Hugh Jackman (Scoop, The Prestige, Australia ) e il regista Gavin Hood (premio Oscar per Il suo nome è Tsotsi, Rendition – Detenzione illegale ) erano a Roma, ieri, per presentare X-Men le Origini: Wolverine , lo spin-off della saga fantascientifica sui mutanti protagonisti dei fumetti Marvel firmati da Stan Lee e Jack Kirby e portati al cinema nel 2000, 2003 e 2006 con X-Men, X-Men 2 e X-Men: Conflitto finale. Il nuovo film, che racconta il passato del mutante Wolverine, approderà sugli schermi italiani il prossimo 29 aprile ed è stato negli ultimi giorni al centro di una bufera scatenata dallo sbarco in rete di una copia pirata della pellicola, ancora priva di alcuni effetti speciali. I due artisti hanno risposto alle domande dei giornalisti durante una conferenza stampa, che si è tenuta nella capitale, all’Hotel Hassler. Jackman e Hood hanno svelato i retroscena delle scene più difficili da girare. L’attore ha raccontato anche qualche divertente aneddoto legato alla sua identità di papà-supereroe e il suo desiderio di venire a lavorare in Italia…
D (per H.J.): «Cosa pensate dell’uscita della copia pirata del film su internet, e come credete che questo influenzerà il box office? Ci sono stati nuovi sviluppi nelle indagini?».
Hugh Jackman: «La notizia ci ha davvero spezzato il cuore. Avevamo appena finito di lavorare: turni di 24 ore di fila per il montaggio… molti non si rendono conto di quanto lavoro c’è dietro, quanta fatica. Quella versione è vecchia di 3 o 4 mesi, e non è chiaramente una prova valida di quanto abbiamo fatto. Almeno è stato rincuorante il supporto della comunità online: il 95% dei siti ha reagito negativamente all’uscita della copia pirata. Per quanto riguarda l’andamento del box office, non è proprio la mia materia, e non so quanto questa faccenda possa influenzarlo, spero semplicemente che la gente vada al cinema. Delle indagini invece non so cosa rispondere: non sono direttamente coinvolto nelle operazioni».
D (per H.J.): «Dirty Harry, Mad Max, Han Solo: secondo una recente intervista sono questi i personaggi che hanno influenzato maggiormente la sua interpretazione di Wolverine. In che modo esattamente?».
H.J.: «Quando ho cominciato a lavorare a fianco di un regista premio Oscar (nel 2006 Il suo nome è Tsotsi è il miglior film straniero secondo l’Academy, ndr) come Gavin Hood ho subito capito che sarebbe stata un’esperienza importante. I personaggi che sono stati nominati vengono riassunti tutti nel mio ruolo. è un archetipo, un personaggio buono, ma decisamente poco simpatico. Ha dei lati difficili, spigolosi. Non volevo nessuna compiacenza nei miei confronti, volevo essere spronato a dare di più. Gavin ha compreso bene il personaggio e mi ha aiutato a forgiarlo. Spesso, dopo aver girato una scena, sentivo la sua mano sulla spalla: “Hugh, rifacciamola.” mi diceva. Sono 10 anni ormai che interpreto questo personaggio, e con questo film penso che abbiamo riempito le lacune che erano rimaste, abbiamo unito tutti i punti».
D (per Gavin Hood) : «Che sensazione ha avuto dirigendo questo film, così diverso dai suoi precedenti lavori? Come si è sentito a partecipare a un progetto così distante dal cinema che aveva realizzato in passato?»
Gavin Hood: «Quando Hugh mi ha contattato sapevo poco del mondo X-Men. Abbiamo parlato e mi ha detto: “Ora leggi questi fumetti e vediamo”. Ho scoperto molto: Wolverine è un personaggio che disprezza se stesso, che si pone delle domande ed è in costante conflitto. I film precedenti erano film corali con molti personaggi, mentre questo si concentra principalmente su di lui. La tradizione romantica dell’eroe solitario, alla Clint Eastwood direi, è un vecchio mito. In questo film il protagonista vuole stabilire dei legami, cerca il contatto con gli altri. è un punto di rottura con la tradizione precedente. Abbiamo lavorato molto sul personaggio, che è senza dubbio molto virile, duro, ma al contempo bisognoso di sviluppare emozioni. Victor Creed, al contrario, non ha bisogno di nessuno, è il personaggio maledetto. Questo elemento di unicità del protagonista mi ha attirato molto e mi ha spinto a realizzare il film».
D (per H.J.) : «Wolverine è sicuramente il personaggio più amato dell’ universo X-Men. In effetti è l’unico che ha un percorso di crescita nel corso dei film della serie. Altri personaggi, come Cyclops e Colossus, diventano in sostanza dei comprimari. Questo era già previsto o è dovuto alla sua interpretazione come Wolverine?».
H.J.: «Non credo di aver avuto questa importanza nella realizzazione della saga cinematografica: quando la sceneggiatura era ormai pronta non ero stato nemmeno ingaggiato. Il senso di questo film sta proprio nel fascino del personaggio, e abbiamo deciso di girare le sue origini proprio per comprendere meglio il suo spessore. C’è molto materiale su Wolverine: ad esempio la saga giapponese del personaggio mi piace particolarmente, e spero un giorno di poterla realizzare, incrociando le dita».
