«Non c’è niente di male a godersi un po’ di puro divertimento»: è il motto di The Asylum (espresso nelle parole di uno dei suoi boss, Paul Bales), lo Studio americano dai tanti titoli horror – ma anche action e addirittura religiosi – specializzato nel prendere in giro le hit cinematografiche hollywoodiane (avete visto Avengers Grimm o Road Wars, tvmovie sulla falsariga di The Avengers, C’era una volta e Mad Max: Fury Road?). Recentemente la casa di distribuzione ha debuttato – su Syfy e Netflix, con ottimi riscontri – nella serialità con l’horror sugli zombie Z Nation, da stasera 10 giugno alle 21 sul canale della piattaforma Sky Axn Sci-fi. Curiosamente, non solo la serie non ricalca la consolidata tendenza al “mockbuster” (il rifacimento di successi altrui) di The Asylum, ma è un progetto doppiamente originale: sia perché il soggetto non ha nessuna fonte cui attingere – se non le linee guide prese dal creatore della serie Craig Engler dal suo film Zombie Apocalypse – sia per l’autentica estrosità con cui viene messo in scena un’icona del genere del terrore, il morto vivente, ormai trito e ritrito.
L’ex militare Garnett, la cazzuta Roberta, l’attempato amante delle droghe Doc, il ragazzo dalla mira infallibile 10K, la giovane coppia formata da Addy e Mack (l’arma di lei è una mazza da baseball chiodata, il regalo che ogni donna postapocalittica desidera!), e l’ultima arrivata Cass sono i sopravvissuti di Z Nation, gruppetto efficiente ed eterogeneo che si aggira in un arido mondo contemporaneo spopolato da un virus che ha trasformato il pianeta in un film di Romero. La prospettive dell’estinzione dell’uomo – visto che la stragrande maggioranza di coloro che abitano la Terra sono cannibali defunti – sono turbate da una sola flebile speranza, incarnata da un omaccione cafone e irriverente: Murphy. Truffatore detenuto in una sperduta prigione del nord degli Stati Uniti, è stato costretto a fare da cavia per testare un vaccino che ha funzionato solo di lui, prima che un’orda di morti viventi si mangiasse gli altri detenuti e il personale medico. Portarlo tutto intero – è stato solo sbocconcellato un po’ qua e là durante la presa della prigione da parte degli zombie – in un laboratorio attrezzato è il compito che si prefiggono Garnett & co per dare una possibilità alla nostra specie.
Z Nation non è un horror esclusivamente ludico anche se – come dice Bales stesso – non c’è niente di male nell’intrattenimento fine a se stesso, specialmente se ricco di fantasia e idee originali: lo show ricorre a espedienti narrativi ed effetti speciali che sembrano fatti apposta per essere sbattuti in faccia ai tanti registi e mestieranti del genere che riciclano stancamente gli stessi schemi sugli zombie. Pieni di inventiva, semplicemente incredibili e spesso irriverenti, gli autori della serie se ne escono con pensate singolari cui accenneremo più avanti a chi non teme gli spoiler. Ci sono, tuttavia, più piani di lettura: uno – che non si perde via in soporiferi esistenzialismi più volti propinati agli amanti del sottogenere degli zombie – predilige una sottile e poco ingombrante critica sociale, un altro è costituito da un raro, curiosissimo e intrigante approccio empatico nei confronti di questi non-morti, filtrato attraverso lo sguardo sempre più vitreo di Murphy. Il sopravvissuto è vittima di una lenta ed inesorabile trasformazione che lo fa sembrare più morto che vivente.
È lui la vera star, assieme ai mostri (il team umano, per quanto accattivante, non è uno di quelli a cui affezionarsi: Z Nation si fa molte meno storie di The Walking Dead a far fuori i personaggi principali) della serie. Murphy è interpretato da Keith Allan, attore alto, bello e affascinante (era il redattore di People in un episodio di Non fidarti della str***, un architetto modaiolo in Will & Grace e la vittima che fa subito una brutta fine negli horror da lui stesso sceneggiati per The Asylum Zombie Night e Rise of the Zombies) ma imbruttito per interpretare (ottimamente) il bastardo, insolente e pavido Murphy. La prima stagione ne registra le progressive mutazioni, mentre con il gruppetto si avventura per l’America incontrando cannibali (umani), hippie (donne) e zombie molto, molto strani. I nostri preferiti sono [SPOILER!, spoiler non rivelatori della trama ma noi vi avvertiamo lo stesso] gli zombie fosforescenti, resi tali dalle radiazioni di una centrale nucleare malfunzionante che rischia di trasformare un’imprecisata contea in una nuova Hiroshima; l’orso morto vivente (warning: nella seconda stagione, ha rivelato Paul Bales, ci saranno più animali zombie!); gli zombie sotto viagra e quelli su di giri a causa di droghe varie. C’è anche un baby zombie terrificante da far impallidire altri infanti orripilanti del genere (da quello raccapricciante di Phenomena a quello monocromatico di Ju On – The Grudge) che chiude in bellezza l’episodio pilota. Tanto per chiarire, fin dall’inizio, che Z Nation non «ha paura di mostrare niente. Ve ne accorgerete». Parola del suo produttore Bales.
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