Woody Allen: «Gli attori mi adorano perché li lascio liberi»
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Woody Allen: «Gli attori mi adorano perché li lascio liberi»

A tu per tu con il regista di To Rome with Love che spiega il suo inusuale quanto vincente modo di rapportarsi con gli attori

Woody Allen: «Gli attori mi adorano perché li lascio liberi»

A tu per tu con il regista di To Rome with Love che spiega il suo inusuale quanto vincente modo di rapportarsi con gli attori

Il giorno dopo la presentazione di To Rome with Love, Best Movie ha parlato di nuovo con regista e attori per riflettere a mente fredda sul film e sulla vita, complici un caffè e una uggiosa e sonnecchiante mattinata di sabato.

Ad aprire le danze, l’autore Woody Allen:

Il cast del film è molto nutrito: avrebbe potuto dare il ruolo di Leopoldo Pisanello ad altri. Perché proprio Roberto Benigni?

«Non ho avuto neanche un attimo di esitazione sulla scelta. Non riesco a pensare a nessun più adatto per la parte. E poi tutti in America lo conoscono».

Si è trovato a lavorare per la prima volta con tanti attori italiani tutti insieme. Che metodo ha usato?

«Non molto diverso dal solito: prima mi sono concentrato sulla sceneggiatura per quattro/sei settimane, mi sono chiuso in camera mia a scrivere poi insieme alla direttrice di casting, Julia Taylor abbiamo selezionato gli interpreti, ma sul set non facevamo le prove. Molti degli attori italiani non sapevano parlare inglese per niente e mi è piaciuto perché io non so che poche parole d’italiano, così abbiamo comunicato pochissimo e ho potuto lasciare che le loro performance fossero totalmente loro, tutta farina del loro sacco».

Dà molta libertà agli attori. È per questo che in conferenza stampa ieri l’hanno ringraziata tutti?

«Prima di tutto le svelo un segreto: davanti alla stampa tutti amano tutti. È vero che gli attori con me si trovano bene ma è perché li lascio fare tutto: se vogliono bere o fumare in scena non gli dico di no. È davvero raro che dica no a una loro richiesta».

Qualche curiosità tecnica sul film: le diverse storie sono emerse tutte insieme o le ha pensate un po’ alla volta?

«No erano idee che mi giravano in mente da cinque anni, un po’ immaginate mentre facevo anche il turista».

Il titolo ha avuto diverse vicissitudini. Da Bop Decameron a Nero Fiddled perché poi ha optato per To Rome with Love: mira a offrire fin dall’inizio al pubblico un’antologia di cartoline dalla Capitale?

«Bop Decameron è decaduto quando mi sono accorto che nessuno né in Italia né negli Usa sa niente di Boccaccio e del Decamerone. Alla fine abbiamo optato per qualcosa che trasmettesse un esperienza positiva: c’eravamo tanto divertiti a girare il film perché non dargli un titolo semplice e positivo come nello spirito della pellicola».

Ha dichiarato di essere contro il doppiaggio. In America il film uscirà doppiato in inglese nelle scene interpretate da italiani o con i sottotitoli?

«Metteremo i sottotitoli per gli episodi interpretati interamente da italiani. Trovo che sia un modo per far entrare meglio spettatori nell’atmosfera del film».

Dopo tanti anni di regia si diverte sempre allo stesso modo oppure c’è una parte del processo che predilige rispetto ad un’altra?

«Tennesse Williams diceva: “È un peccato che qualcuno debba mettere in scena le cose che ho scritto, sarebbe meglio riporle solo in un cassetto”. Io sono d’accordo: il bello di questo lavoro è raccontare storie e la parte migliore è quando in camera tua dici ‘ah, ecco ho finito”, poi però so che quel copione devo dirigerlo».

Di ben 42 film realizzati dove metterebbe To Rome with Love tra i lavori che le sono piaciuti di più o di meno?

«È troppo presto per dirlo, datemi 6 mesi di tempo per ripensare al film con più distacco e solo allora sarò in grado di dirvelo». (Foto Alberto Pizzoli/AFP/Getty Images)

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