Eloise (Thomasin McKenzie) si trasferisce a Londra con il sogno di diventare una fashion designer. In passato, ha subìto un lutto che continua a tormentarla. L’impatto con la grande città non è semplice per una ragazza che viene dalla Cornovaglia, lo studentato dove dovrebbe vivere non è un ambiente che fa per lei. Decide quindi di affittare una stanza a casa di un’anziana signora. Una notte, comincia a sognare la Londra degli anni Sessanta e una giovane bella e piena di talento, Sandie (Anya Taylor-Joy), che cerca di sfondare nello spettacolo. Fino a quando il passato non diventa un incubo che rischia di invadere il presente.
Last Night in Soho, presentato Fuori Concorso alla 78esima Mostra del cinema di Venezia, è il nuovo film di Edgar Wright, regista di culto della Trilogia del Cornetto (composta da L’alba dei morti dementi, Hot Fuzz, La fine del mondo), Scott Pilgrim vs the World e Baby Driver, che dopo pellicole dai toni più leggeri decide di mettere in scena un thriller psicologico cupo dalle tinte horror. «Volevo raccontare una storia che, prima di tutto, spaventasse me e sulla quale valesse la pena lavorare per dieci anni. E desideravo girare un film a Soho, nel pieno centro di Londra, dove erano molti anni che non si girava un film».
Il film vede come protagoniste due giovani star sulla cresta dell’onda, Thomasin McKenzie (JoJo Rabbit, Old) e Anya Taylor-Joy (The Witch, La Regina degli Scacchi). «Lavorare con Thomasin è stato grandioso – ha dichiarato la Taylor-Joy, presente al Lido – abbiamo subito legato come due sorelle, non avrei potuto sperare in un’alchimia umana e professionale migliore. È stato bellissimo avere una partner ideale con la quale condividere un’esperienza così bella e intensa».
In merito all’ambientazione della Londra negli anni Sessanta, Wright ha dichiarato che da tempo desiderava portare in scena quell’epoca: «Adoro lo stile, i film e la musica di quegli anni. Sono cresciuto con i dischi dei miei genitori, tutta musica degli anni Sessanta, proprio come Eloise (il personaggio della McKenzie, ndr) fa nel film. Quelle canzoni significano molto per me, mi emozionano e mi divertono».
La musica gioca un ruolo centrale nel film, al punto che Wright inizia a pensare alle canzoni da inserire nei suoi lavori fin dalle prime fasi di sviluppo: «Ci sono voluti dieci anni dalla scrittura del soggetto alla stesura della sceneggiatura. In questo lungo periodo, così come altri prendono appunti per fissare certe idee, io faccio elenchi di musiche e canzoni che mi ispirano certe scene o passaggi della storia». Anche il lavoro sul set è ispirato dalla musica scelta da Wright, dice Anya Taylor-Joy: «È fantastico recitare con la musica sul set, Edgar la usa come se fosse un personaggio, introducendola già in sceneggiatura. Mi ha aiutata nella preparazione del mio personaggio».
Matt Smith, invece, ha confessato, da appassionato di moda, di amare lo stile di quel tempo, che dal suo punto di vista si sposa alla perfezione con il gusto registico di Wright.
Nel cast troviamo anche due veterani del cinema inglese come Terence Stamp e Diana Rigg, deceduta poco dopo la fine delle riprese. «Diana Rigg è sempre stata una delle mie attrici preferite – ha confessato Wright – una vera leggenda. È stato un onore per me poter lavorare con lei e il dispiacere di sapere che non potrò più passare del tempo con lei viene spazzato via dai ricordi magnifici legati alla lavorazione di questo film».
Con la miniserie La regina degli scacchi, Anya Taylor-Joy è divenuta una vera e propria star internazionale, ma la giovane attrice non ha intenzione di farsi influenzare troppo dal successo. «Mi sento fortunata di aver avuto la possibilità di lavorare a tutti i progetti a cui ho partecipato finora. Il successo e la notorietà fanno piacere, ma le cose più importanti per me restano il lavoro e la possibilità di lavorare con persone stupende come mi è capitato sul set di questo film».
Ha concluso Wright: «La mia idea è sempre stata quella di costruire un thriller psicologico intenso, con meno leggerezza e comicità – comunque presenti – rispetto ai miei film precedenti. Mi sono lasciato ispirare dai film di registi che amo come Alfred Hitchcock, Dario Argento e Mario Bava. Volevo raccontare una storia nelle corde dei film di questi grandi registi che amo ambientata nella mia città preferita, che potesse riflettere in maniera diversa dal solito su un’epoca. Quando qualcuno pensa agli anni Sessanta pensa a un periodo da favola, perfetto e colorato. Ma non dobbiamo dimenticare che, come in ogni altra epoca, la società di quei tempi era piena di insidie. È pericoloso idealizzare il passato, si rischia di riperterne gli errori».
Foto di copertina: Getty (FILIPPO MONTEFORTE/AFP via Getty Images)
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