Napoli, inizio Novecento. La maschera teatrale di Felice Sciosciammocca ha sostituito quella storica di Pulcinella nel cuore della città e il suo creatore Eduardo Scarpetta è il re del botteghino. Tutto va per il meglio, fino a quando l’artista decide di mettere in scena la parodia de La Figlia di Iorio, tragedia di Gabriele D’Annunzio. La sera della prima, l’esibizione viene interrotta dai fischi e dalle grida, un putiferio a seguito del quale D’Annunzio decide di denunciare Scarpetta per plagio. Gli anni successivi saranno logoranti per il comico e per la sua famiglia composta da mogli, amanti, figli legittimi e illegittimi, tra i quali Eduardo, Peppino e Titina, destinati a diventare leggende del teatro. È questa la storia dietro a Qui Rido Io, film di Mario Martone presentato in concorso a Venezia 78.
«L’idea per questo film è nata durante la lavorazione de Il Sindaco del Rione Sanità – ha dichiarato in conferenza stampa il regista – mi ha colpito quanto fosse importante, in quel testo (così come in altri, tipo Filumena Marturano) di Eduardo De Filippo, il tema della paternità negata. Insieme a Ippolita Di Majo [la co-sceneggiatrice ndr] abbiamo pensato che ci fosse un mistero da esplorare, il mistero di una famiglia/tribù straordinaria che ruota attorno alla figura quasi mitologica di Eduardo Scarpetta, spinto da una grande fame di riscatto e rivalsa verso il Mondo».
Tramite la storia di Scarpetta e della sua famiglia, Qui Rido Io permette a Martone di raccontare anche una pagina importante della storia di Napoli. «Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento – ha dichiarato – Napoli ha vissuto un momento artistico straordinario, grazie al Teatro, alla Musica e al Cinema» e infatti il film inizia con una ripresa della città che i Fratelli Lumiére hanno girato nel 1895. «Un mondo straordinario che desideravo raccontare con una storia costruita come un romanzo, dove ogni elemento ha la sua specifica importanza» ha aggiunto Martone.
Il protagonista del film Toni Servillo invece si è detto molto emozionato: «Per noi questo progetto ha un significato speciale. Ho interpretato Scarpetta come se fosse un animale costantemente a caccia, spinto da una brama di vivere che gli fa fissare i confini di caccia per poi attaccare le sue prede: le donne, i teatri, le città, l’attenzione, in uno scambio straordinario tra vita vera e palcoscenico, a dimostrazione di quanta vita ci sia nel teatro e viceversa».
Iaia Forte, tra le protagoniste femminili del film, ha elogiato il lavoro di scrittura fatto sui personaggi, soprattutto su quelli delle donne appartenenti alla famiglia Scarpetta: «Trovo che questo film abbia delle figure femminili meravigliose, forti, determinate, speculari a quelle maschili, come molti celebri personaggi delle commedie di Eduardo De Filippo».
Tra di esse, la più importante è Rosa De Filippo Scarpetta, moglie di Eduardo, interpretata da Maria Nazionale. In conferenza stampa l’attrice l’ha descritta così: «Rosa è un personaggio tenace, forte, è lei a reggere in piedi la famiglia, cercando di tenere testa al marito. Questo progetto mette in luce questo personaggio rimasto in passato troppo in secondo piano rispetto a quello del marito e dei suoi tre figli illegittimi e grandi commediografi. Il suo ruolo è stato fondamentale per la grande e bizzarra famiglia di Scarpetta».
Il film, prodotto da Indigo Film, Rai Cinema e Tornasol, può vantare un comparto tecnico di alto livello, grazie alla fotografia di Renato Berta, alle scenografie di Giancarlo Muselli e Carlo Rescigno e ai costumi di Ursula Patzak. «Il film è girato quasi esclusivamente in interni, pensato come un testo teatrale – ha specificato Martone – visivamente, ho cercato di rendere il teatro e la casa degli Scarpetta il più simili possibili, per dare l’idea che, una volta sceso dal palco, Scarpetta continuasse a recitare nella commedia della sua vita. Infine, non posso non citare la musica, vera scenografia sonora del film, composta da canzoni scelte puramente con il cuore, appartenenti anche a periodi storici diversi da quello del film».
«La battaglia tra Scarpetta e i suoi avversari del tempo – ha concluso Martone riflettendo sui temi del film – i nuovi autori come Salvatore Di Giacomo e Libero Bovio, che testimoniarono contro di lui durante il processo per il presunto plagio dell’opera di D’Annunzio, è simbolica non solo dell’esperienza di ogni artista, ma di ogni essere umano. Prima o poi, proviamo tutti la sensazione di essere superati, di non essere più in luce e al centro dell’attenzione. Tutto cambia. Nel film, rappresentiamo questa presa di coscienza da parte di Scarpetta, che da quel momento in poi vivrà la sua vita con una malinconia che lo cambierà per sempre».
Foto: Vittorio Zunino Celotto/Getty Images
© RIPRODUZIONE RISERVATA