Willem Dafoe presenta Povere Creature! a Roma: «Non saprei cosa possa salvare gli uomini. È abbastanza provare a salvare me stesso» Willem Dafoe
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Willem Dafoe presenta Povere Creature! a Roma: «Non saprei cosa possa salvare gli uomini. È abbastanza provare a salvare me stesso»

L’attore, newyorkese e ormai anche un po' romano, ha raccontato la ultima sua collaborazione col cineasta greco Yorgos Lanthimos in occasione della première italiana del film

Willem Dafoe presenta Povere Creature! a Roma: «Non saprei cosa possa salvare gli uomini. È abbastanza provare a salvare me stesso»

L’attore, newyorkese e ormai anche un po' romano, ha raccontato la ultima sua collaborazione col cineasta greco Yorgos Lanthimos in occasione della première italiana del film

Willem Dafoe

In uscita il 25 gennaio nelle sale italiane, Povere Creature! è l’ultima fatica di Yorgos Lanthimos, nonché il suo secondo lungometraggio con Emma Stone, qua mattatrice assoluta interpretando Bella Baxter, donna riportata in vita che dovrà imparare nuovamente a conoscere il mondo.

Il film sta riscuotendo numerosi riconoscimenti, in primis il Leone d’Oro durante l’ultima edizione del Festival di Venezia, per poi confermarsi come uno dei titoli di punta di questa stagione dei premi appena iniziata, in attesa delle nomination ai Premi Oscar in arrivo.

Tra i co-protagonisti maschili, assieme a Mark Ruffalo e Rami Youssef, c’è il leggendario Willem Dafoe nei panni di Godwin Baxter, folle chirurgo dalla faccia terribilmente sformata che ha resuscitato il corpo di Bella. L’attore, tornato in Italia dopo aver ricevuto la propria stella sulla Walk of Fame ad Hollywood, è stato protagonista di un incontro con la stampa a Roma.

Appena gli sono state chieste eventuali similitudini tra questo “Dio sfigurato come il mostro di Frankenstein” e il Gesù tormentato de L’Ultima Tentazione di Cristo di Scorsese, Dafoe risponde immediatamente: “Niente affatto. Sono entrambi estremamente condizionati dai contesti in cui si trovano. Sono entrambi personaggi per i quali si può empatizzare, almeno dal mio punto di vista”

Gli vengono poi ricordate le sue numerose collaborazioni con diversi grandi registi visionari (William Friedkin, David Lynch, David Cronenberg, Lars Von Trier), chiedendogli come si articoli il rapporto attore-regista: “I registi per me sono estremamente importanti. Credo sia importante per un attore concedersi a una persona con una visione forte. Quello che mi piace molto è avere a che fare con qualcuno con una visione chiara, in grado di spiegartela, in modo tale che tu possa andare verso quella visione, cercando di abitarla. Mi piace molto questa componente del rapporto tra regista e attore. Non deve essere necessariamente qualcosa che capisco immediatamente, ma qualcosa che mi viene presentato, verso cui mi muovo, che poi io provo a prendere e trasformare in quello che è la vita interiore del personaggio a cui sto cercando di dare corpo”.

La sua famiglia di medici “forse non è stata così importante per costruire il background del personaggio, ma comunque sono cresciuto in continuo contatto con gli strumenti chirurgici. Spesso accompagnavo mio padre nel suo giro di visite e facevo anche l’inserviente nella clinica di mio padre. Sono stato quindi in mezzo alla medicina, alla malattia e ai tentativi di curarsi e di tornare sani, soprattutto nei miei anni di scoperta e crescita. Il fatto di interpretare uno scienziato sicuramente fin dai primi momenti ha creato un legame con questo film. Per molte persone l’idea di doversi recare in un ospedale fa estremamente paura, io invece lo trovo confortante perché mi rimanda alla famiglia”.

Alla domanda se ci sia qualcosa di mostruoso nel giocare con la vita altrui del personaggio, Dafoe risponde: “Ovviamente questa storia prende in prestito qualcosa da Frankenstein, ma c’è una grande differenza. Nella storia di Frankenstein, la creatura viene profondamente odiata dal suo creatore, mentre il mio personaggio quasi si innamora della sua creatura. Dando a lei una seconda chance la sta dando anche a sé stesso. Anche lui stesso può avere una seconda vita. Lui è un grande uomo di scienza e se tale atto può essere considerato non ortodosso e non etico, ma lui la vede come qualcosa di estremamente positivo ed entusiasmante”.

Gli viene poi chiesta una possibile soluzione per la salvezza degli uomini, dato che da Povere Creature emerge che siano “alla frutta”: “Non sono proprio sicuro di avere una soluzione per la salvezza degli uomini. Forse avere senso dell’umorismo. Con grande umorismo, la rappresentazione fornita degli uomini dal film è di persone oppressive nei confronti delle donne. Sono sicuro che molti uomini si riconosceranno nei personaggi rappresentati. Quello che viene mostrato nel film di per certo è la maggior resistenza sessuale da parte delle donne e questa probabilmente è una delle ragioni per la quale gli uomini hanno fatto di tutto per tenere le donne sottomesse per tanto tempo. Siamo in un periodo di grandi cambiamenti e il pendolo oscilla continuamente, ma avverto un vero cambio della posizione delle donne nel loro rapporto con gli uomini. Non saprei se questo film, vent’anni fa, sarebbe stato accolto come oggi. Non saprei cosa possa salvare gli uomini, credo sia abbastanza provare a salvare me stesso. Voglio aggiungere che il film esprime quella che è una liberazione personale attiva, una cosa che vediamo attraverso gli occhi di una donna”.

