Come ormai sapete, anche per aver avuto l’occasione di seguire la diretta Facebook sulla nostra pagina ufficiale, nell’ambito del Festival di Venezia David Cronenberg, Spike Lee, Sandy Powell, Susanna Nicchiarelli e Blanca Suarez nel corso della Masterclass voluta da MasterCard hanno dibattuto sul futuro del cinema e su come l’innovazione tecnologica stia cambiando il paradigma tradizionale della Settima Arte.
Dopo Spike Lee (qui l’intervista video) abbiamo avuto l’onore di incontrare un maestro del cinema come David Cronenberg, realizzatore di film dirompenti come La mosca, eXistenZ e Videodrome, che hanno modificato profondamente il modo di fare cinema.
Gli abbiamo chiesto quale sia stato il film o il momento della sua carriera che ha rappresentato un punto di svolta nella concezione del cinema. Il regista canadese, che qui a Venezia riceverà il Leone d’oro alla carriera il 6 settembre, ci ha risposto indicando come turning point la lavorazione di Inseparabili (Dead Ringers in originale): «Quando lo stavo sviluppando e dovevo creare il gemello di Jeremy Irons. All’epoca non c’era una tecnologia che ti permettesse di farlo in modo appropriato. Era un cinema old-fashion, così ho incoraggiato la Panavision a creare dei monitor speciali per dare vita a una sovrapposizione sincronizzata di due riprese differenti, in cui Irons faceva in una un fratello e nell’altra il gemello. A quel tempo non c’era niente di professionale di quel genere e così dovettero usare la tecnologia utilizzata per le videocamere amatoriali. Quello fu l’inizio della mia sperimentazione in campo tecnologico. E questo succedeva prima dell’era digitale, quando era ancora tutto analogico, e fu piuttosto complicato, molto difficile. Fu quello il momento».
Gli abbiamo poi chiesto, dal momento che il suo cinema ha spesso mostrato come la tecnologia possa modificare il corpo umano, quale sia lo scenario odierno rispetto a questo tema. Secondo Cronenberg: «Il cinema sta cambiando, si sta trasformando. Le persone erano abituate a vedere i film sul grande schermo e quello era il cinema. Adesso ci sono migliaia di schermi; puoi guardare i film sul tuo Apple Watch o sul tuo iPhone, il tuo tablet o la Tv di casa. Penso che Netflix e tutti gli altri protagonisti del mondo streaming abbiano avuto un effetto dirompente in un modo molto interessante e positivo. Credo che la vecchia concezione del cinema stia morendo. Quando ero un bambino eravamo abituati a sentire la radio, ascoltavamo le serie drammatiche a puntate e questo oggi non esiste più. Non penso che il cinema tradizionale sparirà del tutto, ma si trasformerà e diventerà qualcosa di molto diverso».
Abbiamo chiesto anche a lui da dove tragga ispirazione per le sue opere. Ci ha risposto molto semplicemente: «Dalla vita. Per me il cinema o qualsiasi altra forma espressiva – ho scritto anche un romanzo – è un tentativo di spiegare a te stesso che cos’è l’essere umano in questo momento storico, quale sia la condizione umana. Così come le cose cambiano e ti sorprendono. Ecco cos’è l’ispirazione per me».
Gli abbiamo chiesto di parlarci dei suoi maestri, ma ha dichiarato di non pensare in termini di “maestro”, concetto che collega alla dialettica signore-servo di Hegel. Quanto al Leone d’oro alla carriera di cui sta per essere insignito, gli abbiamo domandato quale sia il premio ricevuto nella sua carriera a cui è più affezionato, ovviamente in quanto canadese si sente particolarmente fiero di essere stato proclamato Ufficiale dell’Ordine del Canada e felice di aver ricevuto la Legion d’Onor francese, ma anche il Leone d’oro alla carriera lo rende molto fiero, non solo per l’amore nei confronti di grandi registi del cinema italiano come Fellini o Antonioni, ma anche per il felice rapporto con la comunità italiana di Toronto, nella zona in cui è cresciuto.
Dal 2014, anno in cui Maps to the Stars, il suo ultimo film presentato a Cannes, il regista non ha più girato una nuova opera. Gli abbiamo detto che ci manca e che vorremmo sapere qualcuno sui suoi piani per il futuro: «Per un po’ ho pensato di andare in pensione e di smettere di fare film, ma ora sono molto interessato alle serie Tv come quelle di Netflix. Perché è cinema, ma un modo molto diverso di fare cinema. Ti richiede 2 o 3 anni di lavoro, 30 ore di filmato, è più come la lettura di un romanzo che fare un film. Questa potrebbe essere la direzione che imboccherò, ma non ne sono sicuro».
A proposito del titolo della sua filmografia a cui è più affezionato, ci ha detto che è «affezionato a tutti, perché ognuno di essi è quasi un documentario della mia vita a quel tempo. Quando guardo uno dei miei vecchi film ricordo cosa stava succedendo sul set, chi erano i miei amici, qual era la mia crew. Non ho davvero un film che preferisco, sono tutti molto importanti per me».
Riguardo a un possibile consiglio da dare a un giovane filmmaker che volesse seguire le sue orme, ha detto: «Non ho consigli, perché la situazione del cinema quando io ho cominciato è completamente diversa adesso. Quel cinema non esiste più, quindi quello che ho fatto allora è irrilevante ora. Anche solo il fatto che uno possa girare un film con il proprio cellulare. Devi solo provare e vedere se fa per te; ed essere onesto con te stesso. Devi scoprire se ti diverte davvero, perché magari è molto diverso da quello che immaginavi. Quindi l’unico consiglio che mi sento di dare è che, a seconda del contesto in cui si vive e delle possibilità economiche che offre, cercare di fare il regista e vedere come va».
Riguardo ciò, gli abbiamo ricordato che nel corso della sua carriera ha rifiutato molti ruoli commerciali come Star Wars: Il ritorno dello Jedi (ma anche Atto di forza e altri sci-fi o action movie diventati blockbuster). Gli abbiamo chiesto se sia avvenuto per scelta o per le circostanze. Cronenberg ha detto: «Se accetti di fare un film che richiede due anni della tua vita e tu senti che non ti piace o che non sei adatto. Io non sentivo di essere il regista più adatto per quello Star Wars, che in quel momento si chiamava ancora La vendetta dello Jedi e poi sarebbe diventato Il ritorno dello Jedi, e questo è stato il motivo per cui ho rifiutato, perché richiede un grande impiego di energia e tempo». In relazione a questa risposta gli abbiamo chiesto conferma del fatto che dunque nella sua carriera non ha mai ragionato in termini di soldi. Lui ha risposto: «I soldi sono sempre un fattore da considerare, perché sono importanti per vivere, ma non sono il fattore principale». Quindi è più importante la passione? lo abbiamo incalzato noi. Ha concluso, dicendo: «Devi sempre provare passione o non sopravviverai. Non sopravviverai per spendere quel denaro».
Qui sotto potete vedere l’intervista video completa: