Venezia 80, tutte le recensioni dei film più attesi alla Mostra del Cinema
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Venezia 80, tutte le recensioni dei film più attesi alla Mostra del Cinema

Da Ferrari a Comandante, passando per Poor Things e Dogman: ecco il parere di Best Movie sui film in concorso a Venezia 80

Venezia 80, tutte le recensioni dei film più attesi alla Mostra del Cinema

Da Ferrari a Comandante, passando per Poor Things e Dogman: ecco il parere di Best Movie sui film in concorso a Venezia 80

VENEZIA 80

È ufficialmente iniziata la 80° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia: il Lido della città lagunare più famosa al mondo ha già iniziato ad ospitare registi, attori e attrici di fama mondiale e i loro film. In concorso ci sono tanti titoli di spessore: da Poor Things di Yorgos Lanthimos alla nuova fatica di Luc Besson, fino all’atteso Ferrari di Michael Mann. Promossi o bocciati? In questo articolo raccoglieremo, per tutta la durata della Mostra di Venezia, le recensioni dei film più attesi. Giorno per giorno, caricheremo i pareri della redazione di Best Movie per offrirvi una pratica guida tra le varie opere del concorso principale di Venezia 80 e delle altre sezioni.

Pronti? Si parte!

 

LE RECENSIONI DI VENEZIA80

 

  • Comandante di Edoardo De Angelis

Comandante Pierfrancesco Favino

“Comandante”, ambizioso kolossal bellico più funereo che spettacolare, sceglie la più impervia e difficile per raccontare l’eroe di guerra fascista Salvatore Todaro: l’affresco corale sulla pietas che riscatta l’ideologia, sul duro tormento dell’uomo che arricchisce di sfumature il supplizio della disciplina marziale.

QUI LA RECENSIONE COMPLETA

 


  • El Conde di Pablo Larraín

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El Conde sta a Pablo Larraín come Bardo sta a Iñárritu: un film senz’altro libero, col quale il regista rivisita il passato sanguinoso del Cile di Pinochet rendendo il dittatore un mostro letterale, un vampiro. Un divertissement che tuttavia si esaurisce nella sua premessa: questo biopic è molto lontano dalle sfumature di Spencer e oltre all’aspetto allegorico e alla satira politica di grana grossa non c’è molto.

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  • Ferrari di Michael Mann

Ferrari Michael Mann Adam Driver

Ferrari porta con sé lo straniamento per l’italianità vista dall’America di House of Gucci e la tetra cupezza del Pasolini di Ferrara, ma di mezzo c’è la maestria di Michael Mann, cineasta puro innamorato tanto della perizia tecnica quanto dei fantasmi sfuggenti del desiderio.

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  • Dogman di Luc Besson

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Con Dogman, Luc Besson vuole indagare l’impatto psicologico di un’atroce sofferenza, come quella patita da un bambino rinchiuso dal padre in una gabbia per cani (fatto di cronaca realmente accaduto). Il risultato è un film che viaggia da Joker al suo stesso Léon, di profondo impatto empatico ma sfortunatamente sfilacciato quando è il momento di raggiungere il climax drammaturgico.

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  • Bastarden di Nikolaj Arcel

bastarden venezia

In Bastarden, Mads Mikkelsen interpreta un uomo che per inseguire il proprio sogno bucolico di domare la brughiera danese si ritrova al centro di un’epopea dai contorni insieme epici e tragici. Un precursore di Rambo, un personaggio reso magnificamente dall’interprete danese che come un buco nero attrae verso di sé ogni scena o piccolo movimento, alzando di qualche tacca l’efficacia di un film a tratti molto classico come impostazione.

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  • Poor Things di Yorgos Lanthimos

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Poor Things è un bizzarro coming of age interessato soprattutto ad esplorare la sfera sessuale della novella “mostra di Frankestein” interpretata da Emma Stone: la storia di una donna riportata in vita e costretta a ripartire da zero è il pretesto per una ficcante satira sociale che si muove tra allegorico e letterale portando avanti istanze femministe, una sorta di contraltare gotico di Barbie nel quale Lanthimos mette ancora una volta al centro il corpo e i suoi processi di trasformazione.

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  • Adagio di Stefano Sollima

adagio recensione venezia

Con Adagio, Stefano Sollima chiude un cerchio aperto con Romanzo Criminale: dopo l’alba, ecco il tramonto della banda della Magliana raccontata tramite una storia chiaroscurale che coinvolge vecchie e nuove generazioni. Un gangster movie che gode di tutta l’esperienza e la maestria del regista, al quale manca giusto un acuto, una marcia in più per distinguersi dal resto della sua già nutrita filmografia di questo genere.

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  • The Wonderful Story of Henry Sugar di Wes Anderson

The Wonderful Story of Henry Sugar Wes Anderson

Wes Anderson ritrova Roald Dahl, da lui già trasposto in “Fantastic Mr. Fox”, una durata più contenuta e un autismo stilistico sempre più ostinato e marcato, ma dolce, tenero ed emotivamente toccante, nel suo piccolo. In attesa che il regista possa uscire da questa stasi creativa che pare inviolabile – e in cui continua ad accumulare narrazioni e storie nelle storie come scatole cinesi infinitamente riproducibili – ci si può accontentare.

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  • The Killer di David Fincher

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David Fincher l’ha rifatto. “The Killer” è un’altra minuziosa e ossessiva lezione di regia d’alta classe: un thriller diretto da un cavallo di razza e un infallibile cecchino della materia, che applica il suo modo di pensare le/per immagini a un serial killer metodico, vitreo, glaciale. Confezione impeccabile, ben servita da un altrettanto irreprensibile Michael Fassbender, perfetto per il ruolo.

