Lost: perché NON è un capolavoro - I punti forti
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Lost: perché NON è un capolavoro – I punti forti

Dopo aver letto lo speciale del regista Fabio Guaglione, un nostro lettore risponde punto per punto con interessanti argomentazioni, infiammando il dibattito sulla serie di J.J. Abrams

Lost: perché NON è un capolavoro – I punti forti

Dopo aver letto lo speciale del regista Fabio Guaglione, un nostro lettore risponde punto per punto con interessanti argomentazioni, infiammando il dibattito sulla serie di J.J. Abrams

In risposta all’articolo (eccessivamente) entusiasta di Fabio Guaglione (che consiglio caldamente di leggere in generale, ma che è assolutamente necessario leggere per comprendere i punti salienti delle obbiezioni che propongo).

Leggi I punti forti di Guaglione.

I punti forti

(segue da) La storia. Che cos’è una storia? Fondamentalmente un narratore racconta a un ascoltatore quello che ha fatto qualcuno per ottenere qualcosa. Ma il narratore non descrive semplicemente dei fatti. Egli seleziona, collega e costruisce una serie di momenti di grande intensità. Fedele al suo ruolo di giocatore (perché la narrazione è anche un gioco, una partita a due tra narratore e spettatore), il narratore propone alcuni enigmi sui suoi personaggi che il pubblico avrà poi il compito di sciogliere attraverso la narrazione, che potrà poi confermare o meno le sue ipotesi. Quando il pubblico smette di farsi domande (e solo allora), smette anche di essere un pubblico e la narrazione si interrompe. Di solito la gente ama delle storie sia l’aspetto emotivo (la possibilità di rivivere una vita, quella dei personaggi), che l’aspetto intellettivo (ovvero la risoluzione dell’enigma). Le migliori storie li contemplano entrambi, ovviamente pur dosandoli in modi diversi.

Devo averlo già detto, ma lo ripeto. Una storia è un insieme complesso. La distinzione quasi manichea che fa Guaglione tra personaggi e quello che chiama il background è assolutamente fuorviante. Ovviamente si tratta del tentativo di dimostrare la sua tesi. Il problema che egli non parte dalle corrette premesse per trarre le corrette conclusioni, ma dalla sua tesi medesima e forza le premesse perché combacino con le sue teorie. Lo fa sostenendo molte cose assolutamente corrette e condivisibili e poi, qua e là, attraverso sottili forzature, dimostra, senza esitazioni le sue ragioni. Dice Guaglione che in Lost ciò che conta davvero, nonostante i misteri, i vari (io direi innumerevoli) plot e sub-plot, ciò che va guardato, sono i personaggi, le loro azioni, le loro scelte, il loro destino, i loro conflitti interiori. Ma si può distinguere davvero tutto quasto dal mondo in cui tutto ciò avviene? Dalla situazione in cui quegli stessi personaggi sono gettati? L’isola non è una semplice isola. Per Guaglione se notiamo questo dettaglio stiamo guardando dalla parte sbagliata! Chi se ne frega dell’isola, importa solo quello che fanno i personaggi. Non guardate dalla parte sbagliata, dice Guaglione. Chi se ne frega di inezie come i misteri di Lost. Alla fine i personaggi sono tutti felici di scoprire di essere morti (a parte Jack, sembra). Guardano tutti insieme come ebeti la luce, tenedosi per mano a due a due e sono pronti finalmente ad andare. Perché si muore veramente… solo insieme. Come si è vissuto. E questo è l’insegnamento riservato a chi ha avuto la pazienza di vivere sei anni di misteri e aspettare il finale. Inaccettabile. Lost non è stato quello che è stato solo per i personaggi. Smettiamola con questo tentativo di far passare per stupidi quelli che insistono a credere nella Storia (ci metto la S maiuscola, accidenti), che hanno guardato appunto la Storia di Lost in tutta la sua strepitosa, immaginifica complessità. Il mondo di Lost è quello là e non un altro. Ed è importante come la Terra di Mezzo e l’esistenza di maghi, hobbit ed elfi lo sono per la saga di Tolkien. Altrimenti sarebbero altre storie. Come si fa a distinguere tra personaggi e mondo narrativo, se non per mera forzatura interpretativa? Ovviamente non metto assolutamente in dubbio l’onestà intellettuale di Fabio Guaglione, che evidentemente crede alla sua interprretazione. Ma mi permetto di far notare che, secondo il mio modesto parere, è in errore quando rinuncia a guardare alla storia di Lost nella sua totalità. Tutto quello che c’è dentro una storia è (o dovrebbe essere) importante. Tutto dovrebbe essere fondamentale, irrinunciabile, altrimenti non ci sarebbe dovuto essere. Quello che invece ci viene proposto nella realtà alternativa della sesta stagione, come finale della serie, non c’entra niente con la storia, non è collegata per niente a tutto il resto e non c’entra neppure veramente con il percorso dei Losties, perché non contribuisce ad arricchire l’arco di trasformazione dei personaggi, nè dà una motivazione più pregnante o illuminante alla loro esistenza e al loro (almeno di alcuni) sacrificio. Non c’è una vera e propria relazione narrativa. E’ stata introdotta e spiegata tutta nell’ultima stagione e si potrebbe tranquillamente eliminare. Ben differente è invece il discorso per le linee narrative legate ai flashback o ai flashforward o quando, per esempio, abbiamo seguito gli Oceanic Six, e poi Locke e Ben, fuori dall’isola. In altre parole la realtà alternativa immaginata dai Losties da morti, nell’economia della storia di Lost è fondamentale? Assolutamente no! (continua)

Gli altri “capitoli” di Lost: perché NON è un capolavoro

Le lacrime

Gli ultimi minuti

Un messaggio semplice

La teoria spirituale

La teoria scientifica

I punti forti

Il linguaggio

I personaggi

Il binomio fede e scienza

I misteri

Una mania collettiva

L’utilizzo dei media

Let it Go

Vai allo speciale Lost: perché è un capolavoro.

Per conoscere tutto di Lost:

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Leggi la guida a Lost

Alfonso Papa ha frequentato il master biennale in Tecniche della narrazione presso la scuola Holden di Torino. Tra le altre cose ha collaborato con la casa editrice Einaudi in qualità di lettore e ha lavorato su alcuni set cinematografici, tra cui Radiofreccia di Luciano Ligabue e Un amore di Gianluca Tavarelli. Dal 1999 al 2007, prima per l’Associazione Cinema Giovani e poi per il Museo Nazionale del Cinema, si è occupato dell’organizzazione del Torino Film Festival. Attualmente lavora in qualità di production manager per la Film Commission Torino Piemonte. Lo scorso marzo era tra i giurati della manifestazione cinematografica Piemonte Movie 2010.

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