Ha voluto finire col botto, Bryan Singer. Letteralmente. X-Men: Apocalisse chiude la seconda trilogia sui mutanti Marvel (senza però sbarrare la strada a nuovi percorsi narrativi) attraverso un intrattenimento catastrofista dall’imponenza inedita per la saga, che travolge tutto e tutti. Compreso il conflitto che sinora era sempre stato al centro del franchise – il problematico inserimento del “diverso” all’interno di una società che non lo accetta -, qui presente più in sottotraccia a favore di quella riflessione sulla gestione dei propri poteri che sembra aver monopolizzato le sceneggiature dei cinecomic di questa stagione, da Batman v Superman a Captain America: Civil War, senza dimenticare Deadpool, in cui era nascosta nelle ammonizioni di Colossus a Ryan Reynolds.
Stavolta, Singer sceglie un villain semi-divino come Apocalisse per realizzare una sorta di estensione massima del dualismo Xavier/Magneto e portare alle conseguenze più estreme l’ideologia del personaggio di Michael Fassbender, che, spinto anche da un forte sentimento di vendetta, vede la razza mutante in cima alla catena alimentare. La natura del cattivo di Oscar Isaac dona al film uno scheletro molto più fumettistico degli episodi precedenti: la componente emotiva si sviluppa in uno spettacolo di distruzione di massa degno del miglior Roland Emmerich, la cui maestosità, però, a tratti appesantisce il ritmo di una narrazione che ci si aspettava più fluida. Non che manchi continuità con quanto raccontato prima, ma un impianto da disaster movie così marcato stona se accostato al taglio seguito sino a Giorni di un futuro passato, più “coi piedi per terra” nonostante le dovute licenze da cui una saga di supereroi non può prescindere. Inoltre, altra novità, la Mystica di Jennifer Lawrence: ha una posizione più centrale ora (è l’eroina dei giovani X-Men), ma è protagonista di pochissime scene d’azione, persino durante lo scontro finale. Va bene trasformarla nella guida di turno, ma perché ingabbiarne all’improvviso le capacità di combattente mutaforma?
I motivi dietro questo cambio di direzione, comunque, possono essere molteplici: da una parte ci sono le regole della serialità cinematografica, che impongono di alzare l’asticella a ogni episodio, dall’altra il desiderio di rinnovare con una nuova sfumatura una linea di racconto forse ritenuta ormai satura. Benché funzioni meglio preso singolarmente che in una visione d’insieme, di pregi X-Men: Apocalisse ne ha più di uno, tradotti nel buon equilibrio tra i tanti personaggi, che riserva a ognuno il giusto spazio; la caratterizzazione di Magneto, sempre più tormentato e sofferente dopo l’ennesima ferita; il cameo-omaggio di Wolverine, mai così fuori controllo e animalesco, e – dulcis in fundo – Quicksilver, la cui scena a tutta velocità (ma in slow motion, ambientata nella scuola di Xavier in fiamme) non solo supera quella di Giorni di un futuro passato, ma si rivela tra le più belle regalate dal genere quest’anno.
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