Vinicio Marchioni: «Ho scritto recito sulla sabbia»
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Vinicio Marchioni: «Ho scritto recito sulla sabbia»

Il Freddo di Romanzo Criminale - La serie, reduce dal successo a Cannes nel film Miele di Valeria Golino, si racconta a Best Movie

Vinicio Marchioni: «Ho scritto recito sulla sabbia»

Il Freddo di Romanzo Criminale - La serie, reduce dal successo a Cannes nel film Miele di Valeria Golino, si racconta a Best Movie

Mai prendersi troppo sul serio. «In questo mestiere è importante ricominciare ogni volta da capo e riconquistare la stima delle persone». Una filosofia che Vinicio Marchioni segue alla lettera, anche se a lui è bastato diventare il Freddo di Romanzo Criminale – La serie per convincere critica e pubblico. E sfruttare questo prezioso trampolino di lancio per imporsi sulla scena cinematografica e teatrale italiana, interpretare ruoli celebri (come quello di Marlon Brando di Un tram che si chiama desiderio, portato in tournée sui palcoscenici più importanti d’Italia), spaziare tra i generi (dal drammatico 20 sigarette alla commedia Passione sinistra, fino al noir Amiche da morire), farsi dirigere da Woody Allen (in To Rome With Love), concedersi agli applausi e ai fotografi sulla Croisette (dove ha presentato Miele, insieme alla neo-regista Valeria Golino).
Quello che abbiamo di fronte è un 38enne che non nasconde la sua passione per il lavoro ma ci parla anche a ruota libera della sua vita privata (da qualche mese è diventato papà per la seconda volta), ammette che il glamour fa parte di questo gioco (tra le sue icone Robert Downey Jr.), non si risparmia su qualche buon aneddoto culinario e ci confessa che per rilassarsi ascolta i System of A Down.

Com’è stata la sua prima volta a Cannes?
«Emozionante come tutte le prime volte. Anche perché sono estremamente orgoglioso di Miele, di cui avevo intuito la potenzialità e l’importanza ancor prima di leggere la sceneggiatura. Ho detto di sì a Valeria Golino praticamente a occhi chiusi e non avrei potuto fare scelta migliore».

Cosa ti piace del tuo lavoro?
«La possibilità di conoscere altre esistenze. Mi piace l’idea di poter entrare per tre o quattro mesi nella vita di un’altra persona. E, vista la recente esperienza a teatro di Un tram che si chiama Desiderio, adoro il contatto con il pubblico; vedere sera dopo sera come cambiano le cose mi esalta. Più in generale, è entusiasmante continuare una tradizione antichissima e importante come quella della recitazione, che ha fatto sì che gli esseri umani in qualche maniera potessero sempre avere uno specchio che dicesse loro quello che sono».

Come ti comporti quando ti trovi a interpretare un personaggio così avulso da te come il Bernardo di Passione sinistra?
«È stato molto divertente. A me e Marco (Ponti, il regista, ndr) ricordava i ruoli dei grandi autori degli anni ’60, per cui ci è sembrata una bella occasione per ripristinare quel tipo di cinismo. Per cui abbiamo deciso di andare fino in fondo e disintegrare la sua apparenza di compagno di vita perfetto e uomo di successo per smascherare il suo ego e il suo vuoto morale e deontologico».

Per il buffo ispettore Malachia di Amiche da morire, invece, hai dovuto tirare fuori un insospettabile lato comico…
«Confesso che ero molto preoccupato di questo primo approccio con la commedia. È stata sicuramente la motivazione principale che mi ha spinto a fare questo film. L’idea di cimentarmi con un’espressività cui il pubblico non mi aveva mai associato. Mi sono preso anche un pochino di rischio. Penso che l’autoironia e un certo grado di leggerezza siano assolutamente fondamentali in questo mestiere e, con questo ruolo specifico, se non ci mettevo l’autoironia non ne sarei uscito vivo».

Malachia a un certo punto si lascia travolgere dalle tre protagoniste (Claudia Gerini, Cristiana Capotondi e Sabrina Impacciatore). Ti è capitato anche nella vita di dover fare delle scelte di “pancia”?
«Assolutamente sì, sono una persona che in tutto quello che fa si lascia travolgere. Nelle scelte professionali così come nella vita seguo solo l’istinto e questo mi ha salvato sia nelle situazioni positive che in quelle negative. Ragionando così, in realtà, mi sono ritrovato anche in mezzo a storie d’amore che si sono rivelate poi una bufala enorme, ma se decidi di fidarti prendi anche delle cantonate».

L’aver avuto successo può essere considerato un’arma a doppio taglio?
«Credo un po’ come in tutte le cose. Quando facevo la gavetta, in gioventù, c’era la priorità di arrivare alla fine del mese e ovviamente i lati negativi erano parecchi. Però mi sono sempre riservato la possibilità di decidere cosa volevo e non volevo fare. Il successo ti permette di poter fare una selezione molto maggiore nei confronti delle sceneggiature che ti propongono. Ma è anche vero che sono uno di quegli attori che crede fortemente che la carriera si costruisca sui “no”».

