793 d.C., Lindisfarne, remota isoletta a nord dell’Inghilterra, viene brutalmente assalita da quello che è documentato come il primo attacco vichingo della storia. Ebbene: nello stesso modo in cui le orde pagane terrorizzavano le coste europee nel medioevo, ora approdano nel panorama televisivo americano con la prima serie originale di History Channel, Vikings.
Nonostante la tag-line A Storm Is Coming (completa di corvi!) abbia fatto gridare al plagio i fan di Game Of Thrones (lo show fantasy-medievale più seguito di sempre), questa nuova serie a base di facce insanguinate, scudi cromati e razzìe di monasteri si sta facendo strada nell’affollato palinsesto della domenica sera, conquistandosi un suo pubblico e distanziandosi dagli altri serial di genere.
Ideato da Michael Hirst (Elizabeth, The Tudors), maestro nel ricreare l’Europa dei secoli bui, Vikings ha come protagonista il feroce guerriero Ragnar Lothbrock, uomo ansioso di spostare i suoi saccheggi verso nuove terre inesplorate invece che continuare a menare mazzate nel Baltico (dopo un po’ uno si stufa di vedere sempre le stesse facce): interpretato da Travis Fimmel (modello noto fino a questo momento quasi esclusivamente per gli incidenti automobilistici causati in Times Square da un suo gigantesco billboard per Calvin Klein), Ragnar ha una serie di divergenze d’opinione con il suo capo tribù, lo jarl Heraldson (Gabriel Byrne), riguardo alle nuove rotte da seguire e al bottino da spartire. Altri guerrieri si uniscono presto alla sete di gloria e conoscenza di Ragnar, tra i quali il fratello Rollo (Clive Standen, Camelot), il più che eccentrico Floki, visionario costruttore di un nuovo tipo di imbarcazione (Gustaf Skarsgaard, un altro figlio di Stellan che fa carriera) e la moglie Lagertha (Katheryn Winnick, Love And Other Drugs).
Lontani dalle macchinazioni politiche e dalle pugnalate alle spalle alle quali Game Of Thrones ci ha abituato, i vichinghi non si fanno invece problemi a pugnalare chiunque e in qualunque posizione – donna, bambino o monaco che sia – guardandolo negli occhi. Pugnalate per altro “sobrie”: dimenticatevi pure gli oceani di sangue grafico ai quali ci hanno abituati tre stagioni dello Spartacus di Starz. In Vikings abbondano comunque stupri, massacri di innocenti, esecuzioni a sangue freddo – ovvero le classiche occupazioni della vita quotidiana norrena – consolidando la tendenza tipica dei serial via cavo di farci tifare per i bad guys: Ragnar è un razziatore di luoghi sacri, ma – come il criminale Jax Teller di Sons of Anarchy (la somiglianza con Charlie Hunnam è impressionante) – è anche un leader ispirato ed intelligente, in contrasto con l’ottusità del suo capo tribù, succube della scaltra moglie Siggy (Jessalyn Gilsig, Glee).
I combattimenti sono spettacolari e c’è spazio anche per la religione, con numerosi richiami alle glorie del Valhalla e all’influenza di Odino e Thor nelle faccende terrene, destinati a scontrarsi con la visione cristiana del mondo. I vichinghi ne fanno conoscenza una volta raggiunta l’Inghilterra, e Ragnar la sfrutterà a proprio vantaggio grazie alla messa in schiavitù del giovane monaco Athelstan (George Bladgen, Les Misèrables). Insomma, non una docu-fiction, non un intricato gioco di poteri, ma nemmeno “300 in Scandinavia”.
Preparate le asce, nascondete le reliquie.