Gabriele Santoro (Silvio Orlando) è titolare di una cattedra di pianoforte al conservatorio San Pietro a Majella di Napoli e vive una vita da lupo solitario, passando la maggior parte del tempo nel suo appartamento. Un giorno, scopre che un bambino è riuscito a intrufolarsi in casa sua in cerca di un nascondiglio. È Ciro (Giuseppe Pirozzi), il bambino della famiglia che vive nell’attico del suo palazzo. Quando gli chiede perché si stia nascondendo dai suoi genitori e da tutte le persone che lo cercano, il bambino non risponde. “Il Maestro”, così tutti chiamano Gabriele, percependo il pericolo che corre il bambino, deciderà di tenerlo nascosto.
Con Il Bambino Nascosto, film di chiusura della 78esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, Roberto Andò adatta per il grande schermo il suo romanzo omonimo (edito all’inizio del 2021 da La Nave di Teseo) e racconta la storia di un’improbabile amicizia destinata a cambiare tanto la vita del bambino in pericolo quanto quella del maturo insegnante. «Mi è venuta in mente questa immagine, un bambino che attraversa una porta e incontra una persona solitaria con la quale poter creare una sorta di zona franca, un luogo sicuro nel quale rifugiarsi per fuggire dal suo mondo pericoloso. Si sente spesso parlare degli episodi di violenza eclatante, caratterizzati dal sangue, ma la violenza è ormai radicata nella quotidianità della nostra società. Le istituzioni non sono in grado di intervenire in maniera rapida su situazioni come quella che raccontiamo nel film, sempre più spesso i bambini sono costretti a entrare nel mondo criminale soltanto per provare a loro stessi che esistono. In questo vuoto istituzionale, Gabriele diventa una sorta di eroe involontario, disposto a tutto pur di difendere il piccolo Ciro».
L’appartamento nel quale si svolge buona parte del film è stato ricostruito in studio a Roma. In quattro settimane, sono state girate tutte le scene in interni. «Questo mi ha aiutato molto nella costruzione del personaggio – ha dichiarato il giovanissimo protagonista Giuseppe Pirozzi – per me che sono alle prime armi, è stato molto utile che fosse lo scorrere del tempo durante la lavorazione a farmi scoprire chi era Ciro. Inoltre, lavorare con Silvio è stato divertente e formativo». Orlando non nasconde le sue iniziali preoccupazioni in merito a lavorare con un attore così giovane: «Lavorare con i bambini è sempre difficile all’inizio, a causa della distanza non solo di età, ma anche di mentalità che dobbiamo affrontare. Ma grazie a Roberto e alla collaborazione con Giuseppe, devo riconoscere che si è venuta a creare un’alchimia speciale, sfociata in un rapporto di amicizia e stima reciproca. Questo mi ha aiutato nel creare il mio personaggio, un uomo che cercando di aiutare questo bambino in pericolo cerca anche di salvare se stesso dalla prigione che si è creato».
Nel cast troviamo anche Lino Musella, giovane attore visto alla Mostra anche nel film di Paolo Sorrentino È stata la mano di Dio e in quello di Mario Martone, Qui rido io. «Interpreto un piccolo criminale. Avevo già interpretato personaggi del genere, come nella serie Gomorra. Anche in questo caso, ho cercato di evitare di creare un personaggio stereotipato, cercando dentro di lui un qualche tipo di umanità. Da giovane, il mio personaggio è stato allievo di pianoforte del personaggio interpretato da Silvio. Per lui, varcare la soglia dell’appartamento del Maestro è come entrare in contatto con il suo passato, con una sua vita passata che non esiste più. Questo lo costringe a fare i conti con i suoi demoni».
È la seconda volta che Roberto Andò adatta un suo romanzo per il cinema (la prima era stata con Sotto Falso Nome, nel 2004): «Insieme a Franco Marcoaldi, che ha scritto la sceneggiatura con me, abbiamo da subito deciso di sfoltire molto la trama più ricca di eventi del romanzo. Per noi quello che contava era quello che succedeva nella casa del Maestro tra lui e Ciro». «È stata la mia prima esperienza di scrittura per il cinema – ha concluso Marcoaldi – per me era molto importante che il libro non influenzasse troppo la struttura del film. Per questo abbiamo lavorato molto in sottrazione per portare la storia ai suoi minimi termini. Ci interessava raccontare la storia di due persone agli antipodi che rischiano di rimanere vittime di un tragico destino comune, quello di un auto esilio umano. Gabriele e Ciro sembrano rassegnati a vivere la vita che è toccata loro, ma io credo fermamente che il destino delle persone non sia scritto e che per vivere ci voglia coraggio. Oggigiorno, c’è bisogno di molta umanità, per questo mi piace pensare che la nostra è una storia mossa da un’eccedenza di amore di fronte alle rigide regole di una società ormai allo sbando».
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