che ha entusiasmato il pubblico e la stampa della Mostra come pochi altri hanno saputo fare finora…
Al.Za.
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