D (per G.H.) : «Questo film è un blockbuster, ma c’è tradimento, passione, si gioca con il politicamente scorretto: è un film decisamente molto denso, forse avrebbe voluto espanderlo ancora di più, se non ci fosse stato il limite del rating?».
G.H.: «Vorrei accennare al rating: in America il film è vietato ai minori di 13 anni. Quando sono stato coinvolto nel progetto è stato subito chiaro fin dall’inizio quali sarebbero stati i limiti. E andava benissimo per me. Avremmo potuto realizzare un film vietato ai minori, spingerci ancora oltre, ma la cosa interessante di questa serie è che è diversa dai classici film di supereroi. Nei blockbuster c’è sempre la lotta tra bene e male, invece qui la storia è più complessa. C’è l’esigenza di avere un eroe che riconosce la sua capacità di essere violento, cattivo: questo mi ha attirato. Il supereroe è consapevole della sua natura, della sua violenza, e non ne è necessariamente contento, anzi. Gli artigli stessi simboleggiano la sua rabbia, nascosta dentro, ma anche il suo bisogno di allontanarsi, di isolarsi dagli altri: anche lui come gli artigli vorrebbe potersi nascondere. Credo sia importante che questi messaggi raggiungano i giovani».
D (per H.J.) : «Hugh, è coinvolto in altri progetti riguardanti gli X-Men? E sarebbe eventualmente interessato a girare con registi europei, magari Italiani?».
H.J.: «Per quanto riguarda il mio coinvolgimento in altri film della saga non saprei rispondere, in questo momento non ci sono altri progetti, anche se so che ci sono altre sceneggiature, altri personaggi. Per quanto riguarda l’opportunità di girare con registi italiani la mia risposta è: magari! Chiamatemi, fate girare la voce! Sono amico di Muccino, con il quale ho già collaborato in passato, mia moglie parla italiano, e farebbe sicuramente bene al mio matrimonio venire a lavorare qui!».
D (per H.J.) : «So che è padre di due bambini. Mentre giravate il film vi siete posti il problema della violenza delle immagini? Questo film, con la sua violenza esplicita e diretta, è più adatto forse di tanti telefilm che invece mostrano un tipo di violenza differente, più ambigua?».
H.J.: «Ho una figlia di 4 anni e uno di 9, e non gli ho ancora fatto vedere il film. Forse lo vedremo insieme al più grande, ma non sono sicuro… lui a volte litiga con la sorellina e io cerco di spiegargli che deve essere gentile, ma se vedesse il padre che affetta gente sullo schermo credo che questo minerebbe la mia autorità. (ride) Comunque non penso che farei vedere un film vietato ai minori di 13 anni a dei bambini piccoli. Mi è venuto in mente un particolare aneddoto: mentre giravamo X-Men 2 avevo ricevuto un sacco di merchandising. Di statuine ne avevo a migliaia. E mio figlio le decapitava quando ce l’aveva con me. (ride) C’era anche un punchin’ ball con la mia faccia sopra, e mio figlio lo aveva in camera. Ogni volta che lo sgridavo e lo spedivo in camera sua, sentivo subito il suono del punchin’ ball che veniva colpito a ripetizione! (ride) Credo che ogni genitore dovrebbe dare al proprio figlio qualcosa del genere».
D (per G.H.): «Qual è stato l’effetto speciale più difficile da realizzare?»
G.H.: «Di sicuro il salto nella cascata in cui Hugh era completamente nudo. Non potevamo inquadrarlo frontalmente, per ovvie ragioni. Non avevamo uno stunt disposto a gettarsi in una cascata di oltre 100 metri, abbiamo quindi ricreato una versione digitale di Hugh, che fosse il più fedele possibile. D’altro canto, ce n’è uno soltanto! E poi lui si è rifiutato di saltare! (ride)».
D (per G.H.): «Il film parla del lato oscuro dell’eroe, qual è quello di Wolverine?»
G.H.: «Il lato oscuro non è l’unica cosa che volevamo trasmettere: volevo il calore, l’umanità. Hugh è una persona di cuore, calorosa, e questo viene fuori nel suo personaggio. Ma tutti abbiamo bisogno di uno sfogo. Noi volevamo rappresentare quest’idea. Ci vuole consapevolezza, però, quando si dà libero sfogo all’emozione, è necessaria la ricerca di un equilibrio. Questo mi piace di Wolverine: la sua eterna lotta interiore. Lo rende molto umano, la sua difficoltà a rapportarsi col prossimo. Spero questo venga fuori dal film. Sappiamo essere cattivi, ma possiamo migliorare. Wolverine e Victor rappresentano questo».
D (per H.J.): «Hugh, qual è stata la scena più difficile da girare per te?»
H.J.: «La ripresa più difficile, per il vento soprattutto, è stata quella in cui dovevo saltare con la moto e prendere le pale di un elicottero. Mi sono letteralmente affettato le dita. Un’altra scena molto difficile è stata quella nella vasca. Abbiamo passato giorni a girare, e dovevo tenere spesso gli occhi spalancati sott’acqua».
G.H.: «Abbiamo cercato di mettere degli altoparlanti nella vasca, in modo tale da poter dare indicazioni a Hugh, ma non è stato possibile, per cui abbiamo trovato un altro sistema per fargli capire cosa doveva fare. Gli strizzavo un alluce. Una strizzata voleva dire una cosa, due consecutive un’altra, tre un’altra ancora. Davvero un metodo particolare, devo dire (ride)».