Quando è sullo schermo sembra un gigante: Magneto, Jung, il pornodipendente di Shame, personaggi ambigui, potenti, carismatici, dissoluti, a cui regala quella sua capacità unica e personalissima di bucare lo schermo. Di persona, invece, Michael Fassbender è un tranquillo ragazzo irlandese (classe ’77) che scherza sui fantomatici party a cui partecipa a Venezia e sulle troppe birre che beve. Non deve scherzare molto giacché da quando è qua solo sui red carpet toglie gli occhiali da sole dalle lenti fumé, con cui nasconde i bagordi della sera precedente. Best Movie ha incontrato a quattr’occhi l’attore più richiesto, amato e corteggiato del momento. Un timbro di voce talmente profondo che sembra tracciare solchi nell’aria, con indosso una semplice camicia nera coordinata con le scarpe e un paio di Levi’s scuri, ha parlato tanto di cinema, ma non solo, anche di passioni, hobbies e molto altro ancora. Ecco cosa ci ha raccontato:
Best Movie: Lei è in Concorso con A Dangerous Method e Shame. Ma anche Tomas Alfredson la voleva per Tinker, Taylor, Soldier, Spy. Ha rischiato di non avere concorrenti qui alla Mostra per la Coppa Volpi…
Michael Fassbender: Ho cercato di estendermi a macchia d’olio e di eliminare ogni possibile concorrente.
BM: Perché secondo lei in questo momento tutti i registi più importanti, da Cronenberg, passando per Tarantino, fino al suo amico Steve McQueen vogliono proprio lei?
MF: Non so… è un po’ come quando tutti vogliono l’hula hop… Io penso semplicemente di essere un ragazzo molto fortunato, che per una particolare congiuntura astrale o allineamento dei pianeti sto vivendo un momento molto fortunato.
BM: Non pensa di esserselo meritato dopo aver tanto lavorato?
MF: C’è un sacco di gente che lavora sodo come me, ma non ottiene tutto questo. Io penso semplicemente che si tratti di destino
BM: Ha raccontato che per preparararsi ai film legge centinaia di volte i copioni, in più sembra sempre in cerca di ruoli molto complessi. Per lei la recitazione è una cosa dannatamente seria, non vero?
MF: In effetti, è proprio così. Probabilmente risponde al mio bisogno di essere focalizzato profondamente in qualcosa e di metterci tutto me stesso. Ed è anche vero che cerco sempre ruoli che pongono tantissime domande a cui non è facile rispondere. Quando ho lavorato sul personaggio di Shame, ad esempio, mi sono chiesto se anche io avessi una parte simile dentro di me. E’ un processo continuo.
BM: Per Hunger Steve McQueen l’ha fatta dimagrire 18 chili, in questo film l’ha trasformata in un sesso-dipendente compulsivo. E’ un’amicizia un po’ faticosa la vostra, non trova?
MF: Io penso che Steve voglia vedermi nudo, ecco qual è la ragione (ride).
Il regista passa di lì, proprio in quel momento e lui gli grida: “Vero, Steve, che ti sei inventato tutto Shame per mettermi in imbarazzo?”.
BM: C’è una bellissima complicità tra voi due. Com’è lavorare gomito a gomito con McQueen?
MF: Steve è la persona che mi ha portato al punto in cui sono. Dopo Hunger hanno cominciato ad arrivare i copioni. Io gli devo tutto e adoro lavorare con lui.
BM: Dopo aver fatto Jung crede di aver capito qualcosa in più della natura umana e di se stesso?
MF: Non sono un appassionato di certi argomenti. Non mi sono preparato granché per il ruolo. Ho evitato i saggi e ho comprato una specie di bigino che mi ha molto aiutato: Jung per i bambini. Per il resto mi sono affidato al copione.
BM: Non ha bisogno di riposo adesso? Non sente il desiderio di scrollarsi di dosso tutti questi personaggi?
MF: In effetti sì. Ho tirato tanto la corda e adesso ho bisogno di riposare. C’è stato un momento in Shame in cui ho capito che stavano per saltarmi i nervi. Uscivo da una serie di lavori, uno dietro l’altro, grandi progetti e agenda sempre piena di impegni… Ora devo fermarmi e rilassarmi un attimo.
BM: Potrebbe fare un giro in moto, come quello che ha fatto di recente con suo padre in Europa. Cosa le è piaciuto di più dell’Italia?
MF: Ho appena sentito mio padre che sta per tornare a casa da quel giro iniziato insieme. Sono i suoi ultimi due giorni di viaggio e sono davvero molto emozionato. Dell’Italia mi è piaciuta Firenze, che vedevo per la prima volta e, ovviamente, Roma. Tutti quei palazzi così belli… E poi mi piacciono proprio gli italiani, quel senso dell’umorismo per cui, come noi irlandesi, ci si stuzzica sempre un po’ a vicenda. Ci sono molte persone attraenti e ovviamente la cucina… Mi piace anche molto come guidano le persone: fanno cose assurde per la strada, ma per cui ci vuole una bravura incredibile nella guida.
BM: Che cosa avrebbe fatto se non fosse diventato un attore?
MF: A 17 anni ho provato a fare il chitarrista di una banda di heavy metal, ma poi è arrivato un chitarrista molto più bravo di me e così ho capito che non era quella la mia strada. Poi ho frequentato delle lezioni di recitazione e ho avuto un’illuminazione sul mio futuro.
BM: E’ migliorato il suo rapporto con la moda da quando va sui red carpet?
MF: Lei cosa dice? Mi vede? Diciamo che adesso ho molti più vestiti e posso scegliere molto di più, ma mi piace il casual. Sul set, invece, è bello poter indossare certi abiti, come ad esempio quelli di Magneto, elegantissimi e vintage, soprattutto quando capisci che sono perfetti per quel personaggio.
BM: Qual è il film che non si stancherebbe mai di rivedere?
MF: Il grande Lebowsi. L’ho visto talmente tante di quelle volte che saprei recitarlo a memoria e mi piacerebbe enormemente recitare un ruolo come quello. Adoro Jeff Bridges. Lo adoro dai tempi dei favolosi Baker e non ho mai smesso di amarlo fino a oggi che è diventato il Grinta. (Foto Luca Maragno)