Il regista greco Yorgos Lanthimos è il nuovo grande beniamino dei festival internazionali. Non sbaglia un colpo, va praticamente sempre a premio e con The Lobster e Il sacrificio del cervo sacro ha costruito intorno a Colin Farrell un dittico provocatorio e spiazzante come nessun altro autore contemporaneo ha saputo fare con un divo hollywoodiano, portandolo a soglie di follia e paradossalità mai viste. Non ha certo bisogno di presentazioni, dunque, il regista di Alps e Dogtooth, che torna a Venezia, dove vinse il premio alla miglior sceneggiatura proprio per Alps nel 2011, con The Favourite (La Favorita), vicenda di uno scontro tutto al femminile alla corte di Anna d’Inghilterra (Olivia Colman), nei primi del ‘700.
Unico film di cui Lanthimos non ha scritto la sceneggiatura, nonché suo primo lavoro in costume, The Favourite è infatti collocabile tra il 1702 e il 1707, quando il paese britannico erra in lotta con la Francia, conflitto definito “la prima guerra dei tempi moderni”. «Ero attratto da questa sceneggiatura che già esisteva prima che io mi c’imbattessi e sono rimasto affascinato da questi personaggi femminili che erano prima di tutto persone reali, adatte a creare tre donne complesse – dice Lanthimos presentando il film in conferenza stampa a Venezia – Credo sia qualcosa di molto raro da trovare in un film. Non avevo mai fatto film in costume e cimentarsi con questo genere crea una certa distanza, che ti permette di vedere molte cose più chiaramente. Motivo per cui sono stato entusiasta di farlo, ci abbiamo messo nove anni ad arrivare al prodotto finito attraverso varie deviazioni e variazioni. Le mie donne? Fantastiche e orrende. Ma non è un film sul #MeToo…».
La guerra senza esclusione di colpi vede protagoniste Lady Sarah Churchill, duchessa di Marlborough (Rachel Weisz) e la giovane cugina Abigail Masham (Emma Stone), che dopo la bancarotta della sua famiglia viene assunta come cameriera. La ragazza, solo in apparenza innocua e silenziosa, mirerà a diventare la “favorita” della regina, donna infantile, bambinesca, fuori di testa, in un irresistibile e macabro valzer sessuale e politico. L’attrice premio Oscar per La La Land, anch’ella presente al Lido dove l’attende un bagno di folla, dice: «Ho amato molto fare questo personaggio, ma ho cominciato a capirlo man mano che lo giravo, grazie alle indicazioni di Yorgos. Ho capito che ci sarebbero stati più silenzi e più sguardi di quanti mi sarei aspettata. Ero anche l’unica americana nel cast ed era una sfida avere l’accento giusto e non trovarsi a essere l’unica con una parlata fuori posto in uno gruppo di britannici. Se la rivalità a Hollywood è la stessa di questa corte? Oh sì!».
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La Colman invece vestirà i panni della regina Elisabetta II anche in The Crown, dove si avvia a sostituire Claire Foy, passata ieri dalla Mostra a presentare First Man: una girandola di incroci mica da ridere. «La regina Anna era fantastica da interpretare – dice l’interprete, straordinaria nel film per tempi e toni, tragici e comici – sente tutto e percepisce qualsiasi cosa, ma è una donna senza fiducia in se stessa, non sa nemmeno se ama genuinamente, è troppo potente e questo la schiaccia.»
The Favourite è anche un film, come sempre accade con Lanthimos, molto stratificato: «Vedere come i potenti influenzano tantissime persone prendendo una decisione in un battibaleno mi pareva un tema senza tempo. Non so perché uso così tanto il grandangolo nei miei film, il modo in cui si gira è sempre molto istintivo e personale, si sente quando le cose sono giuste sul set ma non c’è una spiegazione. Sto sperimentando sempre più questo strumento, soprattutto nei miei ultimi film, per dimostrare, in questo caso, la contraddizione tra delle figure solitarie immerse e degli ambienti molto vasti. Abbiamo usato location reali, tutti i posti che abbiamo visto erano pieni di oggetti e spesso abbiamo dovuto svuotare le location.»
A un suo connazionale che gli chiede se tornerà mai a girare in patria, Lanthimos lascia infine la porta semi-aperta, prima di congedarsi: «Mi ha fatto questa domanda in tantissimi festival e quello che posso dire è che se troverò la storia giusta, in lingua greca e in un’ambientazione ellenica, tornerò molto volentieri. In Grecia c’era generosità sui miei set, le persone ci prestavano le macchine, qualcosa di molto lontano dal fare un film in costume in Inghilterra con cast hollywoodiano. In Grecia è difficile mantenere il progetto dentro un ambiente più professionale, più strutturato, si tratta di situazioni molto diverse. Ma perché no!».
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