Avvincente storia di tradimento e vendetta, ambientata nel clima brutale della Francia del XIV secolo, The Last Duel di Ridley Scott, presentato oggi fuori concorso a Venezia 78, è un film epico storico e un dramma provocatorio che esplora l’onnipresente potere dell’uomo, la fragilità della giustizia e la forza e il coraggio di una donna pronta a mettersi da sola al servizio della verità.
Basato su fatti realmente accaduti, il film, in arrivo nelle sale italiane dal 14 ottobre distribuito da The Walt Disney Company, fa luce sulle ipotesi a lungo tenute per vere riguardo all’ultimo duello legalmente autorizzato in Francia, disputato tra Jean de Carrouges (Matt Damon) e Jacques Le Gris (Adam Driver), due amici diventati acerrimi rivali. La moglie di Carrouges, Marguerite (Jodie Comer), viene brutalmente aggredita da Le Gris, ma questi respinge l’accusa. Tuttavia la donna rifiuta di stare zitta e si fa avanti per accusare il suo aggressore: un atto di coraggio e di sfida che mette a repentaglio la sua vita. Ne segue un estenuante duello a morte che mette il destino dei tre nelle mani di Dio.
«Il libro è stato scritto all’inizio degli anni 2000 credo, i diritti erano già stati presi dopo che avevamo tenuto gli occhi per il libro per un po’ – racconta Matt Damon presentando il film in conferenza stampa – L’ho letto e cercavamo un soggetto con Ridley, abbiamo cominciato a parlarne e non conosco nessuno che affronti questo tipo di film meglio di lui. Pure Ben e io abbiamo iniziato a parlarne e il progetto è partito».
«L’idea era che io e Ben ci occupassimo dei punti di vista e dei capitoli sui personaggi maschili e che la sceneggiatrice Nicole Holofcener di quelli sul personaggio femminile – spiega Damon in merito al processo di scrittura a sei mani – Ci siamo parlati tra noi perché le cose che accadono nel terzo atto hanno dei prequel nel primo atto, per cui ci siamo dovuti confrontare accostando le nostre bozze di scrittura. Negli anni ’90, quando io e Ben scrivevamo, capivano di personaggi ma non di struttura, pur avendo letto molte sceneggiature non eravamo in grado. Avevamo scritto insieme migliaia di pagine che non sono mai state usate. Tutti e due lavoravamo tanto, avevamo vite piene ma eravamo poco efficienti».
«Ben e Matt bisogno di qualcuno che scrivesse la parte femminile di Marguerite e sono stati saggi nel non cercare di farlo loro. Ho scritto io la parte di Jodie e abbiamo comunque collaborato sui tre personaggi principali», aggiunge la co-sceneggiatrice .
«Sì, mi considero femminista e il personaggio di Marguerite in questo film era davvero molto forte, già nel libro, in termini di narrazione classica – dice invece Affleck – Una persona cui era stata fatta un’ingiustizia che cercava giustizia rischiando se stessa in prima persona. Una storia che la gente non conosceva su una donna della Storia, estremamente moderna e capace di creare empatia, sviluppando negli spettatori compassione e l’idea di poterci guardare con più empatia gli uni con gli altri. Non si trattava solo di un’accusa a un cattivo, ma un’indagine sui precedenti culturali nei quali le donne venivano considerate solo delle proprietà, cosa che in alcuni paesi del mondo tra l’altro rimane ancora oggi. La cavalleria riguardava far scendere la dama dalla carrozza, proteggerla, ma in realtà era un comportamento che negava il suo essere un essere umano alla pari. La parola “Uomo” in passato si riferiva a uomini e donne contemporaneamente ed era un modo sessista di riferirsi a tutta l’umanità».
«Quando ricevi una telefonata da Matt Damon su un libro si risponde necessariamente sì, era il Natale del 2018 nel mio caso – ricorda Ridley Scott, che a Venezia riceve anche il premio Cartier Glory to the Filmmaker – Matt era preso da questo progetto, abbiamo parlato per sei settimane. Di solito cerco materiale che non ho fatto prima e qualcosa di fresco e diverso. Non ho mai fatto un western ad esempio, e vorrei farlo adesso. Conoscevo bene il periodo avendo fatto film d’epoca, come Le crociate ad esempio che era ambientato più o meno nello stesso momento storico. Alcune cose mi sono risultate più facili, ma il film doveva essere sviluppato da tre punti di vista diversi. Non trovo sia gratificante fare drammi epici per viaggiare nel tempo, però ironicamente vivo dal 1982 in una casa del Surrey che è del 1360, credo che sarei dovuto nascere in quel periodo perché mi piace il profumo di quegli anni».
«Volevo assicurarmi di impersonare ciò che Nicole aveva scritto – dice infine Jodie Comer, che tornerà a collaborare con Scott impersonando Giuseppina, moglie del Napoleone di Joaquin Phoenix, nel suo prossimo Kitbag – I tre sceneggiatori mi hanno invitato a sedermi con loro, a esprimere le mie opinioni prendendole in considerazione come poi ha fatto anche Ridley. Come attrice è stato straordinario avere la libertà di rispecchiare il punto di vista di Marguerite. Quando si fa un film si cerca sempre di fare il proprio meglio per essere autentici ed è ciò che faccio quando recito. Sapevo quanto quest’esperienza si collegava alle lotte del movimento Me Too, ma non volevamo metterci su un piedistallo per dire: “Guardate cosa succedeva a quei tempi e cosa continua a succedere oggi”. L’abbiamo portata in scena con la sua sofferenza in maniera delicata, e spero quest’aspetto emerga».
Foto di copertina: Getty (MARCO BERTORELLO/AFP via Getty Images)
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