Paolo Virzì è il primo degli italiani a passare in concorso a Venezia 74. L’ha fatto oggi col suo primo film in lingua inglese e su suolo americano, The Leisure Seeker, storia di due anziani coniugi, Ella (Helen Mirren) e John (Donald Sutherland), malata terminale di cancro la prima ed ex docente universitario affetto da Alzheimer il secondo, che si lasciano alle spalle la famiglia e un avvenire da separati, preferendo alle cure mediche un viaggio insieme a bordo di un vecchio camper, The Leisure Seeker, letteralmente il “cercatore di svago”.
Da Boston alla Florida, un on the road di coppia per riassaporare il brivido della vita e della scoperta, la loro ultima possibilità per dare un senso ai ricordi migliori di una lunga esistenza trascorsa insieme. Il regista livornese è ovviamente raggiante e affabile come sempre e pare travolto lui per primo dall’entusiasmo per essersi ritrovato accanto a due mostri sacri della recitazione mondiale a dar vita a questa storia intima e toccante. Forse persino mesta ma sempre leggiadra, nei suoi sviluppi e risvolti. «Sono fiero di far parte della comunità italiana, mi sento parte del cinema di casa mia e per questo inizialmente ho tentennato – ha rivelato Virzì alla stampa – Ero affascinato dallo spirito ribelle e dallo spunto sovversivo del libro omonimo di Michael Zadoorian, ma mi turbava fare questo salto perché gli strumenti del mio mestiere sono la lingua e la padronanza di un paesaggio a me familiare».
«Quando ho detto che mi sarebbe piaciuto avere Donald Sutherland e Helen Mirren era un modo per proteggermi, sicuro dell’impossibilità della casa. Invece mi hanno detto subito di sì, Donald l’ha fatto addirittura dopo due giorni, quindi non potevo non fare questo film portandomi dietro il mio modo di vedere il cinema, la vita, e anche la mia troupe. Peraltro sapendo che sia Helen che Donald amano il cinema italiano e l’Italia. Li ringrazio moltissimo, sono state due creature meravigliose a sopportare un regista dal broken english come il mio. La Old Route 1 in fondo ha però lo stesso numero della Statale Aurelia, strada che ho fatto mille volte avanti e indietro da Roma a Livorno. La fine cui nel film approdano i miei personaggi, invece, io la trovo grandiosa, trionfale, piena di gioia, amore, rispetto».
«L’America del romanzo era più tucky, più pacchiana, culminava con Disneyland – prosegue il regista toscano – per cui abbiamo deciso di avvicinarla di più a qualcosa di nostro, con un professore ancora legato alla letteratura che ha insegnato tutta la vita, John, e accanto a lui una Helen affamata di vita». La pacatezza di Donald Sutherland, vecchia conoscenza del nostro cinema al fianco di registi come Fellini e Bertolucci, è invece totale e irresistibile, un po’ come la svagatezza carica di senso (e di assenza) che investe nel film il suo personaggio: «Quando Paolo Virzì è venuto da me non l’ho visto come un italiano, mi sembrava una persona universale, non solo per il fatto che non capivo una parola di quello che diceva in italiano. Paolo, a dirla tutta, mi pare davvero un regista con una straordinaria visione della verità».
Dello stesso avviso Helen Mirren, la gloriosa attrice inglese che se possibile pare ancora più stupita dal tocco del regista e dall’incontro con Virzì: «Per lui sono diventata la regina di un camper. Quello di uno straniero è un occhio meraviglioso per guardare a una cultura specifica o un paese specifico, dà profondità a quello sguardo. Un italiano che guarda il modus vivendi degli Stati Uniti e il paesaggio americano ha un occhio fresco, individuale, non influenzato dalla cultura pregressa. Paolo Virzì ha portato la sua umanità, la sua sensibilità; quando si vedrà il film si capirà che non poteva essere fatto da nessun altro. Il suo sguardo sull’America è stato generoso, gentile, non volgare, non critico».
«Il cinema italiano mi ha sempre influenzato – ha concluso la Mirren – ho girato a Venezia due volte, è una città splendida ma difficile per lavorarci. Incontrare Claudia Cardinale per la prima volta dal vivo è stato bellissimo. Lei, Sofia Loren e Monica Vitti sono le mie divinità, per non parlare di Anna Magnani, che è la mia dea più grande. Caligola, che ho fatto con Tinto Brass, era un film italiano e Tinto è un regista che amo moltissimo. Ma adesso mi sono innamorata di Paolo, un altro italiano!»
Qui la nostra sezione dedicata alla 74esima Mostra del Cinema di Venezia.
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