Si passa poi alle piattaforme streaming, chiedendogli se i valori veicolati dall’ultimo film di Lanthimos siano presenti anche nelle opere disponibili nei loro listini: “Non lo so, non sono un’autorità in materia. Opero in questo settore da molto tempo, ma è una cosa che ho considerato sempre esclusivamente dal mio punto di vista. Quest’anno sono usciti bei film, alcuni di questi finanziati dalle piattaforme streaming. Io continuo a sostenere l’esperienza cinematografica, ma non tanto per la dimensione dello schermo, ma per l’impegno che una persona assume nell’uscire di casa e recarsi in un luogo neutrale circondato da sconosciuti. Un valore che trovo ancora molto importante”.

Riguardo la stella a Hollywood appena ricevuta: “È stata una bellissima cerimonia, molti colleghi attori e registi si sono presentati: Pedro Pascal e Patricia Arquette ad esempio. Hanno tenuto dei discorsi bellissimi e mi hanno fatto sentire parte di una comunità. Soprattutto quando sei abituato a partecipare a produzioni nazionali e internazionali, grandi e piccole, il senso di una specifica comunità viene meno. In questo caso è stato così. Questo è un riconoscimento universale di gratifica e mi viene difficile accettare che quella mattonella mi sopravviverà”.

Non è mancata la domanda sul pesante trucco, basato sulle opere di Francis Bacon, impiegato sull’attore per Povere Creature! : “L’ho fatto prima e lo rifarò sicuramente. Si tratta di uno strumento incredibile, in quanto lavorare con una maschera sul viso ti permette, nelle tre ore di applicazione, di guardarti allo specchio e vedere te stesso svanire in favore di qualcun altro. È uno spazio fantastico dove puoi percepire altri modi di pensare e di essere, nonché il nucleo del “fare finta di interpretare altro”. È faticoso? Senza dubbio. È funzionale? Senz’altro”.

Non specifica un particolare ruolo che vorrebbe interpretare come sogno nel cassetto: “Ovviamente non posso rispondere a questa domanda perché ci saranno sempre nuovi progetti. Questi riguardano le persone, i luoghi, le proposte. Quando mi fanno questa domanda, certamente ho dei desideri di personaggi da interpretare, ma questi poi si completano o svaniscono. Alla fine quello che mi piace è quando mi trovo con delle persone e da questo stare insieme emerge l’oggetto della ricerca. Il processo di ricerca del personaggio è molto più interessante di averne come obiettivo uno in particolare come preferenza. Nel cercare personaggi già formati c’è una forte presenza di narcisismo. L’esperienza sta proprio nel tirare fuori il personaggio, mettersi da parte e far fuoriuscire la vita di qualcun altro”.

Si secca parzialmente al quesito su cosa ne pensasse di Roma, tra lati positivi e negativi: “Questa domanda la faresti a un italiano? Perché io lo sono. Non voglio essere rude. Sono qui. Sono felice. L’Italia mi piace. Ormai sono in Italia da talmente tanti anni che non ho più voglia di rispondere a domande su cosa mi piace o non mi piace dell’Italia. Preferisco in questo contesto parlare del mio lavoro o del mio gioco, come volete chiamarlo”.

Si ritorna poi sul film di Lanthimos, parlando del suo rapporto col regista ed Emma Stone: “Lanthimos ha la capacità di creare un mondo, dentro il quale sei capace di entrare grazie a una sceneggiatura molto forte. Lui non ti dà indicazioni in questo mondo, ma osserva e ti dà aggiustamenti, dato che si è già impegnato molto nella creazione del mondo. Emma (Stone) è fantastica. Tutto è stato costruito affinché girasse attorno a lei. Ormai per Lanthimos è la sua musa. Tutti noi eravamo sul set per sostenerla e darle appoggio. Inoltre non è una diva, è una persona molto sensibile e di grande talento. Il set è stato molto felice. Lanthimos parla poco e ti dà indicazioni di regia stuzzicandoti e spingendoti con l’ironia”.

L’incontro si conclude con la richiesta di un aggiornamento sul remake di Onibaba (1966), tra i suoi film preferiti, progetto che non ha mai visto la luce: “Probabilmente è morto, in quanto in origine avrei dovuto interpretare il giovane soldato in ritorno dalla guerra. Sarei felice di farlo, ma sarebbe meglio a questo punto se interpretassi la vecchia del film. Un fantastico horror giapponese, molto poetico, che ancora regge il confronto coi tempi. Sarebbe interessante interpretare l’anziana! Questa è la sfida!”

Foto: Vittorio Zunino Celotto/Getty Images for Fondazione Prada

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