Forse il problema maggiore del cinema italiano di qualità è questo: l’equivoco sulla giusta distanza tra documento e narrazione, realismo e genere, autorialità e commercio. I migliori, come Rosi o D’Anolfi e Parenti da una parte, Sollima e Mainetti dall’altra, hanno trovato un punto d’equilibrio. Altri galleggiano in questo equivoco.
Edoardo De Angelis, che è evidentemente un regista di talento, è un buon esempio dell’ultima categoria e Indivisibili ha molti pregi ma anche gli stessi guai che aveva Perez., cioè fatica a far coesistere indagine (sociale, politica) del territorio e racconto drammatico, denuncia e slancio poetico. Probabilmente perché si preoccupa di ciascuno di questi aspetti, invece di lasciare che la storia faccia il suo corso.
Indivisibili racconta di due gemelle siamesi, unite alla coscia, che vengono sfruttate dal padre come cantanti neo-melodiche, e al contempo sono – per lo zio e il parroco del paese – un progetto di sante. L’anomalia fisica, dunque, come segno divino e trampolino per la fama: il business dello show e quello della Chiesa miracolosamente riuniti.
L’intuizione è originale e potente, e Castelvolturno diventa luogo esemplare di come la religione e l’arte, nella loro astrattezza, siano un ricettacolo ideale di piccola criminalità: le cose migliori del film vengono tutte da qui, in particolare la scena splendida e terribile delle stigmate, e il concertino davanti alla voragine di cemento.
Purtroppo Indivisibili acquisisce via via i toni espliciti e prevedibili dell’operetta morale, con le due gemelle che affrontano meste il destino di tutte le madame Butterfly di questo mondo. E qui il film un po’ si impantana. Perché il lirismo è ostentato e perché, alla ricerca di simbolismi ed happy end, (SPOILER) le protagoniste si trasformano in due creature immortali, sopravvivendo senza ragione apparente all’annegamento (fine SPOILER).
In definitiva Indivisibili non è certo un film da buttare – per la grande intensità delle sue protagoniste e per l’occhio di De Angelis per il territorio e le sue contraddizioni -, ma è anche un’occasione persa per caos di ambizioni e foga poetica. Fosse stato un po’ più “energico”, specie nel terzo atto, poteva essere un capolavoro.
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