Parlando di attualità: come vedi il nostro Paese in questo momento? Ti è mai balenata l’idea di andare via?
«Sicuramente. Chi negli ultimi due o tre anni non ha pensato di lasciare l’Italia almeno una volta? Siamo in una situazione caotica e incomprensibile; ho come l’impressione che tutti quanti siamo alla ricerca di un’identità, che sia politica, piuttosto che cinematografica, oppure economica. Credo che questo sia un grandissimo periodo di cambiamento e io mi sto muovendo per aprirmi porte anche all’estero, ma è una cosa complicata; il nostro mercato cinematografico nella maggior parte dei casi è limitato al nostro territorio. Ho avuto qualche piccola esperienza – più che soddisfacente – con registi internazionali, però è una cosa di cui parlerò a tempo debito (anche perché, mi dice poi, lo fanno sorridere quegli attori che dopo 20’’ in un film straniero lo rivendono come la pellicola della loro vita, ndr). Per esempio ho lavorato in Third Person, la nuova pellicola di Paul Haggis, nella parte girata a Roma: non so ancora quando uscirà ma  auguriamoci che vada nel migliore dei modi».

In questi ultimi anni, insieme ai tanti successi professionali e privati, hai trovato anche il tempo di aprire un ristorante… Come nasce il tuo Casa (in Passeggiata di Ripetta 33, ndr), a Roma?
«Casa è un ristorante, un cocktail bar, e piano piano vorrei diventasse in qualche maniera un punto di riferimento e di incontro che ruota intorno al cinema, al teatro e alla cultura in generale. Abbiamo iniziato da poco a proiettare – una volta a settimana e gratuitamente – film della grande commedia italiana. Prossimamente organizzeremo una serie di appuntamenti e letture con attori amici, conosciuti al grande pubblico e non. Mi piacerebbe farlo diventare un posto frequentato da persone che amano la cultura e il dialogo».

Sei anche un buon cuoco?
«Purtroppo non ho molto tempo, però mi piace cucinare. Sono capitate serate in cui, rientrando tardissimo, mi sono ritrovato a farlo per me e gli amici che erano lì».

Il tuo piatto forte?
«A parte i primi, un po’ tutti i tipi di pasta, mi viene molto bene il pesce, forse perché lo faccio nella maniera più semplice del mondo».

Parliamo di donne, cosa ti affascina al primo impatto?
«L’intelligenza e l’autoironia: è la personalità che possiede a colpirmi. Fidati che si capisce subito…».

La prima volta che hai detto: «Ti amo»? E l’ultima?
«La prima non me la ricordo, perché è successo tanto tempo fa; l’ultima questa mattina».

Sei uno di quegli attori che hanno un numero portafortuna o qualche scaramanzia?
«No, sono abbastanza tranquillo: una volta che mi sono preparato per un film o uno spettacolo, si va. Non ho rituali né posseggo amuleti. Però durante i mesi di prove, quando passo giorni interi a ripassare la parte chiuso in casa, il mio studio diventa una sorta di “campo di battaglia”: ci mangio, appendo qualsiasi cosa ai muri, mi vesto, mi spoglio, faccio un macello».

Sogni, ambizioni e progetti futuri?
«Quanto tempo abbiamo ancora? (ride). Il sogno più grande è continuare a fare questo mestiere per tutta la vita e avere la fortuna di essere chiamato a fare film intelligenti con persone che abbiano sempre qualcosa da insegnarmi. Di progetti ne ho duemila, ma ancora si devono concretizzare. Credo che in questo mestiere si “scriva sulla sabbia”: finito un film non do mai per scontato che mi richiamino; ogni volta che capita mi sembra sia sempre una specie di miracolo. Comunque nel mio futuro c’è anche un film difficilissimo e piccolissimo (opera prima di Fabio Mollo dove Marchioni ritrova Valentina Lodovini, ndr), a cui tengo davvero molto che si intitola Il sud è niente. Girato in Calabria, lo stanno finendo di montare in questi giorni e non si sa che fine farà, perché si sta cercando di mandarlo a qualche Festival internazionale».

Una canzone che ti porti dentro o associ a determinati momenti?
«Ce ne sono moltissime: ogni canzone ha una storia, io lavoro sempre ascoltando musica. Ogni film per me è associato a una particolare soundtrack, che dipende dal tipo di esperienza e di pellicola e dal momento personale che stavo vivendo in quel periodo. Detto questo, ho una passione per i System of A Down… C’è una canzone che si chiama “Atwa”, che è anche la colonna sonora di Un tram che si chiama desiderio, molto bella. E adoro “Lonely Day”».

(Foto Getty Images)

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