Presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2024, arriva oggi in sala l’attesissimo nuovo film di John Crowley con protagonisti Florence Pugh e Andrew Garfield: We Live in Time – Tutto il tempo che abbiamo. E se nel nostro special avevamo già provato a raccontarvi le nostre impressioni ed emozioni riguardo questa imperdibile novità attraverso la definizione del regista stesso, per come era stata enunciata in conferenza stampa nella capitale («una romcom fuori dalle regole») – quindi attraverso la Storia del Cinema e in particolare il macro-capitolo del genere Romance, per arrivare naturalmente al successo di pubblico e critica registrato da We Live in Time dopo la prima mondiale al Toronto Film Festival – ora è il momento di provare a spiegare (senza spoiler diretti) perché si tratti di uno dei film più struggenti e commoventi che possiate vedere da qui alla fine del 2025. E perché al contempo non dovrebbe essere in alcun modo definito nei termini del classico “film strappalacrime”, già che in ogni fase di pre-produzione e produzione di questo attesissimo lungometraggio – dalla sceneggiatura firmata da Nick Payne ai decisivi cambiamenti operati dal cineasta irlandese John Crowley in fase di riprese e montaggio, dal Sound Design e la Colonna Sonora, alle incredibili interpretazioni delle due star protagoniste – tutto in questo film è extra-ordinario.
Ma procediamo con ordine. We Live in Time è stato anzitutto una novità diventata virale, e questo prima ancora che il progetto fosse formalmente annunciato con un vero e proprio titolo e una data di distribuzione, che fosse statunitense o italiana, per la semplice ragione che Florence Pugh (acclamata protagonista da Midsommar di Ari Aster al futuro Thunderbolts* nel Marvel Cinematic Universe) e Andrew Garfield (The Amazing Spider-Man) in coppia in una romcom, o film romantico che dir si voglia, rappresentano già di per sé una delle breaking news in grado di polarizzare l’attenzione del mondo intero. Di settimana in settimana, mese dopo mese altre anticipazioni e rumor riguardo il progetto hanno iniziato a tracciare più chiaramente il profilo della novità in questione, fino alla nuova data di uscita annunciata da Lucky Red per il 6 febbraio, in linea con la distribuzione europea.
E abbiamo nel mentre appreso una prima sinossi del film: Almut (Florence Pugh) e Tobias (Andrew Garfield) si incontrano anzi si scontrano un giorno a Londra, iniziano a frequentarsi, diventano una coppia. Nell’arco dei cinque anni successivi avranno una bambina, Elle. E già fin qui non c’è niente di scontato né semplice per loro, dal concepimento al giorno del parto, che rappresenta per altro una delle sequenze più commoventi e al contempo esilaranti del film. Ma arriveremo comunque al giorno in cui li vedremo tutti e tre seduti nel ristorante di Almut, ex campionessa di pattinaggio e oggi rinomata chef di cucina fusion anglo-bavarese. Accanto a lei c’è il suo grande amore e compagno di vita, soprannominato Weetabix, e sono intenti a spiegare con grande difficoltà ironia e grazia alla loro bambina molto piccola cosa sia il maldipancia della sua mamma. Perché nel mondo degli adulti prende il nome di tumore ovarico al terzo stadio. Nessuno dei personaggi in scena sa quando come e se, accettati i nuovi trattamenti e tutte le terapie necessarie, lei potrà effettivamente sopravvivere. Oppure se questo piccolo nucleo familiare, composto da tre persone che evidentemente si amano alla follia, sta creando un ricordo veramente molto particolare e ineluttabilmente tragico.
Dell’interpretazione e le performance di Florence Pugh nella parte di Almut, nei diversi climax di We Live in Time – Tutto il tempo che abbiamo, in particolare quelli legati alle diagnosi, il decorso della malattia, le sue scelte mediche e di vita, potremmo scrivere ancora al lungo. Ma per questo dovremmo travalicare il limite degli spoiler e non vogliamo rischiare di compromettere in alcun modo la vostra personale esperienza di spettatori al cinema, comprese le emozioni ma anche gli high concept, i grandi conflitti e gli interrogativi esistenziali evocati nel corso dei 107 minuti del film. Perciò vi saluteremo con un’altra ottima ragione per non perderlo, anticipata sempre da John Crowley a Roma. Ovvero, vedere Londra attraverso gli occhi dello stesso regista, determinato a girare con i suoi due grandi protagonisti americani anche nelle location e i quartieri della “sua” London Town: quella che ha imparato a conoscere, amare e vivere quando era molto giovane, appena trasferitosi dalla verde Irlanda.
Foto: Peter Mountain/A24
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