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  • Maestro di Bradley Cooper

Maestro film Bradley Cooper Carey Mulligan

“Maestro”, pur nella totale convenzionalità del biopic da Oscar, conferma il netto e appassionato talento registico di #BradleyCooper e tira fuori due prove da urlo da lui e dalla solita, immensa Carey Mulligan. Cinema tormentato e romantico, dove l’arte è un fuoco vivo, mai domo.

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  • Il male non esiste di Ryusuke Hamaguchi

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Ryusuke Hamaguchi torna al cinema delle piccole cose: dopo il roboante successo di Drive My Car, questa volta ci porta all’interno di un villaggio montano nei pressi di Tokyo alle prese con un dramma ecologista dalle ripercussioni sottili. Un film ancora una volta interessato al quotidiano, esaltato da umanissimi dialoghi sempre onesti e assolutamente credibili.

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  • Priscilla di Sofia Coppola

priscilla recensione venezia

Con Priscilla, Sofia Coppola si fa ancora una volta affascinare da un racconto al femminile, mostrando al contempo il dark side of the moon di Elvis Presley soprattutto in contrapposizione rispetto al recente film di Baz Luhrmann. Al centro però c’è la giovanissima e innamorata donna che, nella sua autobiografia, ha descritto la complicata relazione con il Re del Rock. Un film lontano dalle paternali, che invita a credere alla sincerità di un amore travagliato e a tratti violento.

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  • La Bête di Bertrand Bonello

La Bête di Bertrand Bonello con Léa Seydoux

“La Bête” è il personale “Holy Motors” di Bertrand Bonello, il melodramma lynchiano e fantasmatico che molti registi sognano di fare ma pochi hanno il coraggio di mandare in porto con questo vibrante e spericolato intellettualismo. Un film tragico e romantico, allarmante e rabbioso, con una Léa Seydoux straordinaria: poche interpreti, come lei, sono in grado di “leggere” la contemporaneità e di lasciarsene attraversare con questo misterioso e carnale eclettismo, abitando la scena con lo sguardo ancor prima che con il corpo.

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  • Coup de Chance di Woody Allen

Coup de Chance Woody Alen Venezia 80

“Coup de Chance” è un fratello minore, francofono e più sarcastico di “Match Point”. Un’operetta sentimentale tenera e tagliente, con meno fantasmi da tragedia greca rispetto al suo nobile antecedente più diretto, ma anche con un disincanto morale leggiadro e ironico da applausi, che illumina e commuove come da migliore tradizione alleniana. Anche solo, va da sé, per la scrittura di purezza solare e di sopraffina, affilata intelligenza umana con cui Woody lo dispensa. Il solito colpo da maestro, il solito regalo, con addosso la magia rincuorante di un classico giallo da viaggio di Georges Simenon.

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  • Zielona Granica di Agnieszka Holland

zielona granica confine verde recensione

Con Zielona Granica, la 74enne regista polacca torna al cinema di impegno civile per raccontare una tragedia umana tutt’ora in corso al confine tra Bielorussia e Polonia: un racconto crudo che mette da parte ogni vezzo lirico e non risparmia nulla allo spettatore, con un epilogo tragicamente sublime che inchioda Polonia e UE alle sue responsabilità e ipocrisie.

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  • Hit Man di Richard Linklater

hit man richard linkater glen powell recensione

Richard Linklater e Glen Powell tornano a far coppia (questa volta anche come sceneggiatori) in un film che mescola insieme commedia degli equivoci, noir, thriller e dramma psicologico. Il risultato è appagante, estremamente divertente ed esalta l’attore nel ruolo che potrebbe svoltargli definitivamente la carriera.

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  • Io capitano di Matteo Garrone

“Io capitano” è il Garrone più limpido e umanista, almeno in termini di candore poetico e schietta semplicità, mai visto all’opera. Il laido e il fiabesco a lui cari vengono qui negati e sublimati per raccontare, con un calore fatto di ombre e distanza, un viaggio della e verso la speranza molto più grande della paura e della pietà di ognuno di noi.

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  • Enea di Pietro Castellitto

Enea Pietro Castellitto

“Enea” è “nuovo cinema italiano” slabbrato, folle, coraggioso, suicida e autolesionista, che non ha alcun senso della misura e si abbandona al narcisismo più spericolato. Il nichilismo romantico dei figli vs. la malinconia rattrappita dei padri. Sconclusionato ma vitale e pulsante, con l’umorismo peculiare di Pietro Castellitto che dopo la sorpresa de “I predatori” si irrobustisce e conquista con maggiore avventatezza.

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  • Daaaaaali! di Quentin Dupieux

Daaaaaali! Quentin Dupieux Venezia 80

Quel bizzarro pazzoide di Quentin Dupieux in “Daaaaaali!”, che fin dal titolo sa di urlaccio liberatorio e ghignante, affronta il totem Salvador Dalì tra parodia e narcisismo, facendolo interpretare a più attori – rigorosamente baffuti per l’occasione – e omaggiando in maniera gioiosa e irresistibile Luis Buñuel. Cinema giocoso e bislacco, fino allo stremo delle forze.

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  • Lubo di Giorgio Diritti

Lubo recensione Venezia 80 Giorgio Diritti Franz Rogowski

In “Lubo” Giorgio Diritti racconta il dramma dei bambini sottratti ai nomadi nella civile Svizzera, in una via di mezzo tra il fluviale film storico-calligrafico (di confezione) e la denuncia civile. Non il suo film migliore, come Barbera dixit, ma di sicuro il suo più ambizioso.

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